Il 2018 di Laboratori Poesia

Il 2018 di Laboratori Poesia 6
Samuele Editore

Laboratori Poesia è un portale dedicato prevalentemente alla poesia che nasce nel luglio 2016 come sito per la proposizione dei Corsi e dei Ritiri Poetici della Samuele Editore. Nel febbraio 2017 all’attività di promozione e di rassegna fotografica delle attività si accosta la proposizione di testi di poeti contemporanei a cura di Alessandro Canzian e di traduzioni a cura di Antonio Nazzaro, primo nucleo della Redazione attuale.

Nel 2017 la Redazione si amplia coinvolgendo Melania Panico, Pierangela Rossi, Mario Famularo, Ilaria Boffa, Sandro Pecchiari, Michele Paoletti, Federico Rossignoli, oltre ai già citati Alessandro Canzian e Antonio Nazzaro.

Nel 2018 si amplia ulteriormente coinvolgendo Rocio Bolanos e Federica Imperato (rispettivamente per le rubriche International e Traduzioni).

 

Durante il 2018 si definisce una miglior programmazione settimanale secondo il calendario:

Lunedì: Poeta della Settimana (un testo che la Redazione considera di pregio, senza commento)

Martedì: Breviario di Metrica di Mario Famularo – dal 24 luglio rubrica International (un testo originale con breve nota non tradotta)

Mercoledì: Traduzioni – un testo straniero (in italiano e originale)

Giovedì: Recensioni di libri

Venerdì: Interviste a poeti a cura di Michele Paoletti – dal 9 novembre intervallata a Poesie al Microscopio di Mario Famularo

Sabato: Note di lettura di Pierangela Rossi – rubrica partita il 24 febbraio 2018

Domenica: Varie

 

Nel 2018 viene conclusa la programmazione della rubrica di Mario Famularo Breviario di Metrica iniziata il 24 marzo 2017 dopo un totale di 54 interventi. Al suo posto, dal 24 luglio 2018, la rubrica International.

Questa particolare rubrica, prevista il martedì, ha l’obiettivo di proporre uno o due testi di un poeta straniero con commento nella medesima lingua del poeta. In questa rubrica hanno scritto, per un totale di 29 interventi dal 24 luglio ad oggi, interessando l’inglese, il francese e lo spagnolo: Sandro Pecchiari, Andrea Sirotti, Marella Nappi, Ilaria Boffa, Zingonia Zingone, Jaymz Hawkes, Rocio Bolanos.

Dal 9 novembre Mario Famularo, dopo la conclusione del Breviario di Metrica, si occupa di Poesie al Microscopio condividendo il venerdì con le Interviste di Michele Paoletti (due interventi al mese ognuno). Una rubrica, questa, dove vengono analizzati (appunto al microscopio) uno o due testi di un autore scelto. Dal 9 novembre ad oggi sono stati pubblicati 4 interventi.

 

Durante l’anno vengono inoltre consolidate le rubriche, come detto, con una nuova programmazione rispetto al 2017. Il lunedì sono state proposte 48 segnalazioni di Poeti da leggere. Il martedì 28 interventi del Breviario di Metrica e 29 testi internazionali non tradotti. Il mercoledì 38 traduzioni a cura di Antonio Nazzaro, Laura Ricci, Luca Cenisi, Anna Tauzzi, Federica Imperato. Il giovedì 47 recensioni a cura di Alessandro Canzian, Melania Panico, Michele Paoletti, Mario Famularo, Federico Rossignoli. Il venerdì 35 interviste a cura di Michele Paoletti. Il sabato 29 Note di Lettura a libri e poeti a cura di Pierangela Rossi. La domenica invece, giornata dedicata a contenuti vari quali Segnalazioni di Premi, Eventi letterari, Rassegne Fotografiche di incontri eccetera, sono state proposte 48 pubblicazioni.

 

Il 2018 è anche l’anno degli Speciali di Laboratori Poesia. Tra questi:

Interviste agli Editori di Poesia a cura di Alessandro Canzian: Samuele (20 luglio), Pietre Vive (3 agosto), Eretica (17 agosto), Ladolfi (31 agosto), Ets (14 settembre), Vita Activa (28 settembre), Interno Poesia (12 ottobre).

Riletture: uno Speciale dove abbiamo chiesto agli autori di dichiarare i punti deboli dei loro libri nella direzione di un’onesta autocritica. Abbiamo quindi pubblicato interventi di: Alessandro Canzian (11 agosto), Sergio Pasquandrea (25 agosto), Francesco Sassetto (8 settembre), Mario Famularo (22 settembre), Monica Guerra (6 ottobre).

Sillogi inedite: piccole opere non ancora pubblicate di Emilia Barbato (12 agosto), Gabriella Musetti (26 agosto), Federico Rossignoli (9 settembre), Sandro Pecchiari (7 ottobre), Pierangela Rossi (21 ottobre), Rocio Bolanos (28 ottobre), Mina Campaner (4 novembre), Francesco Sassetto (11 novembre), Daniela Visani (18 novembre), Mario Fresa (2 dicembre), Michele Paoletti (23 dicembre).

Approfondimenti sull’Arte: una serie interviste e recensioni a Lucija Slavica (15 aprile), Rachel Slade (25 novembre), Carlo Fontanella (16 dicembre).

Infine dal 28 gennaio al 25 febbraio, le domeniche, abbiamo pubblicato degli Speciali dedicati ai vincitori del Premio Ossi di Seppia e dal 31 gennaio al 17 ottobre, alternandosi alla rubrica Traduzioni, abbiamo proposto un approfondimento sulla Poesia dialettale.

 

Per quanto riguarda le visite il 2018 di Laboratori Poesia è stato particolarmente ricco registrando (fonte google analytics) 448.452 visitatori unici che hanno realizzato 682.759 visite.

L’articolo più letto del 2018 è Haiku – il fiore della poesia giapponese seguito da Cento poesie d’amore a Ladyhawke – Michele Mari e Il binario – o bisillabo.

 

Gli articoli più letti, per categoria, sono:

Poeti da Leggere:
Raffaello Baldini

Breviario di Metrica:
Il binario – o bisillabo

International:
Osvaldo Sauma (Costa Rica)

Traduzioni:
Mayra Oyuela (Honduras) – ita/espa

Recensioni:
Haiku – il fiore della poesia giapponese

Interviste:
Giorgio Ghiotti

Note di Pierangela:
Le poesie di Simone Weil

 

Tra le uscite domenicali:

Ritiro Poetico a Spilimbergo

 

Negli speciali:

Riletture:
Approssimazioni – Sergio Pasquandrea

Sillogi inedite:
Le forme della vita – Gabriella Musetti

Interviste agli Editori di Poesia:
Eretica Edizioni

 

Come saluto di fine anno ai lettori di Laboratori Poesia la Redazione ha deciso di pubblicare alcuni propri testi in un’antologia benaugurale per un ottimo 2019.

 
 

CON I NOSTRI MIGLIORI AUGURI

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 
 
 

ILARIA BOFFA
rubrica International

 
 
Il 2018 di Laboratori Poesia
Two Cities
 
The railroad breaks the lagoon and
delivers life every thirty minutes.
Rarely on time.
It was November, that mystic entrance
at the arrivals. Wakes, the hiss, babel
a few interesting exhibitions.
 
Nebbia nelle calli.
 
Further west, the metropolis
its futurity self-restrained, no design for
earth subsidence.
How distant the strangers strangers
how brittle their tilting in the cold.
Desolate the two cities.
 
Acqua Alta! they yell, acqua alta!
all through.
 
And it floods slowly, it covers
each tongue, it salts all apertures
the wounds. Do you feel
the shockwave? Rarefied, penetrating
and reverberating underground.
Stay still. It recedes now.
 
Quiet the two cities.
 
 
 
 
Due Città
 
La ferrovia spezza la laguna e
consegna vita ogni trenta minuti.
Raramente puntale.
Era novembre, quell’ingresso mistico
agli arrivi. Scie, il fischio, babele
qualche mostra interessante.
 
Nebbia nelle calli.
 
Ad ovest, la metropoli
futuribile e composta, nessun progetto
per la subsidenza del terreno.
Distanti gli strangers strangers
precario il loro piegarsi al freddo.
Desolate le due città.
 
Acqua Alta! gridano, acqua alta!
ovunque.
 
E inonda lentamente, copre
ogni lingua, sala tutte le aperture
le ferite. Senti l’onda d’urto?
Calma, perforante
riverbera sotto terra.
Non ti muovere. Ora recede.
 
Quiete le due città.
 
 
 
 
 
 
Nocturne (HalfBardo)
 
When it comes, it pervades
by the extremities
it immobilises and pulls down
firmly, pressing to impose -stay.
 
Then tinnitus, the warmth of
the breath. We become
liminal, in transit overlapping
the souls like dogs panting.
 
He moves and I move
he trembles and I shelter.
Intermediate we observe
reminiscing.
 
Each gasp or leap
buildings standing past us
the trail barely visible, the rustle
in the grass, movements loosen.
 
Will we pass now?
For dreads are soothed.
All of the sudden a gap
blots out. We’re back.
 
 
 
 
Notturno
 
Quando arriva, pervade
dalle estremità
immobilizza e trascina al fondo
fermo, pressante impone –resta.
 
Poi ronzio nelle orecchie, il calore
del respiro. Diveniamo
liminali, in transito sovrapponiamo
le anime come cani ansimanti.
 
Lui si muove, io mi muovo
trema e io proteggo.
Intermedi osserviamo
nell’atto del ricordo.
 
Ogni sussulto o balzo
edifici si stagliano oltre noi
la scia appena visibile, il fruscio
dell’erba, movimenti laschi.
 
Passeremo, ora?
Le paure sopite.
All’improvviso il vuoto.
Torniamo.
 
 
 
 
 
 
Sequence
 
Folded back on the floor, the body
where beams filter among
toes, lap, hips, the lips.
Torn to shreds they want it, open
a cleft in the concrete.
 
And it’s incomplete in its standing
a demi-something. For cut up
they want it, writhe in pain.
The agony of deprivation outruns
virtue and shame.
 
Do you see the escape?
My legs, pale
the spine scratching on the white.
I may only expose the wrists
how abiding the touch.
 
Eventually sort them in sequence.
Each ligament and nerve.
Leave nothing, nothing of us.
Trees encroach on the hills
fling the window open.
 
 
 
 
Sequenza
 
Rovesciato sul pavimento, il corpo
dove I raggi filtrano tra
le dita dei piedi, grembo, anche, le labbra.
Lo vogliono ridotto a brandelli, aperto
una fenditura nel cemento.
 
Ed è incompleto nel suo stare eretto
un semi-qualcosa. Perché lo vogliono
a pezzi, contorto dal dolore.
L’agonia della privazione
supera la virtù e la vergogna.
 
Intravedi la fuga? Le mie gambe, esangui
la schiena che gratta sul bianco.
Posso solo esporre I polsi
com’è persistente il tocco.
 
Alla fine estraili in sequenza.
Ogni nervo e legamento.
Non lasciare nulla, nulla di noi.
Gli alberi sconfinano sulle colline
spalanca la finestra.
 
 
 
 
 
 
No Defence
 
I watch them running
a little further.
They know I would never
abandon them.
And nonetheless
they stop and look for me
at regular intervals.
Apprehension in their eyes
reassurance in mine.
 
Do we belong to each other
as they do. As the ones
who have no choice
but torment and ardour.
No defence.
 
 
 
 
Nessuna Difesa
 
Le guardo correre
più lontano
Sanno che non le
abbandonerei mai.
Eppure si fermano e
mi cercano
ad intervalli regolari.
Apprensione nei loro occhi
rassicurazione nei miei.
 
Apparteniamo l’un l’altra
come loro? Come chi
non ha altra scelta
che il tormento e l’ardore.
Nessuna difesa.
 
 
 
 
 
 
Private Woe
 
They merge in northern Belgrade
the confluence gives rise to new
patterns, slopes, erosion, distribution
of emerging habitats, mixing zones.
 
They share private woe.
 
After stagnation, deflection, separation,
recirculation and recovery, downstream
flow regains velocity.
Finally blended entirely.
 
 
 
 
Dolore Privato
 
Si mescolano a nord di Belgrado
la confluenza genera nuovi
schemi, declivi, erosione, distribuzione
di habitat in sviluppo, zone di mescolamento.
 
Condividono dolore privato.
 
Dopo la stagnazione, il deflusso, la separazione
il ricircolo e la ripresa, il flusso verso valle
ritrova velocità.
Completamente riunito, infine.
 
 
 
 
 
 

SANDRO PECCHIARI
rubrica International

 
 
Il 2018 di Laboratori Poesia 4
Cinque movimenti per la dimenticanza
 

(affannato, rubato)

 
Bagna le piante prima di partire
cogli le tue cose dagli armadi
sfògliati senza cercare altro
attraversa il mio guardarti dal caffè.
 
Mi inventerò
le sillabe lisce della macchina
le righe dritte lungo il grano
il fastidio di ghiaia sulla strada.
 
Oltre l’ascolto
solo un soffio sorge
di stoppia che si brucia,
di memoria che si scorza:
 
questa sottomissione
di sfilarsi un indumento
incenerito addosso.
 
 
 
 
 
 

(moderato, cantabile)

 
Non salutarmi sulla soglia
dove nulla è com’era –
l’aria è aria di motori
e l’aria non ricorda.
 
E il tempo della scrittura
ne sarà a ritroso testimone.
 
Solo per te che non resisti
i fogli resteranno vuoti,
uno per ogni secondo,
e ne farò aeroplani.
 
 
 
 
 
 

(minaccioso, con fuoco)

 
C’è un punto preciso
per far brillare il cuore,
scalfirlo in scoppi di scalpello.
 
Il passato si scheggia in sventagliate,
la pelle esibisce lo scheletro
in aria di cemento,
ne racconta come sa i brandelli.
 
Non risistemarli
se il petto vaga con le vespe;
 
mi racconterò una storia
dimenticandola via via.
 
 
 
 
 
 

(impetuoso)

 
Le avremmo volute così le scarpe
grevi nel pressare le foto
belle le frasi da tenere.
Sopravviverle al silenzio
di serrande di polvere.
 
Le zolle spaccano l’arsura
dell’andare,
sbattendo gli accordi della vita:
sono voci
trinciate nel sovescio.
 
Questa è la mancanza più indicibile.
 
 
 
 
 
 

(ruvido, con forza)

 
Lontano il confine una cintura,
un guinzaglio sulla lingua.
 
Varca la dogana di ogni nome
come se fosse il tuo respiro:
 
l’annodarsi del bisogno
abbassa gli occhi.
 
Saranno case e strade
e nomi diversi
dai suoni che sentivi,
di fatica e di calci di rifiuto
e tu per loro corpo estraneo.
 
Questi sono i luoghi nuovi,                          (ad libitum)
in odio e odio mai risolto.
 
 
 
 
 
 

MELANIA PANICO
rubrica Recensioni

 
 
Melania Panico
Verrà a prenderci il buio
e sarà un pensiero
verrà a prenderci nudi
e noi saremo pronti. Arresi e pronti
con le vette già scalate in tasca
e il conforto a cui tagliare la gola.
Di notte, noi saremo pronti.
 
Dormi nella finestra
nel riflesso del vetro.
 
A venir via dagli occhi è sempre lo stesso sale.
 
 
 
 
 
 
Sei bella so che te lo hanno detto
so che lo sai e per questo metti
la mano sulla fronte
come a tenerti i pensieri
come a fingere di non pensarci
e forse davvero non ci pensi
Dovrei lasciarti sola con le tue piante
chiederti poco delle cose che senti
dirti che sono qui solo di passaggio
che vado a Mosca il mese venturo
che alzerò raramente il telefono
e tu mi punirai riattaccando
che la vita ci ha dato già tanto e
non ne vogliamo ancora
che non siamo pronti
e invece restare, restare
sarà questo: restare.
 
 
 
 
 
 
Non ci sarebbe bastata una casa al mare
un camino i cani e i figli
e le cose da raccontare ai figli
e il fatto che non ho mai voluto figli
che non sarei stata una buona madre
tu, un buon padre sì
saremmo stati comunque due ombre
qualcosa di storto, confuso, arrancante
come la neve a Napoli un giorno di febbraio
una illusione e la scomparsa.
Ma una stortura perfetta.
Che cosa farai, mi chiedi mentre
preparo la valigia un’altra volta
credo che andrò al mare, ti dico
poi chiudo, tossisco. Ma qui comincia un’altra storia
 
 
 
 
 
 
Tutti i porti abbiamo toccato
pensando che questo fosse l’ultimo
tutti i porti e ognuno col rumore delle chiavi di casa
ma senza casa
Ora i cani abbaiano perché sentono la notte che arriva
una notte che arriva per tutti, dicono
o un’alba tenace e senza sonno
 
Del porto che pensavamo fosse l’ultimo
un padre e una madre, la loro sfilata di dolore
il resto anche troppo duro da raccontare
 
Eppure neanche qui si è interrotto il viaggio
neanche nell’ultimo tremore di respiro
 
Non si interrompe una strada senza strada
 
 
 
 
 
 

MICHELE PAOLETTI
rubrica Interviste, Recensioni

 
 
Michele Paoletti 2
S’incagliano le nuvole
sul pendio basso, ad occidente.
Tra gli abeti fitti il vento
si fa spazio, le cime
piccoli compassi senza punta.
Non è ancora freddo nella casa,
c’è un ricordo di fuoco
rannicchiato sotto la finestra.
Il sole lo corteggia un poco
poi fa la ruota e bagna il mare
in lontananza.
I giorni qui non hanno nome
si fanno accatastare tra la legna.
 
 
 
 
 
 
Questo maestrale improvviso
mi tiene attaccato alla terra
tra i refoli brevi che l’autunno concede
prima di rigare l’aria
con fulmini sempre più fitti.
Le stagioni che stanno nel mezzo
conservano il tempo, lo schianto
l’attesa. L’urlo del vetro contro
la notte. La resa.
 
 
 
 
 
 
Le foglie lasciano scheletri
sottili tra la terra e i respiri
dei tronchi che fanno le pance
più grosse succhiando da sotto la crosta.
In alto rimane quel vuoto ricamo
che il ramo fa con la sera
filando un intreccio col buio,
una bava di luna più chiara.
 
 
 
 
 
 
Stare in questo groviglio d’aria
che solleva gli aghi di pino dall’asfalto,
mentre le nuvole si raggrumano
e si annodano
– bocche spalancate, pronte
ad ingoiare altre nuvole più scure.
 
Le cose ci stanno addosso
come quegli aghi e premono
per farsi spazio senza chiedere
si lasciano ingoiare, sedimentano.
 
 
 
 
 
 

per Anna Bertini

Il bosco ha fiducia nel vento
che preme le foglie sul dorso della terra
e appende una bandiera fredda tra i rami
mentre l’alba si accuccia oltre le colline.
Le radici impastano un segreto
filando le briciole dei tronchi
e un’altra bandiera si spalanca più lontano,
un abbraccio scavato nel silenzio del mattino.
 
 
 
 
 
 

MARIO FAMULARO
rubriche Breviario di Metrica, Poesie al Microscopio, Recensioni

 
 
Mario Famularo
incredibile la naturalezza
con cui due sofferenze
si intersecano
 
appena un gesto minimo
la traccia della sillaba
il riconoscimento
 
sorrisi trasversali
accennano un ricordo
condiviso e discordante
 
assurda la fiducia che
la consanguineità degli
intelletti sa ispirare
 
quasi certamente il
più esclusivo dei
conforti
 
esclude per un attimo
quella separazione
che rende l’esistenza un desolante
soliloquio
 
 
 
 
 
 
tra la folla centinaia
di persone circoscritte
sezione discontinua in
un insieme di materia
 
ed ogni cosa intorno sopravvive
al nostro tempo
il lutto riconduce a collocare
ancora oggetti
 
questo è da tenere
ricorda un bel momento
che siano i nipoti dei
nipoti poi a
smaltire
 
la ditta che si incamera
gli armadi e le anticaglie
preludio sistematico
all’ammodernamento
 
e un giorno ritrovare
dentro un libro in
un mercato
 
la disperata lettera
di amore per la
vita
 
 
 
 
 
 
e con un solo scatto separarsi
dalla muta. lo strappo del serpente
dalla pelle inadeguata, conosciuta
come ecdisi. e dire che un istinto
forse insolito mi spinge a conservare
la cuticola, il momento di torsione,
la roccia che declina qualche sciocca
nostalgia. per crescere e attecchire
non conosco altra maniera (o meglio
dovrei dire sopravvivere alla smania
di un passato che t’inchioda ad una
morte un po’ più vera)
 
 
 
 
 
 
dovrei
raccogliere i fotogrammi
la leggerezza che ingannevole
non tende che allo
schianto
 
annientarne ogni profumo
con le dita lentamente
ritracciarne le sfumature
e incenerirle
 
dovrei
ma in qualche modo tenera
trattieni il movimento
e quando sfioro il
tratto ultimo, il riflesso
del riviversi
 
lascio sia incompleto quel disegno
e in silenzio
ringrazio
 
 
 
 
 
 
solare certo non per allegria
perché a distanza attira in un
tepore più accogliente
 
e al tatto incenerisce ciò
che prova ad abbracciare
 
svapora in un istante
anche la lacrima più rara
 
comprendere che il bene
non è sempre trattenere
 
ma spesso è contemplare
il fiore senza rovinarlo
 
nutrirlo da lontano
che desiderarlo
uccide
 
 
 
 
 
 

FEDERICO ROSSIGNOLI
rubrica Recensioni

 
 
Il 2018 di Laboratori Poesia 1
Un vestito elegante per ciascuna ragazza
piove in giardino sulle spalle nude.
 
 
 
 
 
 
Il vento la sera spaventa la lunga schiena
i tuoi occhi m’hanno colto alle spalle
 
 
 
 
 
 
Hai rinchiuso tutte le mie notti nelle stanze
al sole il gatto sorveglia la brina.
 
 
 
 
 
 
Le rose troppo spoglie per nascondere il gatto
le spine sui tuoi fianchi mi hanno punto.
 
 
 
 
 
 
Notti candide a bruciare al gelo della pelle
autunno lacero colmo di stelle.
 
 
 
 
 
 
Il mare si prende di noi la maggiore parte
quel che lascia lascia che il tempo l’abbia.
 
 
 
 
 
 
Qui sceglie di restare ogni intento di partire
in estate torneranno i bianchi aironi
 
 
 
 
 
 
Sui miei giorni morti lascio gli occhi come i santi
lo scoiattolo strepita le foglie.
 
 
 
 
 
 
Presso il rosmarino l’autunno non si dà pace
al tuo profumo non sento più freddo.
 
 
 
 
 
 
Rigida di brina l’erica non tiene il passo
certi tremori richiedono il tatto.
 
 
 
 
 
 

PIERANGELA ROSSI
rubrica Note di Pierangela

 
 
 1
Non si può sopportare troppo splendore
in una volta, siamo piccoli
gli occhi e il cuore vengono a mancare
dopo un’estasi di luce o amore
perfino dell’amarezza ci si stanca
in cambio di un po’ di quotidianità
 
 
 
 
 
 
Chanson d’amour
 
In una canzone
dell’amore disperato
il sole muore
e tramonto anch’io
ma se lo fisso un attimo
ecco i colori dell’arcobaleno
compresi gli ultravioletti.
Poi mi rimane una macchia
azzurra, com’è sconfinato
l’azzurro in noi
e nel limpido cielo.
Perché deve esserci la notte
dentro e fuori di noi?
Oh amore amore!
 
 
 
 
 
 
Nessuna variazione se non le colombe
che intercettano gli sguardi
costringendoti aruspice.
Nient’altro di nuovo,
solo il sole è ampio
e tagliente su tutta la pianura
che si lascia scorrere di sguardi
come sempre
 
 
 
 
 
 
Una finestra s’accende.
Si spegne
Tutto è buio e silenzio
Notte verticale pezza
al digradare
del mondo offeso.
 
 
 
 
 
 

ROCIO BOLANOS
rubrica International

 
 
Il 2018 di Laboratori Poesia 2
A Elena
 
La salvezza della multinazionale
è avere qualcuno con cui essere folle
coccolarsi le ombre, vedere l’orizzonte
nell’espresso del mattino
fumarsi le sconfitte, ridere a crepapelle
dei favori borghesi, ballare cumbia
in pausa pranzo dietro la siepe
prendere aria, far due passi
osservare i formicai, immaginare
cosa direbbero le poetesse suicide
dopo pranzo quando tutto affonda
e riprendere il calore delle cose
che valgono più
di questo mare meccanico
di formaldeide.
 
 
 
 
 
 
Rallentare
 
Percorro strade da sola
come uno spettatore
non coinvolto
a volte è possibile
appagare la nostalgia
ripristinare l’equilibrio
ritrovare l’antica fiducia
come chi non ha mai lottato
alla fine
anche il semaforo regala
tre secondi di tempo
per rallentare
per contemplare
gli occhi lucidi dell’autunno.
 
Arriverà di colpo l’inverno
bisogna ripararsi
dai sensi dimezzati
 
 
 
 
 
 
5/9
 
Le strade di Barcellona
hanno un effetto sedativo
piano si allevia la memoria
diminuisce la mania fissa
di fare piani a caso
se mai tornassi;
però oggi le onde
di Nova Icaria
propagano il desiderio
di esserti accanto
per il tuo compleanno.
 
Il vuoto è un fungo
che cresce dappertutto.
 
 
 
 
 
 
I primi 30 giorni
 
La speranza sta nelle pieghe
sotto i segni allegorici
del corpo e la memoria
lontana dai bicchieri
nel guardare fissi
gli occhi degli altri
per trasformarmi.
 
Invece a volte mi rassegno
alle assenze, come combattente
in posizione d’attacco
sospesa nel tempo virtuale
di ciò che brilla ma è spento.
 
La pioggia pulirà l’essenza
col minimo di volontà
un giorno alla volta
continuerà a tagliare gli angoli
dell’utopia
ed un giorno felice vedrà
il mio risveglio
sulla soglia della resistenza.
 
 
 
 
 
 
Indagine
 
Non ci sono confini
per chiudere il vuoto
il silenzio contorto
dove ruoto
in senso antiorario.
 
Sono rimasta sospesa
davanti alle porte chiuse
della tua dogana
tu hai voltato le spalle
alle ali artigianali
che ti offrii per volare.
 
Ho fatto pace
con le formiche
vedo tutto trasformarsi
come se questa fantasia
non fosse mai accaduta.
L’indagine rimane aperta:
mi hai mai voluta?
 
 
 
 
 
 

ANTONIO NAZZARO
rubrica Traduzioni

 
 
Il 2018 di Laboratori Poesia 3
A questa età
che ti fa bianco e toglie luce
innamorarsi è un dono
 
anche nell’abbandono.
 
 
 
 
 
 
Il dolore d’amore
è un lento ricordo
 
e ancora ci si tiene
per mano.
 
 
 
 
 
 
Raccolgo lattine
ma non per venderle
 
ognuna
 
ha un bacio sconosciuto
una carezza trattenuta
una rabbia piegata tra le dita
un sorriso e un pianto.
 
Raccolgo lattine vuote
per riempirmi.
 
 
 
 
 
 
Ti amo
mio papavero
che incendi
l’oro del grano
e del cielo
 
 
 
 
 
 

FEDERICA IMPERATO
rubrica Traduzioni

 
 
Il 2018 di Laboratori Poesia 5
Il posto delle parole
 
Qui
si costruiscono sentieri
si adornano nuvole
ci si arrampica sulle tegole
per costruire case
(non le nostre)
raccogliamo le foglie
viaggiamo leggeri
incolliamo sguardi sulle pagine
 
Qui si inoltrano
accenti, virgole, punti di congiunzione
folate d’aria che riempiono
contorni sbiaditi
 
Ci infiliamo tra le pareti
per cercare altre stanze
senza specchi o ritratti
 
e tutto cresce nei palmi delle mani
il silenzio, le parole,
la paura, la fiducia
 
 
 
 
 
 
Sotto l’aurora
 
Guardare sotto le gonne dell’alba
con un sorriso nuvoloso
 
era così la nostra impazienza
 
Ci scorreva l’amore tra le mani
mentre studiavamo la geografia
notturna dei corpi
 
Accorgersi appena che il chiarore
illumina più intensamente
quando nella nebbia il tatto
supera i contorni della carne
 
Ascoltare il linguaggio del tempo
riuscire a schiacciare i gusci della
nostalgia
 
Dolcemente, molto dolcemente
 
 
 
 
 
 
Antica spuma
 
Abbiamo avuto fede
nelle ore solitarie di sabbia
che volavano sotto il cielo
 
il colore delle onde al morire nella sponda
lasciava sola la traccia
di una verità senza limiti
come gli occhi torbidi
di un’anima tormentata
 
Eravamo così arrabbiati
perché il mondo non comprende
la tristezza che un giorno altri uomini provarono
 
i pomeriggi erano tutti dolori senza riposo
abbiamo bevuto da quella pena per tanti anni
 
un giorno il mare ci spinse a crescere
 
 
 
 
 
 
Da qui si può vedere
quel che prima non potevo vedere
 
sto costruendo un castello
dove prima c’era deserto,
 
– strada autostima, numero 3 –
lascio il portone aperto.
 
Non dimenticare il desiderio e
per favore, togliti quelle scarpe,
qui si mangia senza posate,
okay?
 
Ricostruiremo le parti rotte.
Non sono venuta in questo mondo
per correre dietro alle cose vane,
se non ti prendi cura di me,
io non mi prendo cura di te,
 
se non mi ami,
la fantasia, la libertà, l’azzurro del cielo e del mare
mi vuole.