Le poesie di Simone Weil

 

Le poesie di Simone Weil a cura di Maura Del Serra (Editrice C.R.T.).
 

Su Simone Weil (1909-1943) continuano a uscire opere, perlopiù antologie che attingono ai libri della filosofa, aliena da qualsiasi sopraffazione (figurarsi le dittature) come se, da lontano, potesse aiutarci in questa nostra temperie così difficile. Tra le pubblicazioni recenti ricordiamo la bella antologia Pensiero a dismisura a cura di Cristina Gianchi.

Ma quello che qui ci interessa sono le poesie di Simone Weil (prese dai Quaderni) che sono uscite insieme anni fa in un libro a firma di Maura Del Serra, già comparativista all’Università di Firenze: poesia cosmica, intima ed etica a un tempo, tesa nello slancio periglioso e trasparente che unisce il bello al bene, il sociale al metafisico, la necessità alla libertà, la pesantezza alla grazia, la geometria cartesiana alla metrica della passione romantica ed “impegnata”.

Simone, racconta Maura Del Serra, mandò la sua seconda poesia a Paul Valéry che rimarcò il carattere troppo didattico, pur lodandone la forza dinamica e una “volontà di composizione“ rara nella poesia moderna. Era la poesia Prometeo, antesignano di Cristo (com’è noto, Simone volle il battesimo in punto di morte).

La prima poesia è del 1926: Gioventù dolce, illuminata / dall’occhio chiaro del mattino, / d’anno in anno tu cammini / A incontrare il tuo destino. / Tu vai, con gli occhi alle stelle pure, / Verso il futuro senza veli; / E fra le luci tu cammini / -Sguardo libero e mani vuote – / Davanti allo splendore dell’alba / Che si leva sulle città.

Prometeo, a differenza di Cristo, infine è Carne anonima e sola, preda della sventura.

L’ultima poesia è La porta. Una porta che si spinge.

Uno dei luoghi poetici più presenti, dice Maura Del Serra, sono il mare e la barca.

Si dilunga, Simone Weil, sui temi affrontati, li guarda da ogni sfaccettatura, proprio con l’animo di una filosofa.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
Lampo
 
Il cielo puro mandi sul mio viso
-Questo cielo spazzato dalle nuvole lunghe –
Un vento così forte, dall’odore di gioia,
Che tutto nasca, mondato dai sogni!
 
Nasceranno per me le città umane
Che un soffio puro ha pulito la bruma
I tetti, i passi, i gridi, i cento lumi,
E gli umani rumori, quel che il tempo consuma.
 
Nascerà il mare e la barca armoniosa,
Ed il colpo di remi e i fuochi a notte;
Il giavellotto lanciato ed i campi:
Le sere e l’astro che seguita l’astro.
 
Nasceranno la lampada e le ginocchia chine,
L’ombra, lo scontro alle svolte in miniera;
Le mani e i duri metalli spezzati,
Il ferro a un urlo di macchina morso.
 
Il mondo è nato: vento, fa’ che duri!
Ma la caligine lo copre, e muore:
In uno squarcio di pallido verde
Fra le nubi del cielo m’era nato.
 
 
 
 
Gli astri
 
Fuoco notturno d’astri dentro i cieli lontani,
Astri muti nei ciechi vostri giri di ghiaccio,
Ci strappate dal cuore i giorni morti, ed a quelli
Futuri ci gettate senza nostro consenso,
E sempre invano in pianto a voi leviamo il grido.
Vi seguiremo – è fato – con le braccia legate,
Gli occhi rivolti al puro vostro bagliore amaro.
Ogni dolore agli occhi vostri ha poca importanza.
Taciamo e barcolliamo sotto il nostro cammino:
Ecco improvviso in cuore il loro fuoco divino.