Cahier d’un retour au pays natal (1939)
Ceux qui n’ont inventé ni la poudre ni la boussole
Ceux qui n’ont jamais su dompter la vapeur ni l’électricité
Ceux qui n’ont exploré ni les mers ni le ciel
Mais ils savent en ses moindres recoins le pays de souffrance
Ceux qui n’ont connu de voyages que de déracinements
Ceux qui se sont assouplis aux agenouillements
Ceux qu’on domestiqua et christianisa
Ceux qu’on inocula d’abâtardissement
Tam-tams de mains vides
Tam-tams inanes de plaies sonores
Tam-tams burlesques de trahison tabide
Ma négritude n’est pas une taie d’eau morte sur l’œil mort de la terre
ma négritude n’est ni une tour ni une cathédrale
elle plonge dans la chair rouge du sol
elle plonge dans la chair ardente du ciel
elle troue l’accablement opaque de sa droite patience.
Eia pour le Kaïlcédrat royal !
Eia pour ceux qui n’ont jamais rien inventé
pour ceux qui n’ont jamais rien exploré
pour ceux qui n’ont jamais rien dompté
mais ils s’abandonnent, saisis, à l’essence de toute chose
ignorants des surfaces mais saisis par le mouvement de toute chose
insoucieux de dompter, mais jouant le jeu du monde
véritablement les fils aînés du monde
poreux à tous les souffles du monde
aire fraternelle de tous les souffles du monde
lit sans drain de toutes les eaux du monde
étincelle du feu sacré du monde
chair de la chair du monde palpitant du mouvement même du monde !
Quaderno del ritorno al paese natale (1939)
Coloro che non hanno inventato né la polvere da sparo né la bussola
Coloro che non hanno mai saputo domare il vapore, né l’elettricità
Coloro che non hanno esplorato né i mari né il cielo
Ma conoscono ogni centimetro del paese della sofferenza
Coloro che non hanno conosciuto viaggi ma solo sradicamenti
Coloro che si sono dovuti mettere in ginocchio
Coloro che sono stati addomesticati e cristianizzati
Coloro che sono stati inoculati con l’imbastardimento
Tam-tam di mani vuote
Tam-tam di ferite sonore
Tam-tam burleschi di tradimento tabido
La mia negritudine non è una benda di acqua morta sull’occhio morto della terra
la mia negritudine non è né una torre né una cattedrale
affonda nella carne rossa del suolo
affonda nella carne ardente del cielo
perfora la prostrazione opaca della sua retta pazienza.
Eia per il Kaïlcédrat reale!
Eia per quelli che non hanno mai inventato niente
per quelli che non hanno mai esplorato niente
per quelli che non hanno mai domato niente
ma si abbandonano, rapiti, all’essenza di ogni cosa
ignari delle superfici ma rapiti dal movimento di ogni cosa
incuranti di domare, ma che stanno al gioco del mondo
gli autentici primogeniti del mondo
porosi a tutti i respiri del mondo
area fraterna di tutti i respiri del mondo
letto senza drenaggio di tutte le acque del mondo
scintilla del fuoco sacro del mondo
carne della carne del mondo che pulsa con il movimento stesso del mondo!
Aimé Césaire (1913-2008), poeta e politico martinicano, è noto per essere stato uno dei fondatori del movimento della negritudine (négritude in francese). Un movimento culturale e politico, sviluppatosi negli anni ’30 per cui la letteratura veniva usata come mezzo per esplorare e affermare l’identità nera e che abbracciava, al tempo stesso, tutta una serie di temi: la resistenza contro il colonialismo e l’assimilazione culturale imposta dalle potenze coloniali europee, l’alienazione e la lotta per la libertà.
Nella sua celebre opera Quaderno di Un ritorno al paese natale – scritta durante il suo ritorno in Martinica – prosa e versi liberi si alternano splendidamente per darci una vivida immagine di un viaggio attraverso la sofferenza, l’orgoglio e la speranza del popolo nero.
Il linguaggio è ricco ed evoca immagini forti della condizione del popolo nero. Nel primo verso, parla di ‘’Coloro che non hanno inventato né la polvere da sparo né la bussola’’, sottolineando fin da subito che il contributo del popolo nero alla storia umana sia spesso stato ignorato o sminuito.
Poi, il poeta introduce il tema della sofferenza e di come essa riecheggi nel paese per poi proseguire con la capacità di adattamento dovutasi forzatamente sviluppare nel popolo nero, a causa dei coloni, i quali hanno ‘’addomesticato’’ e ‘’cristianizzato’’ il popolo, di cui hanno invaso la terra, mostrando così la loro violenza. E con l’uso della parola ‘’tam-tam’’ ripetuta, il dolore e la resilienza vengono evocati attraverso il suono ritmico del tamburo, simbolo culturale.
Un elemento centrale di questa poesia è l’uso dell’epifora nelle ultime due strofe che, insieme all’anafora, va a creare un vero e proprio incantesimo, enfatizzando allo stesso tempo la dignità, la spiritualità, l’unità e la forza collettiva intrinseche alla popolazione nera. Ma soprattutto, celebra la connessione profonda di questo popolo con l’essenza stessa della vita.
Césaire afferma che ‘’ la mia negritudine non è né una torre né una cattedrale’’, rifiutando persino le strutture monumentali della cultura occidentale, per favorire una negritudine che ‘’affonda nella carne rossa del suolo, affonda nella carne ardente del cielo’’, mostrando come il popolo nero sia legato, ancora una volta, alla natura e alla spiritualità profondamente.
In conclusione, Quaderno del ritorno al paese natale è un monumento letterario e politico nel panorama della letteratura mondiale. Césaire non intende solo dipingere un ritratto vivido della condizione del popolo nero, ma vuole che il lettore si fermi a riflettere sulla natura dell’’identità, della libertà e della giustizia sociale. La sua opera non è solo una dichiarazione di orgoglio etnico, ma anche una profonda esplorazione della relazione tra l’individuo e la comunità, e tra l’umanità e la natura. La sua influenza si estende oltre il contesto storico specifico di quell’epoca e di quel paese. Infatti, continua a ispirare generazioni di artisti, intellettuali e attivisti impegnati nella lotta per l’uguaglianza e la dignità umana.
Nadia Bucz