L’amore per la lettura
ph. Dino Ignani
La Redazione di Laboratori Poesia celebra la giornata degli innamorati, il 14 febbraio, con una piccola antologia di poesie d’amore (edite o inedite, indifferentemente) a cura di Alessandro Canzian. Nessuna idea di fondo particolare, nessuna scelta basata sul giudizio, solo la richiesta ad alcuni amici di testi sul tema (43 poeti: Maurizio Cucchi, Maria Grazia Calandrone, Giovanna Rosadini, Lucianna Argentino, Franco Buffoni, Roberto Cescon, Corrado Benigni, Cristiano Poletti, Paolo Ruffilli, Marco Corsi, Flaminia Cruciani, Gabriella Musetti, Patrick Williamson, Vincenzo Mascolo, Maria Borio, Matteo Fantuzzi, Eleonora Rimolo, Domenico Cipriano, Francesca Serragnoli, Valentina Colonna, Gerardo Masuccio, George Mario Angel Quintero, Fabio Michieli, Zingonia Zingone, Marco Sonzogni, Giovanni Ibello, Chiara Evangelista, Vernalda Di Tanna, Mattia Tarantino, Graciela Aráoz, Federica Giordano, Melania Panico, Ilaria Boffa, Mario Fresa, Federico Rossignoli, Luigi Cannillo, Chiara De Luca, Giovanna Iorio, Annalisa Ciampalini, Rossella Pretto, Fabrizio Bregoli, Mario Famularo, Marco Amore). E all’amico Dino Ignani l’immagine d’apertura (L’amore per la lettura) come diversi ritratti degli autori qui riportati.
Un tema usato e abusato che oggi dice tanto di noi. In una società che all’iperconnettività ha fatto corrispondere una maggior distanza, che alla parità ha fatto corrispondere una nuova censura e disparità, che alla libertà ha fatto corrispondere la solitudine, chiedere ai poeti di interrogarsi sull’amore significa chiedere loro di affondare le mani nella loro intimità. Perché alla nudità esposta soffriamo una minor consapevolezza di noi. Alla molteplicità delle occasioni soffriamo la virtualità delle stesse. Alla semplificata e sempliciotta definizione di noi soffriamo ciò che abbiamo voluto: una semplice immagine.
Oggi viviamo di immagini di noi stessi che oppongono ciò che vogliamo mostrare agli altri (e che spesso noi stessi vorremmo essere) a ciò che siamo realmente, senza più grate di riferimento perché abbiamo delegato tutto all’immagine con l’inevitabile conseguenza di ipocrisie, brutture, mediocrità, derivanti dalla mancata aderenza delle due identità. Un’immagine che è diventata sostanzialmente una merce di scambio come lo sono diventati i valori, la parità, gli scandali, le indignazioni. In tutto questo l’amore rischia d’essere il cuore che batte dentro di noi a prescindere dalle sovrastrutture create e autoalimentanti (perché di fatto oggi tutto necessità del proprio opposto per esistere). L’amore non è autoalimentate, non necessita di un opposto. L’amore è una tendenza all’altro che scarnifica il proprio ego. È ciò che legittima all’uomo il nome di uomo, al netto di ogni egocentrico innamoramento per l’amore stesso.
La realtà però ci dice che viviamo in un periodo di grandissima solitudine, di relazioni praticamente impossibili, a termine. All’amore per l’altro abbiamo anteposto l’orgoglio dell’amore per la nostra immagine, soffrendo l’insussistenza sia della relazione sia dell’immagine. E abbiamo cercato qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa. O, nel migliore dei casi, ci siamo detti che questa è la libertà. Per questo oggi chiedere ai poeti di interrogarsi sull’amore è un atto quasi rivoluzionario. Perché un poeta, un vero poeta, che guarda il proprio io non è mai solo un poeta, mai solo un io. È una società, un popolo, in un singolo uomo o in una singola donna che guarda la sintesi di una storia, la sua essenzialità. E ne cerca i difetti, le illuminazioni, le delusioni, i sogni.
Oggi più che mai il poeta, quando vero poeta, rappresenta una possibilità di sopravvivenza per l’uomo. Si intenda, l’uomo vivrà probabilmente ancora per molti secoli, ma questo non vuol dire che sopravvivrà a se stesso. Questa possibilità, a parere di chi vi scrive, appartiene nelle varie forme e storie ad ognuno dei poeti qui inseriti. Ognuno in un modo diverso.
Alla Storia, quella con la S maiuscola, dire se ci riusciranno. Per ora buon San Valentino a tutti con questi testi e con, quando presenti, articoli, recensioni, traduzioni che abbiamo già pubblicato sugli autori qui proposti.
Alessandro Canzian
Laboratori Poesia
ANCORA DI PIÙ, E TE NE SONO GRATO
43 poesie d’amore
Valeria come sempre
Adoro ancora di più la tua grazia gentile,
la pienezza affabile del timbro nella voce,
il disegno elegante delle dita nel gesto,
la sana e paziente visione delle cose
che abbiamo attraversato e attraversiamo
la mano nella mano. Adoro, oggi,
ancora di più, e te ne sono grato.
Maurizio Cucchi
inedito
Una recensione di Alessandro Canzian
Deposto il nome
Diceva sempre
ditele che la amo
e ditele che ho fatto tanta strada
per amarla.
Ditele che se uscivano
angeli e diavoli dalla sua bocca,
io vedevo soltanto la sua bocca.
Ditele che mi abita
per sempre.
Diteglielo, vi prego. Diceva sempre.
30 aprile 2016
Maria Grazia Calandrone
da Giardino della gioia (Mondadori, 2018)
Un’intervista a cura di Michele Paoletti
Abito il tuo corpo
come una seconda pelle
inscritta nei suoi rilievi
registro i miei confini
risucchiata dalla gravità
forza contro forza
massa di fronte a massa
mi svolgo nell’orbita.
Giovanna Rosadini
inedito
Una recensione di Alessandro Canzian
Metto la mano sinistra sul suo petto
giuro che sarà sempre verità l’amore
cresciuto nell’attesa, dall’attesa redento.
E sento gentile il gesto del nostro amarci
se per noi più dolce è il tempo
privo dell’affanno del fare:
tempo ordinario, senza freccia,
così commutano in noi vita e passione
e il raggio verde di questa luce mite
è soltanto l’aurora.
Lucianna Argentino
da In canto a te (Samuele Editore, 2019)
Una recensione di Alessandro Canzian
Quando dalle spalle mi sfilerai lo zaino
Quando dalle spalle mi sfilerai lo zaino
È troppo pesante, non lo puoi più portare
E con gesto deciso indicherai
Il luogo dell’approdo,
Cadrà neve d’agosto
Sarà sera
E lampada ai miei passi
Sarà la tua parola.
Ossa giunture tendini
L’intero armamentario
Sono qui finalmente non
Te li sottraggo più.
Protettore dell’orizzonte dio solare sfinge,
Se quercia fossi stato o alloro almeno,
Rose mirto viole le piante sacre
A Venere le avrei donato.
Franco Buffoni
da Jucci (Mondadori, 2014)
Una recensione di Alessandro Canzian
Quando te ne andrai lasciami
almeno un ginocchio, un orecchio,
perché non saprò più dove cade
l’accento, oppure con una tenaglia
strapperò il tuo odore
per non sentirmi un vaso vuoto.
Roberto Cescon
inedito
Una nota di lettura di Mario Famularo
Solstizio – a Chiara
Abbiamo seguito le scie di un volo d’api nel buio
e passi che non lasciano traccia sulla sabbia.
Con la forza delle mani abbiamo afferrato la paura,
la mappa smarrita delle nostre attese.
Fino a noi, fiamme uscite dalla pietra.
Un solstizio ci ha fatto incontrare,
quando in un solo nome ogni cosa
è divenuta più chiara:
il mondo di qui e una notte di fuori.
Poi in un bacio, in piazza Sant’Alessandro,
tutto all’improvviso ha preso forma
parola suono cammino –
un ricongiungersi delle impronte.
Corrado Benigni
da Tempo riflesso (Interlinea, 2018)
La consegna – a Paolo
Nelle tue mani consegno il mio spirito,
endecasillabo
di chi ha sentito
un giorno venirgli al naso un odore
d’ansia, era amore.
Chiuso in un inverno fu il giorno che
la stanza si strinse, pungevano
la mente e il polso: a chi
consegnare la morte?
È in luce che ci giudica la terra,
adesso è chiaro. La consegna è un’altra,
altro il tema: non negare il tuo
corpo sul corpo dell’altro. Il tuo stesso
spirito te lo chiede.
È così che due uomini si tengono.
La consegna.
Il Professore aspetta.
Cristiano Poletti
da Temporali (Marcos y Marcos, 2019)
Una recensione di Alessandro Canzian
Fame
Può darsi
sia un retaggio
cannibalesco,
questo di mangiarsi
con gli occhi
con le mani
la bocca e
tutto il resto.
Ma più ti mangio
e più mi metti
fame:
mi sazi l’appetito
senza che risulti
poi esaurito.
Ti voglio e
non mi stanco
di volerti,
e non mi basta
mai di averti.
Paolo Ruffilli
da Affari di cuore (Einaudi, 2011)
per finire un verso senza fondo
chiedi alla città elettrica
qualcosa di nuovo, una felicità
non usata. per mettere mano alla polvere
chiedi alla polvere di prenderti tutto:
mente, cuore e tallone. per dormire insieme,
ricorda di non assecondarmi.
Marco Corsi
inedito
Quando ti cammino dentro
conosco i tuoi vicoli
i campanili storti delle tue piazze
le serrature arrugginite
dei tuoi pensieri inconfessabili.
Flaminia Cruciani
inedito
Un’intervista di Michele Paoletti
ora per lo più stiamo in silenzio
ma attenta seguo i passi
sulla scala trovo la tua pipa
in bagno guardo sulla seggiola
il giornale ancora aperto
e so che sei nella stanza
accanto
è un gioco esserci
trovarsi aspettare come nuove
sensazioni note ma sempre un poco
disuguali
è il gioco del conto che ritorna
dello specchio obliquo
l’immagine da comparare
in anticipo all’effetto
a te
che sei da anni insieme
a me scambiando notti
e giorni dentro luoghi conosciuti
allunghi il tuo respiro
come quando il vento incalza
dai gesti trattenuti osservo
l’opaco svolgersi del tempo
Gabriella Musetti
inedito
Un saggio di Laura Ricci
Apri, l’aria mi rinfresca il collo,
sbuccia le tenebre, tira giù
la vecchia falce. giornali umidi.
Ecco il fardello. Bruciali.
Paraocchi, briglie, levali
dall’uncino. Queste scatole,
gialle di pietra in briciole,
si sfasciano ai lati. Fumo.
L’orologio ha battuto l’ultimo colpo,
ma i ferri tintinnano ancora, guarda,
attraverso un vetro, oscuro, amore,
in volute, più acre. Liberatene.
Emergi nel sole. Strizza gli occhi.
Te ne stai lì, un fruscìo mentre i brani
scorrono a caso, accendi una sigaretta,
le mani spalancate. Invitami.
Patrick Williamson
da Traversi (Samuele Editore, 2018, traduzione di Guido Cupani)
Le piccole rose
Verrà il tempo
mi dici
che torneranno a fiorire
le piccole rose
che abbiamo legato ai nostri balconi
con un filo di rame sottile
per tenerle al sicuro dal vento.
Verrà quel tempo
mi dici
e allora di primo mattino
le scioglieremo una a una
dal filo
e resteremo a guardare
che si dischiudano al sole.
Ci sarà un tempo
ti dico
per tutte le cose
anche per vedere sbocciare
e poi sfiorire di nuovo
le nostre piccole rose.
Vincenzo Mascolo
da Il pensiero originale che ho commesso (Edizioni Angolo Manzoni, 2004)
Un’intervista di Michele Paoletti
Lettere dal respiro. I
C’è un’immagine che si riflette tra le facce,
le nostre teste sembrano quelle di due cervi.
Nel mosaico di S. Apollinare la femmina e il maschio
allungano le ossa sulla fontana e la foresta si piega:
facce e occhi diventano la sostanza della foresta –
o sono un mare, la fontana è la zona delle tre miglia
dove vediamo il naufragio delle nostre immagini
e degli stranieri come dice Cornelius nel De dominio maris,
la vertigine e il rigore del limite tra paesi e uomini,
tra uomini e animali, come guardarsi nella fontana e essere
donna e uomo o il maschio e la femmina di una specie,
un gene o una storia di migrazioni. La tua faccia e la mia
sono i confini delle tre miglia. Se chiediamo “da te a me”
cosa significa, “da me a te” ritorna, annulla l’origine e la meta,
il dominio del mare, lo specchio dove in silenzio bevono i cervi.
Maria Borio
inedito
Ecco la felicità:
dire “oggi succedi tu”.
Tu e nient’altro.
Nient’altro tra le case
basse, nient’altro
alle pendici dell’inferno.
Matteo Fantuzzi
inedito
Una traduzione di Antonio Nazzaro
Anche se per mesi non apriamo le finestre
ogni volta uscire è rispondere al richiamo
delle armi. Ogni volta è piegarsi, correre,
riconquistare la posizione e poi specchiarsi
dentro i vetri opachi delle case, fermarsi
mentre la muffa brucia il respiro e il sole
ferisce la stanza, alza il velo della tenda
e ti bacia la fronte come uno sposo posa
le labbra sulla terra che ama. È una fatica
necessaria, selvatica: è la guerra che chiama,
la premura del riposo, l’antico riparo.
Eleonora Rimolo
inedito
Una recensione di Mario Famularo
La nostra casa sta cambiando
e non amo conservare nulla
delle vecchie pareti, i mattoni
sono stati forati e abbattuti
e il volto si trasforma poco
a poco. Sono i nostri passi
che cancellano la polvere
o la trasportano in altri luoghi
mutando i contorni, le rughe
tra gli incavi. Non corriamo
a levigare con un lifting le vecchie
forme, lasciamo in piedi
le fondamenta e rinnoviamo
sfiorando la levità della terra
elevandoci sopra gli zigomi
perfetti dei monti, in questo
confine d’infinito che abbiamo
scelto per esistere.
Domenico Cipriano
da La grazia dei frammenti (Ladolfi, 2020)
Una recensione di Alessandro Canzian
Volevo che la tua notte
rimanesse con la mia
che tu sporgessi piano dal lenzuolo
come un’alba che rimane continuamente
il primo gesto
di luce nel mondo.
Avrei raccolto da terra
il sole che ti cade dal viso
da quel sorriso eroso dal vento
che scende a picco sul mare.
Nei tuoi occhi andavano e venivano
le rondini, per posarsi
come quando le palpebre fanno
quel rumore di ali che si aprono.
Volava via invece il tuo profumo
sepolto nei luoghi
che solo il cane
che abbaia al vento conosce.
Così ti penso
una serata blu
che stringe gli occhi fino a sparire
e subito bianca
una luna a cinque dita
che mi tiene il mento
e mi guarda.
Francesca Serragnoli
da Il rubino del martedì (Raffaelli, 2010)
Una traduzione di Antonio Nazzaro
Tu sei l’ossigeno del mio andare. Sei stato
il padre dei miei figli mancati e dei ritorni
a casa vivi di vite nuove, progetti in via vai
ridendo. Ogni volta salutarti è la stretta
di pianto, lo schianto al chiudersi delle porte.
L’amore mio che di me ama i sogni.
Il cuore che disegni sul vetro si ripassa
nelle carrozze scomparendo in corsa.
È una condanna questo amarci in Terra
e Cielo. Lui in mezzo ci salva. Esangue, ci comanda.
Valentina Colonna
da Stanze di città e altri viaggi (Aragno, 2019)
Eccomi, adesso tramontano
scarti di luce
tra i ruderi delle mie ciglia,
dove – scalzo – l’esilio del buio
costringe alla resa.
Di là dal confine diradano
la mia dogana
i dazi di questo dolore.
E qui, invece, accanto alle mie
attendono – chine – i tuoi occhi
le due lenti, sull’orlo del letto.
Gerardo Masuccio
inedito
Una nota di lettura di Alessandro Canzian
L’amore veniva di rado,
o non veniva affatto.
La mia solitudine era come
un muro vasto e vuoto,
E quando arrivò il momento
della mia ribalta…
eccoti lì,
eccoti lì.
A volte un sogno
si adagia a portata di mano,
e lo sai, se tenti,
puoi abbracciarlo.
Sono così fortunato
ad avere
colmato il tuo cuore.
Il ricordo
della tua risata
è come un palmo sulla mia guancia.
So che fa male respirare, amore mio.
So che la strada è stata lunga.
Quindi appoggia la testa
e lasciami accanto a te,
per un poco.
George Mario Angel Quintero
da Diventa l’albero – antologia di poesie scelte (Samuele Editore, 2020, traduzione di Flaminia Cruciani e Monica Guerra)
a Barcellona ci siamo promessi
l’eterno tra una birra e una sangria –
poi canti e balli e volti e grandi risa
alla mercé di una città che è tutta
festa nei luoghi certo ignoti ai più…
(Picasso ci deluse? ciò bastò
e riscoprire i fasti di Mirò)
Fabio Michieli
da Dire (L’Arcolaio Editore, 2019)
Una recensione di Alessandro Canzian
se mi vuoi
lascia tutto e vieni
nella mia terra
il tuo sospiro fiorirà in parola nuova
e quel corpo rigoglioso
diventerà albero
della mia vita
sarai libero
come sognasti nell’Eden
di camminare nudo
senza timore
tra la moltitudine trasparente
di tutte le vergini l’eroe
e delle muse
l’unico cantore
uscirai
dal regno del sospetto
dove ogni uomo
è il turgido frutto rosso
della sfida
toccami
e vedrai la notte che illumina
galassie di angeli fugaci
Zingonia Zingone
da Le tentazioni della Luce (Edizioni della Meridiana, 2017)
Una recensione di Alessandro Canzian
Apocrifo nerudiano
Nello scompiglio ho riscritto
ogni miglio per Valparaiso e la Sebastiana
emana un vero sorriso: zitto
seguo il tuo sole cocente, unica meridiana
che tiene e tempra e sgela
e sfama. Così non temo serpenti a sonagli
e scorpioni e avvoltoi: é la
viva voglia di noi che mi riempie i bagagli
e ricuce i poli del mappamondo:
io sono uno che va fino in fondo,
io sono uno che non si tira indietro,
scelgo aereo e treno e bus e metro.
Marco Sonzogni
inedito
Una recensione di Alessandro Canzian a Morte di un naturalista di Seamus Heaney (Mondadori 2014, a cura di Marco Sonzogni)
C’è una meccanica della trasparenza
un’equazione che si risolve
in quei pochi respiri profondi
che ti concedi quando tremano le mani.
È quasi un’inversione della voce
quest’ansia che ci paralizza
il fiato che disarma la parola,
la bocca ad asciugare la tua fica.
Torno allo stato embrionale della vita
nel sonno ibrido del feto
dove un diagramma di materia nuova
riproduce fedelmente
il calco delle ossa
la nomenclatura delle vene
e un incavo d’ali nelle scapole.
Questa è la divinazione dei corpi.
Anche tu la chiami morte
questa armata silenziosa senza lume?
Questa rete di spade
incrociate sopra i corpi,
l’antilope che si ritira tra i canneti.
La preghiera del giorno: siamo muti.
Tutto si separa per venire alla luce.
Giovanni Ibello
da Turbative siderali (Terra d’Ulivi, 2017)
Nota di lettura di Mario Famularo
Alba albumica
Stanotte il richiamo della foresta
Mi ha spinto nella tua caverna.
E senza riserva, l’educazione sentimentale
Ci ha distinto dall’essere animale.
Ma da quale fiaba provieni
Creatura incontaminata?
La linea d’ombra non è poi tanto profonda
Quando ho la mente sgombra
Dall’incertezza
Quando la tua delicatezza sfronda
l’irrequietezza.
Stamattina addio alle armi
Non riesco ad alzarmi.
Perché dovrei lasciarti
In un’alba albumica?
Chiara Evangelista
da Più probabile che non (I Quaderni del Bardo Edizioni, 2019)
Una recensione di Alessandro Canzian
Se mi arrivasse infame a terra
un alito di sera, la conferma
del tuo odore appena colto –
in una scusa buia, nuda carezza –
ci gonfierebbe i cuori come cupole.
Ma non è luce in me che non ti grida:
sbalordisci la pelle e distogli
l’attesa dalla promessa intuita.
I frutti a terra e la luce che li irradia.
Vernalda Di Tanna
inedito
In ogni osso cresce
un tuo osso; in ogni
vena si aggroviglia
il tuo sangue con il mio:
a sangue unito siamo casa e profezia.
Mattia Tarantino
inedito
Una nota di lettura di Mario Famularo
Mi disse amante
e la parola si disfò sulla pelle,
scivola intensa nella trama invisibile,
imprecisa
del segreto.
Amate è la parola che gli dei
predicono nella festa
delle stagioni dove cantano
i lacerti
e strisciano sulla tiepidità della terra.
Parola esatta
dove una vittima si sente
prima che il suo corpo
disfi tutti i segni.
Graciela Aráoz
da El protegido del ciervo / Il protetto del Cervo (Samuele Editore, 2019, traduzione di Antonio Nazzaro)
Pesante il tuo braccio sulle gambe
dissotterra un bisogno cavo.
Le mura diventano scarne,
pareti tonde di conchiglia.
Insieme abitiamo
il colore canuto di una salina.
Federica Giordano
da Utopia fuggiasca (Marco Saya Edizioni, 2016)
Nella sabbia bianca
le pietre della nostra stanza
sono le pietre della storia
le aquile sul pendio laggiù
gridano un nome
le sillabe le separiamo nella bocca
come terra da masticare
poi all’improvviso è la sentenza,
consanguineità
che preme sulle azioni.
Troppe cose abbiamo lasciato alla mattina
troppe sul tavolo della colazione – di sfuggita
un gingillo d’oro, una rosa, il carillon della nonna
il grande libro della nostra famiglia
il segreto.
Lo sai, con te sono stata catena
ora sono roccia scavata
Melania Panico
da Non ero preparata (La Vita Felice, 2018)
Una recensione di Michele Paoletti
Amore mio, siamo bloccati qui, ancora.
Non cerco la fine. E tu, cerchi un inizio?
Voglio trovare soluzioni con te.
È una strada lunga, amore mio, il viaggio dell’esistere.
Tanti i modi per condividerlo con chi
può vedere il sublime. Sii autentico.
leggi per me:
Guarda in basso, il foglio di carta
null’altro esiste. Ogni tua vena corre giù
sul foglio. Prendi una penna e fai dei segni
che nessun’altro mai vedrà, con un gesto tanto privato
e accurato quanto il tuo stesso nome
Poi ama.
Ilaria Boffa
da About Sounds About Us / Di Suoni e di Noi (Samuele Editore, 2019)
Ora è un legame, dici, così pieno di
sacrificio: e il sacrificio è bianco, e il bianco insegna
l’inquietudine amorosa delle dita fittissime di miele:
e il tuo sorriso che si addormenta e muore;
e ancora l’innamorata impara i più feroci colpi e
ridisegna il dono, la tua memoria
inventa: e il gesto accade come un sussurro accade.
Mario Fresa
da Il bene (Edizioni Marocchino Blu, 2007)
Un’intervista di Michele Paoletti
Intendo quello che non m’appartiene
al contrario di quello che possiedo
che invece sfugge e torna come l’aria
nei polmoni: il tempo di avere vita
e già non è più cosa mia. Esaurita
che fosse ogni domanda, ogni precaria
scusa a non farsi altre domande, chiedo:
è mia davvero oppure è lei che viene
ad insegnarmi come farmi mio,
e lei non c’entra? Un tempo c’era scritto
“conosci te stesso” detto da un Dio
che invece di morire visse invitto.
È lei che m’ha concesso ogni bene
e senza dar troppo nell’occhio tiene.
Federico Rossignoli
inedito
S’insabbiano anche le più sofferte
statue dell’amore
compressa l’estasi
memoria di pochi nomi e gesti
Eppure resta sacra
la pietra lavica tutti fermati
nel salto della fuga ancora
sognanti colti in rapimento
Palmi che respingono o chi ci adora:
da fossili ritornano
perfino chi si era perduto
circola nel minerale
Palpitano ancora come lampade
braci e fumo sul mare
la prima meraviglia a illudere.
quella potenza breve
Scrisse ti amo al vetro appannato
mentre la pioggia fuori
ci scolpiva in pietra
di puro fiato e baci
Luigi Cannillo
da Cielo privato (Joker, 2005)
Come la prima di un grande
concerto attendo ogni volta
questo momento
quando tra umani
è soltanto sconcerto,
e vorrei non essere mai
esistita oppure nel vento.
Con le dita ti sfioro la testa
le perle della spina dorsale
le orecchie come piccole ali
le foglie delle ciglia serrate
su ambra di gemme di brace
in ombra nel dormiveglia.
La tua vita mi tiene alla vita
cui mi hai data, creatura
presente poesia di natura,
nata come un invito alla festa
di esistere infine dall’assoluto
abbandono d’animale malnato.
Ti poso l’orecchio sul petto
il giorno implode nel suono cavo
cullante di viscere come tra valve
di conchiglia un ricordo di onde.
Resto e ascolto nel centro
del coro del cuore l’assolo:
il petto si leva, il battito scala
passo dopo
passo
dopo
passo il cielo
in agguato dall’alto
del lucernario
non sento altro che l’oltre
di silenzio che al respiro si fonde.
Chiara De Luca
inedito
Una recensione di Alessandro Canzian
Lo sai, ridono di noi.
una donna e un albero…
non rispondo, ma poi vedo la stessa ruga
sul mio viso, sul tuo tronco
e allora rido,
scompare tutto
scompare il mondo.
Giovanna Iorio
da Poesie d’amore per un albero (Albeggi Edizioni, 2017)
Amo chi sta fuori dal suo splendore
e resta nella quiete del suo attimo.
Chi si lascia attraversare dalla notte e ne esce dissestato.
Il corpo asimmetrico
il baricentro spostato
di chi non si sottrae al richiamo
E il tuo pensiero, luminoso e ampio,
che aderisce al corpo delle cose.
Annalisa Ciampalini
inedito
Un’intervista di Michele Paoletti
tu che mi fai l’amore come battaglia
e titilli le orecchie della quieta calma noia
di una vita sempre uguale inespressa
e guasta
dove nessun passero cinguetta tra rosse lame
tu e le tue invenzioni, nessuna dolcezza
o dolcezza puntuta a tratti
dai germi della tua ambizione
che è mia di voglia,
possesso di sangue:
tu ed io mischiati insieme,
proiezione di corona infeconda,
mio tiranno dei tempi
usurpatore
di femminei pensieri
I’m ready for enormity
Rossella Pretto
da Nerotonia (Samuele Editore, 2020)
Tre punti
Perché se magari accidentalmente
volessi dare senso a questo esisterci
come un allume caustico sui tempi
come pronuncia pura, senza dieresi
non troverei sapienza di grammatica
che possa regolare questo assolverci
ridurci al noi che siamo, che saremo
non scoverei parole verbi accenti
ma solo la modestia tipografica
la discrezione vera e consapevole
che regge l’equilibrio di una frase.
Così attenderti al minimo sussulto
del passo che t’annuncia sulle scale
è indugio breve d’una virgola, invece
un punto cadenzato ad una virgola
la pausa trattenuta d’un silenzio
acceso a persistenza d’un pensiero,
parentesi il sigillo dove chiudere
quell’attimo di scorno che rapprende,
tre punti – sai – in sospensione complice
l’esatta curvatura del restare
il viverci, il cercarci corpo a corpo
come la scritta degli sceneggiati
che con fiducia recita “continua…”
Tre punti da contare, ma uno ad uno
perché non ci si arresti solo al primo
un punto fermo grave sbigottito
come lo schianto secco d’un sipario.
Fabrizio Bregoli
da Il senso della neve (Puntoacapo Editore, 2016)
Un’intervista di Michele Paoletti
vieni. su quest’altare di camelie
lasciamoci straziare dalle piaghe
d’oleandro sfuggenti e morbidissime,
respiro ormai spezzato di magnolia.
verrà il giorno in quel giardino
senza tempo e sarà intreccio di un
gocciare impercettibile, ruscello senza
nome in cui uniremo i nostri
nomi, le sciocche circostanze e
le parole così umane che non sanno
che sporcare. non è dato questo
incontro inopportuno in questo tempo,
e imperfetta è la bellezza e la sua legge
che imprigiona. ma quel giorno ci
saremo, e ogni lacrima estenuata
avrà l’estrema pace nell’armonia
dell’acqua, saranno note dolci dopo
il vento di un autunno che ha dissolto
ogni timore. la carne è poca cosa
nelle regole del sogno, e attendere
il risveglio è presagio di splendore.
Mario Famularo
da Soglie di transito – antologia poetica (AA. VV, Digressioni Editore, 2019)
L’inverno fiorisce in una giovane
i cui sguardi, strati di suolo bruciato dal gelo,
mi trafiggono l’estate
come una scintilla di luce.
E quando lei mi guarda – un fuoco di paglia –
la mia purezza s’incrina…
e l’inverno nei suoi occhi
mi fa perdere il gusto della vita
per le cose superflue.
Marco Amore
da Farràgine (Samuele Editore 2019)
Una recensione di Vincenzo Ciervo