Morte di un naturalista – Seamus Heaney

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Continuo questo piccolo periodo che voglio dedicare a Seamus Heaney (l’altro articolo qui) con alcuni testi raccolti da Morte di un naturalista, la prima raccolta del poeta irlandese recentemente edita in Italia da Mondadori (2014) per la cura e traduzione di Marco Sonzogni. Opera pubblicata in una prima versione (poi rivisitata) da Faber and Faber a Londra nel 1966, che idealmente chiude il cerchio della poetica di Heaney riportando all’inizio, simbolicamente, dell’uomo e del poeta stesso dato il legame che quest’opera inevitabilmente riscontra con l’ultima raccolta (Catena umana, 2010).

E questo legame fine/inizio permea un po’ tutta l’opera di Heaney e nello specifico in questo libro appare chiara e fresca in tutta la sua poetica moderazione e pacatezza. Quattro testi più di tutti mi paiono emblematici perchè non a caso parlano di morte e d’amore presentando tali aspetti della realtà umana come vita da vivere, come elementi della natura a cui stare attenti, da soffrire ma con l’accortezza di chi vuole sopravvivere.

Come contadini che, all’arrivo dei primi freddi, sanno cosa fare in attesa della primavera.

 
 
 
 
 
 
Le prime purghe
 
 
Avevo sei anni la prima volota che vidi affogare dei gattini.
Dan Taggart li lanciò, “stronzetti tutt’ossa”,
dentro un secchio; un fragile suono metallico,
 
soffici zampe che graffiavano all’impazzata. Ma il loro minuscolo chiasso
fu presto affogato. Li appese al muso
della pompa e pompò l’acqua.
 
«È meglio così per loro, no?» disse.
Come guanti bagnati sobbalzarono lucenti finchè lui li rovesciò,
acqua e tutto, sul letamaio, lustri e morti.
 
Di colpo impaurito, per giorni gironzolai triste
nel cortile, osservano i tre resti mollicci
diventare farinosi e croccanti come vecchio letame estivo
 
finchè meli dimenticai. Ma la paura ritornava
quando Dan catturava grossi ratti, acchiappava conigli, sparava ai corvi
o, con uno strattone nauseante, tirava il collo alle galline vecchie.
 
Comunque, vivere rimuove i sentimentalismi
e adesso, quando striduli cuccioli sono spinti sott’acqua,
alzo le spalle, “Maledetti cuccioli”. Ha senso:
 
“Protezione degli animali” sono parole che fanno presa in città
dove la morte è ritenuta innaturale,
ma nelle fattorie ben gestite i parassiti vanno contenuti.
 
 
 
 
The Early Purges
 
 
I was six when I first saw kittens drown.
Dan Taggart pitched them, ‘the scraggy wee shits’,
Into a bucket; a frail metal sound,
 
Soft paws scraping like mad. But their tiny din
Was soon soused. They were slung on the snout
Of the pump and the water pumped in.
 
‘Sure, isn’t it better for them now?’ Dan said.
Like wet gloves they bobbed and shone till he sluiced
Them out on the dunghill, glossy and dead.
 
Suddenly frightened, for days I sadly hung
Round the yard, watching the three sogged remains
Turn mealy and crisp as old summer dung
 
Until I forgot them. But the fear came back
When Dan trapped big rats, snared rabbits, shot crows
Or, with a sickening tug, pulled old hens’ necks.
 
Still, living displaces false sentiments
And now, when shrill pups are prodded to drown
I just shrug, ‘Bloody pups’. It makes sense:
 
‘Prevention of cruelty’ talk cuts ice in town
Where they consider death unnatural
But on well-run farms pests have to be kept down.

 
 
 
 
 
 
 
 
Vacanze di metà trimestre
 
 
Rimasi tutta la mattinata nell’infermeria della scuola,
a contare le campanelle che annunciavano la fine di ogni ora.
Alle due vennero i nostri vicini a portarmi a casa.
 
Nel portico trovai mio padre che piangeva –
lui che aveva sempre affrontato bene i funerali –
e Big Jim Evans che diceva che era un duro colpo.
 
Quando entrai il piccolo ciangottò e rise e scosse
la carrozzina, e con mio imbarazzo
alcuni vecchi si alzarono e vennero a stringermi la mano
 
dicendosi “rattristati dalla mia pena”.
Fu bisbigliato agli estranei che ero il più grande,
che ero in collegio, e mia madre mi teneva la mano
 
nella sua e cacciava sospiri rabbiosi e asciutti.
Alle dieci arrivò l’ambulanza
con la salma, tamponata e fasciata dalle infermiere.
 
La mattina dopo salii in camera, Bucaneve
e candele rasserenavano il capezzale; lo vedevo
per la prima volta dopo sei settimane. Più pallido ora,
 
con un livido papavero alla tempia sinistra,
giaceva nella piccola bara come nel suo lettino.
Nessuna ferita vistosa, il paraurti l’aveva scagliato lontano.
 
Quattro piedi di bara, uno per ogni anno.
 
 
 
 
Mid-Term Break
 
 
I sat all morning in the college sick bay
Counting bells knelling classes to a close.
At two o’clock our neighbors drove me home.
 
In the porch I met my father crying –
He had always taken funerals in his stride –
And Big Jim Evans saying it was a hard blow.
 
The baby cooed and laughed and rocked the pram
When I came in, and I was embarrassed
By old men standing up to shake my hand
 
And tell me they were ‘sorry for my trouble’.
Whispers informed strangers I was the eldest,
Away at school, as my mother held my hand
 
In hers and coughed out angry tearless sighs.
At ten o’clock the ambulance arrived
With the corpse, stanched and bandaged by the nurses.
 
Next morning I went up into the room. Snowdrops
And candles soothed the bedside; I saw him
For the first time in six weeks. Paler now,
 
Wearing a poppy bruise on his left temple,
He lay in the four foot box as in his cot.
No gaudy scars, the bumper knocked him clear.
 
A four foot box, a foot for every year.

 
 
 
 
 
 
 
 
Doppiamente schivi
 
 
La sua sciarpaà la Bardot,
scarpe basse scamosciate per la passeggiata,
venne con me una sera
per un po’ d’aria e una chiacchierata.
Attraversammo il calmo fiume,
prendemmo il sentiero lungo l’argine.
 
Il traffico che tratteneva il respiro,
il cielo un diaframma teso:
il tramonto sospeso come un fondale
che oscillava dove nuotava un cigno,
tremante come un falco
che aleggia micidiale, camo.
 
Un vuoto di bisogno
comprimeva i due cuori cacciatori
ma tremando ci tenevamo
lontani come falco e preda,
manetenvamo decoro classico,
dispiegando le parole con arte.
 
Le esperienze giovanili
ci avevano insegnato ad aspettare,
a non manifestare i sentimenti
per pentirsene troppo tardi –
amori funghi erano già
gonfiati e scoppiati in odio.
 
Perciò, accorti ed eccitati
come un tordo legato a un falco
fremevamo nel crepuscolo di marzo
con parole nervose e infantili:
acque chete che scorrono profonde
lungo il sentiero dell’argine.
 
 
 
 
Twice Shy
 
 
Her scarf à la Bardot,
In suede flats for the walk,
She came with me one evening
For air and friendly talk.
We crossed the quiet river,
Took the embankment walk.
 
Traffic holding its breath,
Sky a tense diaphragm:
Dusk hung like a backcloth
That shook where a swan swam,
Tremulous as a hawk
Hanging deadly, calm.
 
A vacuum of need
Collapsed each hunting heart
But tremulously we held
As hawk and prey apart,
Preserved classic decorum,
Deployed our talk with art.
 
Our Juvenilia
Had taught us both to wait,
Not to publish feeling
And regret it all too late –
Mushroom loves already
Had puffed and burst in hate.
 
So, chary and excited,
As a thrush linked on a hawk,
We thrilled to the March twilight
With nervous childish talk:
Still waters running deep
Along the embankment walk.

 
 
 
 
 
 
 
 
Commiato
 
 
Signora dalla camicetta con i pizzi
e semplice gonna scozzese,
da quando lasciasti la casa
il suo vuoto ha ferito
ogni pensiero. In tua presenza
il tempo oscillava tranquillo, ancorato
a un sorriso; ma l’assenza
ha scosso l’equilibrio dell’amore, tolto gli ormeggi
ai giorni. Sobbalzano sballottati
lungo il calendario,
scagliati lontano dal soffice suono
della tua voce delicata come
un fiore. Il bisogno si infrange sulla mia spiaggia;
te ne sei andata, sono in alto mare.
Finchè non riprendi il comando,
il sé è ammutinato.
 
 
 
 
Valediction
 
 
Lady with the frilled blouse
And simple tartan skirt,
Since you have left the house
Its emptiness has hurt
All thought. In your presence
Time rode easy, anchored
On a smile; but absence
Rocked love’s balance, unmoored
The days. They buck and bound
Across the calendar
Pitched from the quiet sound
Of your flower-tender
Voice. Need breaks on my strand;
You’ve gone, I am at sea.
Until you resume command
Self is in mutiny.