Oggi, 26 aprile 2024, la redazione di Laboratori Poesia celebra il 50° genetlìaco di Daniele Mencarelli, scrittore che torna a licenziare un libro di versi a distanza di diversi anni, dopo un felice esordio in prosa. Lo speciale dedicato si articola nella presente recensione di Caterina Golia a Degli amanti non degli eroi (Mondadori, 2024,) con alcune foto da lei scattate alla presentazione del libro presso la Mondadori di Velletri il 15 marzo 2024 (presentazione a cura di Daniele Dibennardo), in un’intervista a cura di Fabio Barone (QUI), in una seconda intervista curata in classe da Rocío Bolaños ed effettuata da Fabio Barone che riporta le domande dei ragazzi di seconda Liceo Scientifico B. Pascal di Busto Arsizio (che in classe hanno approfondito La Casa degli Sguardi e altre opere selezionate, QUI), e infine nella tradizionale traduzione con commento di alcuni testi a cura di Rocío Bolaños in spagnolo e Andrea Carloni in inglese (QUI).
La Redazione
Daniele Mencarelli torna alla poesia, pochi mesi prima di compiere cinquant’anni (è nato a Roma il 26 aprile 1974), dopo aver pubblicato la sua trilogia autobiografica romanzata più un altro romanzo due anni fa. Degli amanti non degli eroi (Mondadori, 2024), edito nella storica collana Lo Specchio, ha una struttura non completamente estranea alla narrativa. Il libro è composto da due poemetti: il primo, Storia d’amore, è a tutti gli effetti la ripubblicazione dell’omonimo libro stampato nella collana Pordenonelegge da LietoColle nel 2015.
Due sono i protagonisti della vicenda: Gabriele, sedicenne che si avvicina presto alle droghe per stemperare e domare la drammaticità della vita che lo assale. Conosce Anna, l’altra protagonista, di cui si innamora follemente e grazie alla quale riesce ad entrare in rapporto con la propria fragilità e grazie a lei, tramite inconsapevole, riesce ad intrattenere un rapporto conflittuale e drammatico con Dio.
Il secondo poemetto prende il titolo di Lux Hotel. I personaggi principali sono tre eroi dalle caratteristiche di dèi greci, però sono uomini. Infatti incontreranno, lungo una partita di poker proprio all’interno di questo hotel, i vizi degli uomini, i loro peccati, i loro drammi. Dietro le quinte un cameriere, il narratore, che assiste alla partita e alle scene più crude della serata.
Storia d’amore
Siamo a cavallo tra due anni, il millenovecentonovantadue e il millenovecentonovantatré. La narrazione delle loro vicende esistenziali, non separate ma unite cominciando dal loro incontro, si divide in piccole date, suddivise nei due anni prima annunciati. Troviamo facilmente il punto di svolta, dopo cui Anna diventa «amante» salvatrice, come una Beatrice dantesca.
Gabriele conosce le droghe molto presto, ha un gruppo di amici con cui trascorre le serate in discoteca ma ben presto capisce che ad unirli c’è solo lo smarrimento travestito in divertimento. Insieme ricercano le pasticche, la musica ad alto volume e nient’altro. All’inizio ne ignora il pericolo, o meglio ignora quel segnale d’allarme che si porta dentro e che pretende di essere ascoltato. Ma le serate passano e sono sempre più esasperate: «Ogni sera un capodanno / il fuoco d’artificio esplode nelle vene / festeggiamenti da onorare in discoteca / dai nomi di templi venerati / dove in sacrificio si portano i divieti. / […] è la chimica mangiata a intervalli regolari / a darci questa gioia indurita alle mascelle».
I due ragazzi si conoscono e ci viene descritta una scena in cui i caratteri dei due sembrano già svelarsi. Ci troviamo in una sorta di lunapark, Gabriele è con il suo gruppo di amici e intravvede Anna «inchiodata sempre all’angolo / mentre io con la mia banda / da Tagadà a macchina a scontro / al punchingball che ci racconta / non così forti come pensavamo». Entrambi, infine, decidono di salire sul «calcinculo». Messo a confronto con la vicenda esistenziale di Gabriele, anche il volo di Anna sulla giostra può essere visto come un’evasione dalla realtà. Ma, come scrive Mencarelli, «senza che reato si commetta». E Anna, nel farlo, è «leggerissima». Il desiderio di Gabriele di far continuare il suo volo può indicare la gioia nel vederla libera, ma anche la voglia di conoscere questa gioia e poterla sperimentare, ma finisce la poesia col dire «io che in tasca non arrivo a millelire».
La presenza salvifica di Anna nella vita di Gabriele viene preannunciata durante una notte infernale fatta di paure e inquietudine, una notte in cui è il male a prevalere. Quando «Per una volta non è stata la pazzia / con la sua voce a dire buonanotte / ma il tuo sorriso acceso dentro al buio / ha vinto portandomi al mattino». Allora Anna, da ragazza che appare e salva dalla paura le sue notti, diventa per Gabriele anche una presenza da abbracciare e ricercare di giorno, nella quotidianità: «a te prima anima viva / presento la mia voce / e se ti parlo di malattia / non scappare e se puoi perdonala». Prima del suo amore, diventa salvifica la sua presenza che lo salva dal mondo. Mencarelli ci parla di un amore quotidiano ma che non può essere trovato ovunque, straordinario e ordinario. I due si innamorano, si conoscono corpo a corpo, e alla fine in Gabriele nasce l’esigenza di capire davvero da dove venga la presenza di Anna, il perché della sua nascita, il perché dello stupore che in lui provoca. È qui, in questa che si può definire l’ultima fase, che il protagonista comincia a intrattenere un rapporto sofferto e intenso con Dio. Il «Giudice», così definito, a cui chiedere con un urlo da squarciare il cielo di salvare la donna dalla quale la sua vita è stata salvata e l’averla definirla una «Beatrice dantesca» non è stata una scelta casuale, perché nelle ultime poesie Anna diventa «segno» di Qualcos’altro, di Dio, diventa una Sua traccia sulla terra, diventa Sua figlia. Il dialogo drammatico col divino è colmo di domande esistenziali trasformate in poesia e così domate, definite, mille angosce a cui viene dato un nome.
Storia d’amore si conclude con uno scritto che risale ai giorni nostri, al primo dicembre duemilaventritré, è Anna a scrivere. Parla di suo figlio al quale ha dato il nome di Gabriele. La storia dei due giovani non è continuata, non ci è dato sapere perché, ma lei ha dato il nome del ragazzo a suo figlio: ne vede il volto, i lineamenti, gli stessi occhi, il sorriso. Torna il Mistero, nella lettera di Anna: separandoli ha lasciato un segno indelebile. Tanti sono stati i ragazzi passati nel cuore di Anna: alcuni senza lasciare un segno, ma questa storia è la prova vivente che Gabriele ha lasciato una cicatrice parecchio spessa.
Lux Hotel
La vicenda del secondo poemetto si apre con questo annuncio: «Questa è la storia di tanti. Di nessuno». Lungo questo racconto troveremo tre eroi, che sarebbe meglio chiamare «cavalieri», «dèi». Sono uomini, ma dalle fattezze e dai nomi divini, e di immortale e perfetto hanno ben poco. La vicenda che sconvolgerà l’hotel è narrata dal cameriere, assegnato alla suite Grande Impero per presenziare e annunciare i tre eroi. La suddivisione del poemetto in tre sezioni (Sera, Notte, Alba) è psicologicamente importante, perché così vediamo netto il cambiamento che i tre protagonisti subiranno, non solo per la società ma anche per loro stessi.
La Sera è la parte introduttiva, in cui a prevalere è la fibrillazione per l’attesa, l’aspettativa ancora intatta da parte del pubblico. Quando entrano dalla hall dell’hotel, tutti li acclamano e si entra in allerta: può cominciare quella che sarà una memorabile partita di poker. Mencarelli, prima che cominci il poemetto vero e proprio, elenca infatti le regole del poker all’italiana per rendere i piccoli spunti tecnici più comprensibili al lettore inesperto.
La Notte è il momento in cui ci si può mostrare senza vergogna. Le luci sono spente, in quella stanza d’hotel ci sono pochissimi testimoni, i tre eroi danno il meglio di loro, svelano il loro vero volto. È il cameriere, entrato insieme al concierge e ai tre giocatori, ad annunciarli: Nettuno, Marte, Mercurio. Seguono le descrizioni fisiche e quelle caratteriali dei personaggi: il primo, Nettuno, dà l’aria di essere il giocatore dominante, aria fiera e aspetto da statua bronzea, ma si rivela per tutta la partita anche il più tranquillo e di poche parole. Marte è arrogante, supponente, si aggiudica il primo piatto e resterà per lo più in vantaggio. Mercurio è pieno di vergogna e paura, «non ha visto ancora un piatto / cantilena ad ogni giro un passo / senza vita né speranza».
All’Alba è già crollato tutto, non si può fare nulla per rimediare. All’improvviso come un lampo la serata si incrina, la mano la vince per l’ennesima volta Marte, che però di ciò non si accontenta e deride Mercurio, senza che Nettuno dica una parola ma «acconsente allo sberleffo»: «con uno spiffero di voce / sbeffeggia Mercurio / che lo guarda / con un odio che non gli conoscevo / perdente sei e perdente rimani».
Senza che lo si possa fermare per la velocità e ferocia della sua rabbia, Mercurio avventa le sue mani al collo di Marte, uccidendolo. «Una paralisi / mi schiaccia nel mio angolo, / […] una voce / mi risveglia dal terrore, / è Nettuno che pretende il mio intervento, / Mercurio intanto singhiozza / ed il fiatone / gli esplode di continuo nei polmoni».
Con la morte di Marte crolla il palcoscenico su cui i tre eroi erano stati fissati. Si svelano tutti umani e colpevoli: il mutismo di Nettuno, per vergogna oppure omertà; la cattiveria e tracotanza di Marte, diventato infine vittima; Mercurio, vittima e al tempo stesso colpevole di una fragilità trasformata in rabbia e furia omicida.
Non c’è nulla di eroico, né nell’amore che vorrebbe tendere all’infinito di Gabriele per Anna, che fino alla fine non è durato, né è eroica la vita dei tre giocatori del Lux Hotel.
Mencarelli ci svela proprio questo nel suo titolo: perché gli «amanti» non sono solo coloro che usano l’amore per nobili scopi. Il secondo poemetto ci mostra l’amore per sé stessi, in tre forme diverse, che diventa sangue versato che uccide. Non c’è nulla di eroico, è tutto vero, è tutto umano.
Caterina Golia
Trentuno dicembre novantadue
si bruci il vecchio avanti il nuovo,
la discoteca ci agguanta come un’onda
ci trascina sollevandoci da terra,
tu felice ma solo di riflesso
altro veglione speravi di brindare.
Il mucchio della banda è già schierato
nemmeno l’aria gli si avvicina
C’è pure il coglione innamorato!
Ecco chiara l’accoglienza
tra occhiate e discorsi a pezzi.
La pace coi fratelli arriva
dalla violenza esplosa nelle casse
l’amaro della colombina
boccone posato sulla lingua
una furia dallo stomaco al sangue
ricordo urla contro l’anno nuovo
baci al sapore di Negroni,
io che ti cerco e tu sparita.
(da Storia d’amore)
Al male corredo della nascita
un altro va sostituendosi
per quanto dentro possa entrarti
e amore tu sia da custodirti devo prendere per buona
normale la certezza:
tu come un essere qualsiasi
tornerai a farti terra
nel pianeta dei dormienti,
basta che il cuore ti si fermi
o i polmoni smettano il respiro
basta la più stupida sciagura
e il destino potrà fare il suo lavoro.
Invece questa sorte naturale
questa comune soluzione
d’umano non ha nulla
anche se da millenni s’accanisce,
un’ingiusta punizione
un’esecuzione vera e proprio,
tu non c’entri con la morte
né esiste parentela
fra il tempo e la tua voce,
ma come combatto la natura?
Non resta che ingoiare la sentenza,
lentamente masticare vetro.
(da Storia d’amore)
Mi presento
cercando d’imitare
la perfetta dizione del concierge,
uno dei tre soldati alza la voce,
dice solo che la mia più grande dote
deve essere il silenzio,
e l’assoluto riserbo
su questa notte
per tutti i giorni a venire,
un altro prende la parola,
se proprio mi tocca disturbarli,
all’occorrenza
ma con grande parsimonia,
devo chiamarli con i nomi di battaglia
i nomi che anche l’inferno conosce,
allora lui con un gesto della testa
mi esorta
come un cane ammaestrato,
rispondo d’impeto
tutto d’un fiato:
Nettuno, Marte, Mercurio!
(da Lux Hotel)
Foto della presentazione di Degli amanti non degli eroi di Daniele Mencarelli
presso la Libreria Mondadori di Velletri il 15 marzo 2024, a cura di Daniele Dibennardo
Foto di Caterina Golia.