Attraverso Ganimede: Ausonio


 

Nota del traduttore

 

Per la III puntata di Attraverso Ganimede (qui la prima e la seconda) propongo una traduzione di un epigramma latino di Ausonio, che Luca Canali ha definito con efficacia ‘poeta dell’ambiguità’ (Decimo Magno Ausonio, Epigrammi, a cura di L. Canali, Rubbettino 2007).

L’io ritrae il giovane in un’età liminare, di contrasto, concentrandosi sul passaggio dalla pubertà alla fase recante i primi segni di virilità. La pubes (v. 1) indica l’adolescenza e metaforicamente la peluria: è come se incoronasse con i primi peli le gote. Esse sono tenere, ma Glaucia è apostrofato come adultus (v. 2). Con questa immagine il poeta sottolinea come sia appena passata quella fase sfumata per cui il puer poteva essere scambiato per una puella (v. 3). Ausonio non parla di bellezza volgare ed erotica ma di decus (v. 4): un’estetica di grazia decorosa che è stata strappata via precocemente. Il ragazzo risulta un eletto per una dimensione ‘altra’; non ricorrono verbi che indicano la sua passività, infatti Glaucia stesso va incontro alla sua (pre)destinazione (ibis, v. 7). Il puer è differente dalla gente comune ed è paragonato ai due bei fanciulli per eccellenza: Adone, il figlio di Cinira (il re di Cipro), e Ganimede detto con la forma etrusco-latina Catamitus. Secondo il mito, Adone è conteso tra Afrodite e Proserpina, e in questo caso è sottolineata la sua pars infera. Il poeta si spinge infine a immaginare che Glaucia possa essere il Catamitus di un altro Giove, non il signore dei Cieli, ma Plutone signore degli Inferi.

In sintesi, l’autore tardoantico di origine gallica, durante il secolo di cambiamento epocale della morale e della normativa sessuale (IV d. C.), ricorre alla figura di Ganimede come simbolo di efebo morto prematuramente, non mancando di omaggiare in modo originale e idealizzato la tradizione dell’amore παιδικός, inaugurata circa 900 anni prima nella lirica di ambito simposiale [vd. p. I], con Ganimede come modello.

Francesco Ottonello

 
 
 
 
Ausonio, Epigrammi (56), IV d. C.
 
Su Glaucia, morto prematuro
 
Lieta, tu ormai sedicenne, l’adolescenza
ti cingeva, o cresciuto Glaucia, le soffici guance.
Già smettevi di sembrare fanciullo o fanciulla
quando un giorno precoce ti tolse ogni grazia.
Non ti mischierai comune alla folla dei defunti
né temerai, ombra flebile, le paludi stigie,
ma andrai come Adone Cinireo di Persefone
o del Giove Elisio tu sarai il Ganimede.
 
 
 
 
Laeta bis octono tibi iam sub consule pubes
cingebat teneras, Glaucia adulte, genas.
et iam desieras puer anne puella videri,
cum properata dies abstulit omne decus.
sed neque functorum socius miscebere vulgo
nec metues Stygios flebilis umbra lacus,
verum aut Persephonae Cinyreius ibis Adonis
aut Iovis Elysii tu Catamitus eris.