Attraverso Ganimede: Goethe


 

Attraverso Ganimede è il titolo di un personale Quaderno di Traduzioni in fase di costituzione, parallelamente alla ricerca di dottorato, che sto conducendo sulla ricezione letteraria del mito di Ganimede.

Come scrive Omero, Γανυμήδης (Ganymedes) è il ragazzo più bello nato tra tutti i mortali (Il. 20.233): un giovane della famiglia reale troiana (figlio di Troo, secondo la genealogia omerica), che viene portato in Olimpo da un’aquila (a partire dalle fonti ellenistiche), per essere il coppiere di Zeus. Ganimede è per eccellenza una figura della sospensione, teso tra terra e cielo, umano e divino. Nel corso dei secoli, tra le diverse variazioni e trasfigurazioni assunte, sarà il prototipo del fanciullo amato, un simbolo di morte prematura, e subirà un catasterismo nella costellazione dell’Acquario.

Per questa puntata traduco integralmente il Ganymed (1789) di Goethe, in cui la figura del mito è resa empaticamente protagonista. La carica erotica del mito non è soppressa ma trascesa nella tensione all’unione panica del poeta-Ganimede con il Padre divino.

La primavera è il tempo del risveglio dei sensi e si lega allo splendore del mattino (Morgenglanze) con cui inizia il testo. Ho scelto di tradurre Frühling con ‘tempo di primavera’ in modo da rivolgere la poesia all’amato ‘al maschile’ (come nell’originale), e non sfasare così il senso dell’amore verso il Padre. Il termine anglühst suggerisce l’inizio del brillare del carbone nella brace, ho inserito ‘rovente’ per mantenere un legame semantico con il fuoco, presente anche in Ovidio (Met. 10.148-161), oltre che in Dante. Infatti il poeta tedesco risulta particolarmente debitore al poeta fiorentino, che fornì la prima rielaborazione originale del mito in volgare italiano: nel IX canto del Purgatorio (vv. 19-33) Dante sogna all’alba, quando i sogni sono più veri, di essere Ganimede e di essere portato in alto dall’aquila. Egli trasfigura in Ganimede, inaugurando così il fortunato ‘motivo del poeta come Ganimede’ (ripreso da Chaucer a Hölderlin).

Ricordo che la lirica di Goethe fu messa in musica da Franz Schubert nel 1817 (e poi nel corso dell’Ottocento anche da Carl Loewe e Hugo Wolf). Qui un link per ascoltare il Lied, come ideale sottofondo alla lettura, nella versione eseguita da Dietrich Fischer-Dieskau (voce) e Gerald Moore (piano).

Ringrazio il cantante lirico Thomas Kiechle, ottimo esecutore del Lied di Schubert, per il consulto su alcune espressioni dell’originale tedesco.

Francesco Ottonello

 
 
 
 

Johann Wolfgang von Goethe, Ganymed, 1789

 
Ganimede
 
Come nello splendore del mattino
ti contorci a me brillando rovente
tempo di primavera, mio amato!
Con voglia a mille d’amore
sul mio cuore si pressa
del tuo calore eterno
il senso sacro,
una bellezza infinita!
 
Che io ti possa afferrare
nelle mie braccia!
 
Ah ma nel tuo petto
io giaccio mentre gemo
e i tuoi fiori, la tua erba
si pressano sul mio cuore.
Tu rinfreschi la bruciante
sete del mio petto
vento amabile del mattino!
Mi richiama l’usignolo
amorevole dalla valle di nebbia.
 
Io vengo, io sto venendo!
Ma dove? Verso dove?
 
In alto e in alto si tende!
E fluttuano le nuvole
verso il basso, le nuvole
si flettono al desiderio d’amore.
A me, a me!
Nel vostro grembo
verso l’alto!
Avvolto mentre avvolgo!
Verso l’alto al tuo petto
Padre di tutto l’amore!
 
 
 
 
 
 
Wie im Morgenglanze
Du rings mich anglühst,
Frühling, Geliebter!
Mit tausendfacher Liebeswonne
Sich an mein Herz drängt
Deiner ewigen Wärme
Heilig Gefühl,
Unendliche Schöne!
 
Daß ich dich fassen möcht’
In diesen Arm!
 
Ach, an deinem Busen
Lieg’ ich, schmachte,
Und deine Blumen, dein Gras
Drängen sich an mein Herz.
Du kühlst den brennenden
Durst meines Busens,
Lieblicher Morgenwind!
Ruft drein die Nachtigall
Liebend nach mir aus dem Nebeltal.
 
Ich komm’, ich komme!
Wohin? Ach, wohin?
 
Hinauf! Hinauf strebt’s.
Es schweben die Wolken
Abwärts, die Wolken
Neigen sich der sehnenden Liebe.
Mir! Mir!
In eurem Schosse
Aufwärts!
Umfangend umfangen!
Aufwärts an deinen Busen,
Alliebender Vater!