Speciale Margherita Guidacci: come nasce una poesia

Parte uno Speciale dedicato a Margherita Guidacci coordinato da Vernalda Di Tanna. Un’anteprima dello Speciale, a firma di Vernalda Di Tanna, è uscita il 18 aprile (Sull’alto spartiacque – Margherita Guidacci QUI) con commenti di Umberto Piersanti e Andrea Cati, e un’anteprima della conferenza tenuta a Firenze il 10 aprile da Paolo Valesio. Concluderà lo Speciale Gabriella Musetti con una recensione a Sull’alto spartiacque. Poesie scelte e inedite di Margherita Guidacci (Interno Poesia, collana Interno Novecento, 2024, a cura di Benedetta Aldinucci e Giuseppe Marrani, foto in copertina di Dino Ignani) uscito il 12 aprile.

La Redazione
 
 

Come nasce una poesia è una domanda a cui solo i poeti possono rispondere. Se come scrive Goethe, in una lettera all’amico Johann Peter Eckermann, «il mondo è così grande e ricco, la vita così varia, che non mancheranno mai i soggetti su cui scrivere versi»i, è innegabile che la scrittura, in particolare quella poetica, obbliga a restituire tra le pagine l’urto della vita. Ma può esistere una poesia su richiesta? Possono i poeti ancora oggi, come in passato, corrispondere a un’eventuale committenza? Diversi autori negano che sia possibile e rivendicano la purezza dell’ispirazione poetica, il suo carattere gratuito e illuminato; altri, come Maurizio Cucchi, non lo escludono. Quest’ultimo, in una breve nota premessa alla raccolta Nel vasto territorio tossico, esprime il proprio disappunto verso coloro che rifiutano qualsiasi richiesta: «Ho sempre trovato fastidioso questo atteggiamento, nella convinzione che, per esempio, una eventuale committenza sia anche l’espressione concreta di una società che riconosca la funzione e la rilevanza dell’artista, e dunque anche del poeta»ii .

Ma tali posizioni, e le polemiche che spesso le accompagnano, non riescono a spiegare fino in fondo i meccanismi che presiedono alla stesura di una lirica o di un’intera raccolta. Ad attestarlo le parole della poetessa Margherita Guidacci, che in una testimonianza raccolta da Anna Maria Tamburini nel volume Margherita Guidacci. La poesia nella vita racconta la nascita di una sua opera del 1984, Via Crucis dell’Umanità.

Margherita, dopo aver premesso l’unicità dell’esperienza che ha consentito la stesura della raccolta, si sofferma sull’usuale nascita e «maturazione» delle sue poesie: «Le mie poesie, di solito, o crescono come frutti, da un seme iniziale più o meno conosciuto, e io mi limito a seguirne la maturazione […] e a coglierle quando sono pronte; oppure mi vengono ‘regalate’, come se qualcuno me le depositasse sul cuscino mentre dormo o me le facesse trovare sulla soglia di casa quando esco»iii. La poesia è dunque per Margherita qualcosa di vivo, organico, un seme che accolto nella terra attecchisce generando nella luce piante e frutti. Ma non solo. La poetessa ammette che alcune composizioni sono un dono inaspettato, l’esito di una visita misteriosa e inspiegabile.

A volte, però, la realtà può sorprenderci. Così accade anche a Margherita, convinta assertrice fin dalla sua prima raccolta, La sabbia e l’angelo (1946), non solo dell’impossibilità di scrivere a comando, dato il carattere naturale e vitale dell’atto poetico, ma della forza liberatoria della scrittura, intesa, quest’ultima, come esperienza di guarigione in cui è possibile affrancarsi da ciò che è eccessivo e soverchiante iv.

È l’inverno dell’84 quando lo squillo del telefono costringe la poetessa, già a letto, ad alzarsi. A chiamarla è Padre Massimiliano Rosito, che le annuncia la necessità di scrivere in poco tempo, al massimo una settimana, un «pensierino» di commento per ciascuna delle stazioni della Via Crucis scolpita in bassorilievo dal fratello Leonardo per una mostra all’oratorio del Caravita, a Roma. La reazione della poetessa è concitata, è il mese di febbraio, periodo di esami e tesi da esaminare, e, come se non bastasse, è alle prese con un ciclo di poesie ormai «mature» nella cui composizione ha impegnato tutta sé stessa. Margherita racconta così la sua reazione alla proposta dell’amico: «Qui c’è un vuoto nella mia memoria, ma credo allora di averti investito non proprio con male parole, ma concitate sì: tanto che tu riattaccasti il ricevitore piuttosto sconsolato e, forse, per la prima volta diffidente dell’esito»v.

Ma durante la notte trascorsa insonne qualcosa accade. Margherita legge e rilegge la lista dei titoli delle stazioni appuntata frettolosamente durante la conversazione, e mentre tenta di decifrala sente l’impossibilità di ignorare i temi da essa ricordati (le uccisioni della storia, la morte di chi si era opposto, come Gandhi, Kolbe o Martin Luther King, all’esercizio oppressivo della violenza). Si assiste così al piccolo grande miracolo che solo la poesia può concedere: «alcune brevi poesie» – racconta Margherita – «vennero […] spontaneamente a mettersi sotto i rispettivi titoli, come se fossero state in me da sempre, aspettando solo di essere ‘chiamate’ e trascritte» (Ibidem). Non «pensierini» come le era stato chiesto, ma «poesie», che Margherita continua a scrivere per tre notti, dettando al telefono durante il giorno i versi composti pur di consentire la stesura del libretto destinato alla mostra.

Le sorprese, tuttavia, non sono finite. Quando Margherita interviene all’apertura della mostra nell’Oratorio del Caravita, si accorge, vedendo per la prima volta le opere in mostra, che i versi composti avevano corrisposto perfettamente alle immagini scolpite, attuando un «parallelismo intuitivo» (Ivi, p. 73) tra poesia e scultura che solo l’invito di Padre Massimiliano aveva consentito. Senza di lui, infatti, nulla sarebbe accaduto. La richiesta dell’amico tuttavia – e Margherita è chiara a tal proposito – non avrebbe avuto alcun esito senza la presenza di una condizione interiore preesistente e inconsapevole (Ivi, p. 71). Non un vero superamento, dunque, della contrapposizione tra committenza e ispirazione, sentita da molti poeti come ineludibile, ma qualcosa di singolare, misterioso, che la poetessa accetta come evento inatteso ed esterno in grado di rivelare urgenze inespresse.

Ma non basta. Margherita, poetessa sempre attenta alle questioni del proprio tempo, auspica che le sue parole, assieme alle immagini scolpite, tocchino le coscienze dei visitatori, risvegliando fratellanza e preghiera, nella speranza che il poeta, qualunque sia l’origine della scrittura poetica, possa svolgere ancora una funzione sociale.

Giulio Mazzali

 
 
 
 
 
 

i claudio giunta, Cuori intelligenti, Vol. 2 (Dal Barocco al Romanticismo), Garzanti Scuola, Lavis (TN) 2023, p. 582.

ii maurizio cucchi, Nel vasto territorio tossico, poesie civili, Interlinea, Novara 2021, p.7.

iii anna maria tamburini, Margherita Guidacci, La poesia nella vita, Aracne editrice, Canterano (RM) 2019, p. 71.

iv margherita guidacci, Poesia come un albero, a cura di Giovanna Fozzer, Marietti 1820, Genova – Milano 2010, p.127. Per quanto riguarda la raccolta La sabbia e l’angelo e la funzione salutifera della scrittura cfr. Giacinto Spagnoletti, Poesia italiana contemporanea 1909 – 1959, Guanda, Parma 1959, p. 799.

v anna maria tamburini, Margherita Guidacci, La poesia nella vita, cit. a p. 72.