Manuale tragicomico per sopravvivere ai poeti – e una buona poesia .13


 
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Legato al concetto di misura c’è un altro brutto difetto dei poeti: vivono troppo.

Con questo non intendo dire che debbano morire giovani. Ma la storia insegna che diversi percorsi avrebbero dovuto fermarsi molto prima del loro reale termine.

Non sto parlando di quegli autori che pubblicano un libro all’anno, affamati come sono dell’industria della visibilità, tra Social o tour letterari o solo di carta sporcata. Parlo proprio di quei libri dove non riconosci più l’autore che è stato, la sua grandezza.

Esistono diversi grandi autori che non lo sono più, ma lo sono stati.

Questo provoca grande tristezza.

Alessandro Canzian

 
 

*

 
 
Supplica a mia madre
 
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
 
Pier Paolo Pasolini
 
 
Pier Paolo Pasolini