Giancarlo Pontiggia

foto di Dino Ignani

 
 
1
 
Vicenda dopo vicenda
nella furia viola, nel delirio
dei giorni, s’imprime, sulla pelle
degli esseri del mondo, l’unghia
 
del tempo
 
 
 
 
2
 
Stridono, le cose,
nella botola – scura – della materia,
oscillano
 
a un fiato di mondo.
 
 
 
 
3
 
E sei, e non sei, sei
dove non è che vita
prima, bollore
 
d’origine
 
 
 
 
4
 
E dove guardi, non è memoria
ma ostinata volontà di essere
non nel nome, né nella gloria
di uno, ma del tutto
che ripiega, a notte, nel suo eremo
– cieco, torvo –
 
di nube
 
 
 
 
5
 
E t’immoti, nel tuo ultimo qui
come nel primo, ti incateni
agli stupefacenti velami del mondo
– ori che razzano, ombre, lumi
di poco, nomi
che s’inabissano in altri nomi, sensi
petrosi, sepolti
 
in una voragine di fuoco
 
 
 
 
6
 
E in un vimine, in un filaccio
di stoppia, nel viticcio
che si avviluppa – sovrano, irripetibile –
alle correnti, ondose, dell’aria, è
 
cielo
e fuoco,
terra che smotta, acque
che sprofondano in altre
 
acque
 
 
 
 
7
 
Guardi, e temi
nello stridìo rigoglioso delle cose
che scrollano
da sé ogni nome
 
vibrano
 
s’impollinano, tumultuano
all’appello
 
di un ordine incessante
 
 
 
 
8
 
Nell’ordine uncinato delle cose,
nel suo fulgore di fuoco e di vento
in ciò che è
e non è
 
impazzano
 
gli atomi della mente, nomi
infrazionabili
 
 
 
 
9
 
Si liquefà, il pensiero
nel suo covo – altero, irreprensibile –
 
di bronzo lucente
 
 
 
 
10
 
E affondi
sulla stadera del mondo
al flettersi di un ferro austero,
costante.
 
Pullula, tra i pesi del tempo,
una congerie di nomi
 
forme, stampi
 
 
 
 
11
 
Vortica, l’infinitesima
frazione delle cose, folgora
come al tempo dei tempi
 
cognizione, talla, scura
 
deità