Cuori selvaggi o Occidente prigioniero?

Cuori selvaggi o Occidente prigioniero? 23
 

168.732 mila visitatori, si parla cioè di circa 21 mila persone in più rispetto al 2019, e qualcuno già paragona questa edizione del Salone del libro di Torino a quella del 2006.

C’è davvero da essere increduli di fronte all’amore del pubblico dei lettori per questo evento

Giuseppe Culicchia
da La Stampa, 24 maggio

Al netto delle statistiche, che è ben noto siano falsate da un diverso modo di contare le presenze iniziato nel 2016 (prima il conteggio era dato dal numero di ingressi, poi si è iniziato a utilizzare solo il numero di biglietti venduti – per comprendere la differenza si pensi che nel 2015 il numero di entrate è stato di 276.169, i biglietti 122.638), l’aria che si è respirata tra i padiglioni di Cuori selvaggi era pregna di ritorno alla normalità. Nessuna mascherina, nessun green pass, ancora forte il ricordo dell’edizione 2021 accaduta pochi mesi prima.

L’Edizione pre-pandemia del 2019 aveva contato 148 mila presenze, un dato in leggera ascesa rispetto al 2018 (144 mila presenze) ma senza entusiasmo. Nulla quindi di paragonabile a questo 2022 che sembra aver lanciato l’editoria nazionale ai massimi storici.

 
 
Cuori selvaggi

Questo il titolo della 34esima edizione del Salone del libro di Torino.

Cuori selvaggi è il titolo di questa edizione. Viviamo in un mondo inquieto, turbolento, pieno di enormi problemi ma di altrettanta speranza nel futuro. La cultura e l’arte hanno sempre cercato di esplorare il nostro cuore di tenebra, ma anche gli slanci luminosi di cui i nostri cuori sono parimenti capaci. Nel nome dell’amicizia, della pace tra i popoli, del dialogo, del confronto tra culture, Torino sarà a maggio uno dei più importanti luoghi di ragionamento e di incontro per chiunque crede che a dischiudersi, nei nostri cuori, possa e debba essere la parte luminosa”.

dal Comunicato Stampa Ufficiale
del Salone del Libro di Torino

Un’edizione che ha avuto un’attenzione particolare alla guerra in Ucraina quanto al problema del Climate Change, come si è visto ad esempio nello stupendo stand di Aboca presso il padiglione OVAL. Un vero e proprio bosco letterario dove soffermarsi a leggere e ad ascoltare.

Tema centrale e necessario ripreso anche dal direttore Nicola La Gioia:

Negli ultimi anni abbiamo incontrato tre “cigni neri”: la crisi economica del 2008, poi la pandemia (anche quella prevedibile ma non prevista) e ora la guerra, mentre la pandemia forse sta finendo. Tre cigni neri più uno di cui non ci rendiamo conto. Il cigno nero più contro intuitivo di tutti ed anche quello potrebbe creare problemi e cambiamenti perfino maggiori: è il climate change ed è collegato a molti altri temi, perché il cambiamento climatico riguarda la scienza, la geopolitica, l’economia

da un’intervista a Left del 21 maggio

Anche lo stand del Friuli Venezia Giulia, regione ospite di questa edizione, ha puntato sull’ecosostenibilità e il riciclo utilizzando nuovamente per il proprio allestimento il legname recuperato dalla tempesta Vaia del 2018. Letteralmente un uragano (in quanto al grado 12 della scala di Beaufort di riferimento) che ha provocato la caduta di 14 milioni di alberi. Scelta, questa dell’ecosostenibilità e del contrasto al cambiamento climatico, necessaria anche a fronte dei fondi del PNRR che, si ricorda, ricoprono il 40% degli investimenti del Piano Italiano.

 
 
Veri Cuori selvaggi o Occidente prigioniero?

Si perdoni il facile gioco di parole con il libro di Kundera, Un occidente prigioniero, edito il 12 maggio 2022 da Adelphi nella traduzione di Giorgio Pinotti e che fa riferimento a due discorsi pubblici tenuti dall’autore nel 1967 e nel 1983. Opera che oggi appare tremendamente attuale nel panorama internazionale e che, in relazione al Salone del Libro, getta nuova luce su quella fetta di occidente che si è vista a Torino.

Perché non sussistono solo le contraddizioni politiche e finanziarie, che vedono un 40% dei fondi del PNRR dedicati al contrasto al cambiamento climatico di fronte al dibattito politico sull’aumento delle spese militari, e un Draghi che spinge per riattivare le centrali a carbone. C’è anche una parallela questione culturale che sempre più amplia la forbice di un paradosso italiano, e forse occidentale: la fruizione del libro.

 
 
Sempre più visite al Salone, ma le vendite?

Se Mondadori afferma d’avere avuto un + 20% di vendite, il Gruppo Mauri Spagnol un + 35% (fonte salonelibro.it), camminando tra gli editori medio piccoli si sentiva parlare con preoccupazione di aumento del prezzo dei libri, di possibile diminuzione della foliazione, di diminuzione delle vendite. Perché l’Italia è da sempre un paese a due velocità: la grande Editoria, fatta da colossi che negli anni si sono assemblati e fusi in un unico corpo egemonico, e la piccola e media editoria indipendente che, variegata, riporta impressioni differenti e contrastanti non di rado rispetto a sé stessa. Con un minimo ottimismo che spera di riuscire a oltrepassare una crisi di cui non se ne vede la fine.

Cuori selvaggi o Occidente prigioniero? 21Gabriella Musetti, editrice di lungo corso a Trieste, quest’anno al Salone con la Vita Activa Nuova, interpellata ci dice:

È andata bene come prima esperienza. Abbiamo ripreso le spese dello stand. Eravamo nella parte nuovi editori e ho notato c’è stata una cura particolare per questi. Hanno mandato una serie di giovani per Repubblica, La Stampa, insomma una copertura mediatica importante”.

Roberto Da Re Giustiniani, dal 1991 Kellerman Editore in provincia di Treviso, ci conferma il maggiore afflusso:

È andata molto bene, migliorata rispetto alla prima edizione. Ottima posizione al padiglione OVAL e tanta gente. Un sacco di contatti positivi”.

Cuori selvaggi o Occidente prigioniero? 20Anche Francesco D’Amato, della Francesco D’Amato Editore in provincia di Salerno, parla di grandi afflussi e miglioramenti, anche se con qualche criticità:

Un’edizione interessante, nuovi contatti, nuovi progetti. Quest’anno abbiamo preso uno stand più grande e abbiamo riscontrato maggiore attenzione, forse anche perché le persone sono ritornare più libere. Le vendite sono state leggermente al di sopra della media delle altre volte. L’unica nota stonata secondo noi è stato il biglietto d’ingresso al Salone che, forse un pochino troppo alto per questi tempi, ha rischiato di scoraggiare le vendite dei libri”.

Cuori selvaggi o Occidente prigioniero? 19Francesca Mazzei invece, della napoletana Colonnese Editore, si dice soddisfatta ma con qualche perplessità:

Come prima esperienza siamo molto soddisfatti. Le vendite sono state soddisfacenti anche se ci aspettavamo di più. La cosa più utile è stata portare a Torino una casa editrice storica Napoletana e ricevere l’apprezzamento dal pubblico, dagli autori e dagli esperti del settore. Ritorneremo con un stand più grande”.

Senza dimenticare le parole di Giuseppe Laterza, che su tutto sembrano pesare come un macigno:

Al Salone non si viene per vendere, ma per esserci

da Corriere.it

 
 
Leggere creerà indipendenza?

Il cauto ottimismo tra gli stand si deve però confrontare con la contrazione del mercato editoriale che, da inizio 2022, si assesta al 15%. A tale contrazione vanno aggiunti i costi della carta altissimi (la cellulosa costa il 70% in più rispetto all’anno scorso), i costi energetici e l’insicurezza generale.

Il Salone del libro di Torino è ormai una realtà imprescindibile e necessaria ma, a fronte di tutti i dati (importante aumento dell’afflusso vs minimo aumento delle vendite per gli editori medio-piccoli, contrazione del settore) rischia di diventare specchio e bolla di contraddizioni, una Sanremo dell’editoria italiana dove il focus non è più il libro ma l’incontro. Una fruizione Social portata nella realtà. Non a caso questa edizione ha spopolato su TikTok con 3 milioni di visualizzazioni.

Per conquistare nuovi lettori il segreto è essere coerenti, usare le giuste parole chiave, e saper riassumere il proprio giudizio in 30 secondi

Luigi Rapisarda, social media manager di Golem, da lastampa.it

Tra gli slogan e le insegne che hanno fatto da sfondo tra i padiglioni la scritta: leggere può creare indipendenza. Che fa ancora ben sperare di fronte alle parole di Silvio Vitale, presidente dell’associazione Torino Città del Libro:

Non avrei più voglia di ragionare in termini di numeri: la fiera c’è, funziona, che si faccia un visitatore in più o in meno mi interessa poco. Possiamo continuare a lavorare sulla qualità, più che sulla quantità, sull’internazionalizzazione, per esempio”.

da blog.uniecampus.it

Leggere dunque creerà indipendenza? L’evento, da strumento prezioso e indispensabile non sta forse diventando un surrogato del libro che rischia di rendere il libro stesso un feticcio da farsi autografare? Che effetto avrà tutto questo nel tempo? Sarà il cuore selvaggio di Lagioia o la prigionia di Kundera?

Alessandro Canzian
Samuele Editore