A un discepolo solitario – William Carlos Williams


A un discepolo solitario, William Carlos Williams (Bompiani, 2023, a cura di Luigi Sampietro, traduzione di Damiano Abeni).

È il poeta che viene in un aiuto. Queste sono le parole che idealmente potrebbero circoscrivere l’epica quotidiana e personale di una vita, qui racchiusa in una poderosa opera tradotta da Damiano Abeni per la curatela di Luigi Sampietro. William Carlos Williams è stato “Poet laureate” che vinse tra le altre cose il primo National Book Award for Poetry (1950) e il premio Pulitzer (1963), ma “non era un intellettuale – non nel senso corrente del termine – ma possedeva uno straordinario talento poetico, ed era uno scrittore del quale la pratica è sempre venuta prima della grammatica, e che credeva in una poesia in cui l’atto stesso di citare, ovvero nominare un oggetto comportasse un atto di partecipazione” (dalla prefazione di Luigi Sampietro).

Se poi l’immagine che ci viene consegnata, necessaria e necessariamente mitizzata, è quella di un medico, che nel corso di mezzo secolo aiutò a venire al mondo più di duemila bambini nella sua piccola città, o che continuò ad alimentarsi della realtà locale, assistendo puerpere e visitando senza pregiudizi famiglie borghesi e operaie, bianche, nere, asiatiche e latino-americane, appena immigrate o stabilite da tempo nel borgo industriale dove la sua stessa famiglia aveva trapiantato dopo varie peregrinazioni le sue radici europee, assorbendo durante il giorno le storie, le parole e il cantilenare dei suoi pazienti, dei vicini di casa, della sua città, per restituirle poi la notte in versi o nei singolari collage nei suoi scritti, ispirati forse dagli esperimenti pittorici della madre, ben più interessante appare la nota, sempre nello scritto prefatorio, che racconta il poeta Williams in relazione ai suoi contemporanei:

Se pubblico e critica non tributarono mai a Williams il successo e la celebrità riservati ai modernisti espatriati in Europa – con sua stizza e cocente delusione –, fu invece il contatto con una nuova generazione di poeti americani a confermargli la vitalità delle sue scelte. Se ne trova ampia traccia nel vasto epistolario di Williams con schiere di giovani poeti e scrittori, che trovarono in lui un orecchio attento e un critico acuto e disponibile, un mentore prodigo di consigli e lettere di presentazione, prefazioni e pubbliche letture.
Questi apprezzavano in lui l’emancipazione dai modelli letterari d’oltremare, la proclamazione d’indipendenza culturale, l’assenza di intellettualismo. Gli scambi con gli aspiranti poeti, spesso debuttanti, più raramente già pubblicati – Allen Ginsberg, Gary Snyder, Theodore Roethke, Denise Levertov, Robert Lowell – tradiscono l’innegabile gratificazione di Williams all’idea di poter contare su una propria scuola da contrapporre a quella più libresca e accademica ancora legata ai vecchi schemi delle lettere europee
.

Basti ricordare il Premio Pulitzer del 1963, consegnato postumo. Narrazioni a parte l’importanza del poeta risiede nella nitidezza della voce che non rincorre moduli preconcetti ma fa ricorrere un vissuto concreto, sempre come fosse in punta di piedi.

A sort of a song
 
Let the snake wait under
his weed
and the writing
be of words, slow and quick, sharp
to strike, quiet to wait,
sleepless.
 
– through metaphor to reconcile
the people and the stones.
Compose. (No ideas
but in things) Invent!
Saxifrage is my flower that splits
the rocks.
 
 
 
 
Una specie di canzone
 
Che il serpente attenda sotto
la malerba
e la scrittura
sia di parole, lente, svelte, acuminate
nello sferrarsi, mute nell’attesa,
insonni.
 
– a riconciliare grazie alla metafora
persone e pietre.
Componete. (Niente idee
se non nelle cose) Inventate!
La sassifraga è il mio fiore, spacca
le rocce.
 
(da “The Wedge” – “Il cuneo“, 1944)

 

Interessante mettere in relazione il riconciliare grazie alla metafora / persone e pietre a un altro testo del libro:

These
 
are the desolate, dark weeks
when nature in its barrenness
equals the stupidity of man.
 
The year plunges into night
and the heart plunges
lower than night
 
to an empty, windswept place
without sun, stars or moon
but a peculiar light as of thought
 
that spins a dark fire—
whirling upon itself until,
in the cold, it kindles
 
to make a man aware of nothing
that he knows, not loneliness
itself—Not a ghost but
 
would be embraced—emptiness
despair—(They
whine and whistle) among
 
the flashes and booms of war;
houses of whose rooms
the cold is greater than can be thought,
 
the people gone that we loved,
the beds lying empty, the couches
damp, the chairs unused—
 
Hide it away somewhere
out of mind, let it get to roots
and grow, unrelated to jealous
 
ears and eyes—for itself.
In this mine they come to dig—all.
Is this the counterfoil to sweetest
 
music? The source of poetry that
seeing the clock stopped, says,
The clock has stopped
 
that ticked yesterday so well?
and hears the sound of lakewater
splashing—that is now stone.
 
 
 
Queste
 
sono le settimane desolate, oscure,
in cui la natura nella propria sterilità
eguaglia la stupidità dell’uomo.
 
L’anno si inabissa nella notte
e il cuore si inabissa
più a fondo della notte
 
fino a un luogo vuoto, spazzato
dal vento, senza sole né stelle né luna
se non per una strana luce come di pensiero
 
che tesse un fuoco oscuro –
che vortica su se stesso finché,
nel gelo, non si accende
 
a fare un uomo consapevole di niente
che lui sappia, non della solitudine
in sé – Non un fantasma ma
 
lo si potrebbe abbracciare – vuoto,
disperazione – (Loro
gemono, sibilano) tra
 
i bagliori e le esplosioni della guerra:
case delle cui stanze il freddo
è più grande di quanto si possa pensare,
 
le persone sparite che amavamo,
i letti che giacciono vuoti, i divani
zuppi di umido, le sedie inutilizzate –
 
Nascondilo non so dove
fuori dalla mente, lasciagli prendere radice
e crescere, distaccato da gelosi
 
occhi e orecchie – da sé.
In questa miniera vengono a scavare – tutti.
È questo il contrappunto alla più dolce
 
musica? la fonte della poesia che
vedendo l’orologio fermo, dice:
si è fermato l’orologio
 
che ieri ticchettava tanto bene?
e sente lo sciabordare d’acqua
di lago – che ora è pietra.
 
(da Poesie, 1936-1939)

 

Se A sort of a song viene da Il cuneo, datata 1944, These lo anticipa essendo inserita in Poesie del (1936-1939). Quel che era lo “sciabordare d’acqua / di lago – che ora è di pietra” diventa una “sassifraga” che “spacca / le rocce”. Spaccatura che ancor prima (in “Vino amaro”, 1921) viene spiegata essere la conditio del poeta stesso:

Portrait Of The Author
 
The birches are mad with green points
the wood’s edge is burning with their green,
burning, seething—No, no, no.
The birches are opening their leaves one
by one. Their delicate leaves unfold cold
and separate, one by one. Slender tassels
hang swaying from the delicate branch tips—
Oh, I cannot say it. There is no word.
Black is split at once into flowers. In
every bog and ditch, flares of
small fire, white flowers!—Agh,
the birches are mad, mad with their green.
The world is gone, torn into shreds
with this blessing. What have I left undone
that I should have undertaken?
 
O my brother, you redfaced, living man
ignorant, stupid whose feet are upon
this same dirt that I touch—and eat.
We are alone in this terror, alone,
face to face on this road, you and I,
wrapped by this flame!
Let the polished plows stay idle,
their gloss already on the black soil.
But that face of yours—!
Answer me. I will clutch you. I
will hug you, grip you. I will poke my face
Take me in your arms, tell me the commonest
thing that is in your mind to say,
say anything. I will understand you—!
It is the madness of the birch leaves opening
cold, one by one.
 
My rooms will receive me. But my rooms
are no longer sweet spaces where comfort
is ready to wait on me with its crumbs.
A darkness has brushed them. The mass
of yellow tulips in the bowl is shrunken.
Every familiar object is changed and dwarfed.
I am shaken, broken against a might
that splits comfort, blows apart
my careful partitions, crushes my house
and leaves me—with shrinking heart
and startled, empty eyes—peering out
into a cold world.
 
In the spring I would drink! In the spring
I would be drunk and lie forgetting all things.
Your face! Give me your face, Yang Kue Fei!
your hands, your lips to drink!
Give me your wrists to drink—
I drag you, I am drowned in you, you
overwhelm me! Drink!
Save me! The shad bush is in the edge
of the clearing. The yards in a fury
of lilac blossoms are driving me mad with terror.
Drink and lie forgetting the world.
And coldly the birch leaves are opening one by one.
Coldly I observe them and wait for the end.
And it ends.
 
 
 
 
Ritratto dell’autore
 
Le betulle sono una follia di puntolini verdi
il limitare del bosco brucia del loro verde,
brucia, brulica – No, no, no.
Le betulle dispiegano le foglie una
a una. Le foglie delicate si dispiegano fredde
e distinte, una a una. Esili nappe
oscillano appese alle delicate punte dei rami –
Oh, non so dire. Non ci sono parole.
Il nero viene in un attimo frazionato in fiori. In
ogni pantano e fosso, fiammate di
piccoli fuochi, fiori bianchi! – Acc,
le betulle sono folli, folli del loro verde.
Il mondo è sparito, ridotto a brandelli
da questa grazia. Cosa ho lasciato non fatto
che avrei dovuto intraprendere?
 
O fratello mio, muso rosso, uomo vivo e
ignorante, stupido i cui piedi stanno su
questa stessa lordura che tocco – e mangio.
Siamo soli in questo sgomento, soli,
faccia a faccia su questa strada, io e te,
avvolti in questa fiamma!
Lasciamo che le lame levigate degli aratri restino inerti,
la loro patina lucida già sul suolo nero.
Ma la faccia che fai…!
Rispondimi. Ti stringerò forte. Io
ti abbraccerò, ti afferrerò. Ti ficcherò in faccia
la mia faccia e ti costringerò a vedermi.
Prendimi fra le braccia, dimmi la prima
cosa che ti viene in mente,
di’ una cosa qualsiasi. Ti capirò…!
È la follia delle foglie di betulla che si aprono
fredde, a una a una.
 
Le mie stanze mi accoglieranno. Ma le mie stanze
non sono più spazi soavi dove il benessere
è pronto ad assistermi con le sue briciole.
Una tenebra le ha spazzate via. La massa
dei tulipani gialli nel vaso si è rattrappita.
Ogni oggetto familiare è mutato e sminuito.
Io sono scosso, spaccato contro una forza
che frantuma il benessere, scompagina
le mie accurate partizioni, sbriciola la mia casa
e mi lascia – a cuore stretto
e occhi vuoti e sbigottiti – a spiare fuori
un mondo freddo.
 
In primavera berrei! In primavera
me ne starei sbronzo sdraiato a dimenticare tutto.
La tua faccia! Dammi la tua faccia, Yang Kue Fei!
le tue mani, le tue labbra da bere!
Dammi i tuoi polsi da bere –
Ti trascino, mi affogo in te, tu
mi travolgi! Bevi!
Salvami! L’amelanchier è sul limitare
della radura. I giardini in una tormenta
di fiori di lillà mi fanno impazzire di sgomento.
Bevi e sdraiati a dimenticare il mondo.
E fredde le foglie di betulla si dispiegano una a una.
Freddo le osservo e aspetto la fine.
E finisce.
 
(da “Vino amaro”, 1921)

 

Williams in questi versi è alle soglie dei quarant’anni (38 per l’esattezza) e della spaccatura di lì a poco resterà solo il fiore:

VI
 
The rose is obsolete
but each petal ends in
an edge, the double facet
cementing the grooved
columns of air—The edge
cuts without cutting
meets—nothing—renews
itself in metal or porcelain—
 
whither? It ends—
 
But if it ends
the start is begun
so that to engage roses
becomes a geometry—
 
Sharper, neater, more cutting
figured in majolica—
the broken plate
glazed with a rose
 
Somewhere the sense
makes copper roses
steel roses—
 
The rose carried weight of love
but love is at an end—of roses
 
It is at the edge of the
petal that love waits
 
Crisp, worked to defeat
laboredness—fragile
plucked, moist, half-raised
cold, precise, touching
 
What
 
The place between the petal’s
edge and the
 
From the petal’s edge a line starts
that being of steel
infinitely fine, infinitely
rigid penetrates
the Milky Way
without contact—lifting
from it—neither hanging
nor pushing—
 
The fragility of the flower
unbruised
penetrates space
 
 
 
 
VI
 
La rosa è antiquata
ma ciascun petalo finisce in
un filo di lama, la duplice sfaccettatura
che cementa le scanalate
colonne d’aria – Il filo
taglia senza tagliare
incontra – niente – rinnova
se stesso in metallo o porcellana –
 
in che luogo? Finisce –
 
Ma se finisce
l’inizio viene cominciato
in modo che innestare rose
diviene una geometria –
 
Più affilato, più preciso, più tagliente
raffigurato in maiolica –
il piatto in frantumi
con una rosa invetriata
 
Non so dove il senso
crea rose di rame
rose d’acciaio –
 
La rosa portava peso d’amore
ma l’amore è a una fine – delle rose
 
È al filo di lama del
petalo che amore attende
 
Freddo, fatto per sconfiggere
la forzatura – fragile
còlto, succoso, lievitato a metà
freddo, esatto, toccante
 
Quale
 
Il luogo tra il filo di lama
del petalo e il
 
Dal filo del petalo inizia una linea
che essendo d’acciaio
infinitamente sottile, infinitamente
rigida penetra
la Via Lattea
senza contatto – staccandosi
sopra di essa – senza restare sospesa
e senza spingere –
 
La fragilità del fiore
illesa
penetra spazi
 
(da La primavera eccetera eccetera, 1924)

 

I fiori sono centrali e fondamentali in Williams tanto da essere richiamati più e più volte negli anni:

Raleigh Was Right
 
We cannot go to the country
for the country will bring us
                   no peace
What can the small violets tell us
that grow on furry stems in
the long grass among lance shaped
                   leaves?
 
Though you praise us
and call to mind the poets
who sung of our loveliness
it was long ago!
long ago! when country people
would plow and sow with
flowering minds and pockets
                   at ease—
 
if ever this were true.
Not now. Love itself a flower
with roots in a parched ground.
Empty pockets make empty heads.
Cure it if you can but
do not believe that we can live
today in the country
for the country will bring us
                   no peace.
 
 
 
 
Raleigh aveva ragione
 
Non possiamo andare in campagna
perché la campagna non ci darà
                   alcuna pace
Cosa possono mai dirci le violette
che crescono su steli lanuginosi
nell’erba alta tra foglie
lanceolate?
 
Per quanto tu ci lodi
e riporti alla mente i poeti
che cantavano la nostra amabilità
è stato tanto tempo fa!
tanto tanto tempo fa! quando i villici
aravano e seminavano con
menti in fiore e tasche
                   agiate –
se ciò è mai stato vero.
 
Non adesso. Amore stesso un fiore
con radici in un terreno riarso.
Tasche vuote creano teste vuote.
Curalo se ce la fai ma
non credere che possiamo vivere
oggi in campagna
perché la campagna non ci darà
                   alcuna pace.
 
(da “Il cuneo”, 1944)
 
 
 
 
 
 
The Flower
 
This too I love
Flossie sitting in the sun
on its cane
the first rose
 
yellow as an egg the pet
canary
in his cage
beside her caroling
 
 
 
 
Il fiore
 
Anche questo amo
Flossie seduta al sole
sul suo gambo
la prima rosa
 
giallo come un uovo il canarino
di casa
in gabbia
che accanto a lei gorgheggia
 
(da “Le nuvole, 1948)

 

Oltre alla bellissima “Asphodel, That Greeny Flower” – “Asfodelo, fiore che allude al verde” (in “Viaggio verso l’amore, 1955).

Bompiani consegna quindi un’opera voluminosa capace di fotografare il più possibile un poeta americano innamorato delle cose che vede, e osservatore della vita che scorre. Con un pathos drammatico intrinseco mai eccessivo o fagocitante e soprattutto mai disperante totalmente:

                                                         Look at
                                      what passes for the new.
You will not find it there but in
                   despised poems.
                                      It is difficult
to get the news from poems
                   yet men die miserably every day
                                      for lack
of what is found there.
Hear me out
                                      for I too am concerned
and every man
                   who wants to die at peace in his bed
                                      besides.
 
 
 
 
                                                         Guarda
                                      cosa passa per nuovo.
Non lo troverai là, ma in
                   poesie disprezzate.
                                      È difficile
ricevere notizie dalle poesie
                   eppure ogni giorno uomini muoiono miseramente
                                      perché gli manca
ciò che in loro vi si trova.
                   Ascoltami bene
                                      perché anche io sono angustiato
e lo è ogni uomo
                   che vuole morire in pace nel suo letto
                                      come me.

 

Ma soprattutto alla ricerca continua non di una definizione di poesia, ma di una sua sostanza:

A coronal
 
New books of poetry will be written
New books and unheard of manuscripts
will come wrapped in brown paper
and many and many a time
the postman will bow
and sidle down the leaf-plastered steps
thumbing over other men’s business.
 
But we ran ahead of it all.
One coming after
could have seen her footprints
in the wet and followed us
among the stark chestnuts.
 
Anemones sprang where she pressed
and cresses
stood green in the slender source—
And new books of poetry
will be written, leather-colored oakleaves
many and many a time.
 
 
 
 
Una ghirlanda
 
Nuovi libri di poesia si scriveranno
nuovi libri e manoscritti inverosimili
arriveranno avvolti in carta da pacchi
e molte e molte volte
la portalettere si chinerà
e scenderà di sghembo gli scalini spalmati di foglie
ficcanasando negli affari altrui.
 
Ma noi ci siamo portati avanti del tutto.
Chi fosse arrivato in seguito
avrebbe potuto vederne le impronte
nel fango e seguirci
tra i castagni spogli.
 
Anemoni spuntavano dove posava il piede
e i crescioni
s’ergevano verdi nella snella sorgente –
E nuovi libri di poesia
si scriveranno, foglie di quercia color cuoio
molte e molte volte.
 
(da “Poesie”, 1918-1921)
 
 
 
 
 
 
Poem
 
As the cat
climbed over
the top of
 
the jamcloset
first the right
forefoot
 
carefully
then the hind
stepped down
 
into the pit of
the empty flowerpot
 
 
 
 
Poesia
 
Come la gatta
salita in
cima al
 
pensile della marmellata
prima l’anteriore
destra
 
piano piano
poi la posteriore
calata
 
nel pozzo del
vuoto
vaso dei fiori
 
(da “Poesie”, 1929-1935)
 
 
 
 
 
 
The Dish Of Fruit
 
The table describes
nothing: four legs, by which
it becomes a table. Four lines
by which it becomes a quatrain,
 
the poem that lifts the dish
of fruit, if we say it is like
a table—how will it describe
the contents of the poem?
 
 
 
 
Il vassoio di frutta
 
Il tavolo non descrive
niente: quattro zampe, grazie a cui
diviene tavolo. Quattro righe
grazie a cui diviene quartina,
 
la poesia che solleva il vassoio
di frutta, se diciamo che è come
un tavolo – come descriverà
i contenuti della poesia?
 
(da “Le nuvole”, 1948)

 

A un discepolo solitario, titolo che fa riferimento a un testo inserito ne “Al Que Quiere!” (1917) ma simbolicamente anche a quello che sarebbe stato il futuro di William Carlos Williams, ovvero diventare “un santo protettore dei poeti della San Francisco Renaissance e della New York School (Frank O’Hara, John Ashbery, Kenneth Koch) (dalla prefazione) è lo spaccato migliore e più necessario di un’America di cui non conosciamo più nulla se non i Trump, le armi e i Biden. Un’America che probabilmente ha dimenticato i suoi stessi fiori e le sue stesse campagne, i propri dettagli, alla ricerca di un’utopia aggressiva e devastante.

Non oggi, è chiaro, ma per questo poi è il poeta che viene in un aiuto a ricordare che c’è altro oltre la propaganda (perché di propaganda si parla, quasi mai d’informazione). E William Carlos Williams, con le sue luci e le sue ombre (il prefatore, intelligentemente, ricorda che “egli covava invece un risentimento anti-inglese ereditato dalla nonna paterna, per ragioni legate al suo forzato e sofferto allontanamento dalla ricca famiglia londinese che l’aveva adottata. Sarebbe stato questo rancore, per ammissione dello stesso Williams, a fargli commentare con entusiasmo, in versi e in prosa, gli spaventosi raid su Londra dei bombardieri tedeschi nel 1940”, anche se “la sua presa di posizione non era a favore della potenza nazista, ma delle vittime dell’industrializzazione e dell’imperialismo inglese”) ricorda quella sostanza umana dietro (appunto) la propaganda. Anche in un’America così difficile.

Alessandro Canzian

 
 
 
 
The Young Housewife
 
At ten a.m. the young housewife
moves about in negligee behind
the wooden walls of her husband’s house.
I pass solitary in my car.
 
Then again she comes to the curb
to call the ice-man, fish-man, and stands
shy, uncorseted, tucking in
stray ends of hair, and I compare her
to a fallen leaf.
 
The noiseless wheels of my car
rush with a crackling sound over
dried leaves as I bow and pass smiling.
 
 
 
 
La giovane moglie
 
Alle dieci di mattina la giovane moglie
si aggira in negligé dietro
le pareti di legno della casa del marito,
Io passo in auto, solo soletto.
 
E poi lei viene sul marciapiedi e chiama
l’uomo del ghiaccio, l’uomo del pesce, e resta
timida lì, discinta, a ravviare
ciocche scomposte, e a me ricorda
una foglia caduta.
 
Le ruote silenziose della mia auto
corrono sul crepitare di foglie secche
e io mi inchino e passo con un sorriso.
 
(da “Poesie”, 1909-1917)
 
 
 
 
 
 
The World Contracted to a Recognizable Image
 
at the small end of an illness
there was a picture
probably Japanese
which filled my eye
 
an idiotic picture
except it was all I recognized
the wall lived for me in that picture
I clung to it as a fly
 
 
 
 
Il mondo ridotto a un’immagine riconoscibile
 
verso l’esito infausto di una malattia
c’era una stampa
probabilmente giapponese
che mi ha catturato l’occhio
 
una stampa stupida
ma solo quella riconoscevo
la parete viveva per me in quella stampa
mi ci sono attaccato come fossi una mosca
 
(da “Pictures from Brueghel” – “Quadri da Bruegel“, 1962)