Donne di pace nel teatro greco antico


 

Il mondo greco conosce pratiche femminili legate alla mediazione tra le parti nel caso di conflitti, pratiche assegnabili a figure di donne che possono essere a ragione definite operatrici di pace.

Già nell’Odissea spicca il personaggio di Arete, moglie del re Alcinoo, colei che «a coloro che ama, anche uomini, dissolve i contrasti» (Od. VII, 74-77). Anche se qui ci si riferisce, con ogni probabilità, ad un ambito di contese private, tale funzione mediatrice attribuita alla regina è degna di nota. In un analogo contesto di negoziazione familiare, Diodoro (IV 46, 1) ricorda che Medea era solita intercedere presso il padre Eeta per la liberazione degli stranieri prigionieri, destinati altrimenti a una crudele uccisione.

Nella tragedia sofoclea Edipo re, un importante ruolo di conciliatrice viene assunto dalla regina Giocasta, presentata dal coro come colei che sarà in grado di dirimere la lite tra Creonte, suo fratello, ed Edipo, suo marito (Oed. rex 646 ss.). Nelle Fenicie di Euripide (81-85) Giocasta svolge il suo compito pacificatore tra i figli Eteocle e Polinice: «La fretta non porta giustizia. Invece i discorsi lenti portano alla massima sapienza. Smetti lo sguardo terribile e i soffi dell’ira, poiché non vedi la testa tagliata della Gorgone, ma tuo fratello che è venuto. E tu, Polinice, volgi il viso verso tuo fratello: incontrandolo con gli occhi, parlerai e riceverai meglio le sue parole». Il discorso della regina pone l’accento sull’imprescindibilità del legame di sangue, da una parte, e sull’insostituibilità dell’incontro diretto, dall’altra. Giocasta prosegue sottolineando il valore della sua esperienza di persona di età matura ed evidenzia i torti di entrambi i contendenti, esortandoli ad abbandonare gli eccessi. Come sappiamo, però, la disputa è destinata a non risolversi; così ogni tentativo della regina cadrà nel vuoto. Giocasta e la figlia Antigone, decise a fermare Eteocle e Polinice intenti a sfidarsi a duello, arriveranno troppo tardi, quando i due fratelli si saranno ormai uccisi a vicenda.

Nell’Elena di Euripide, il coro delle schiave greche lamenta i mali provocati dalla guerra e ricorda l’esistenza di una via alternativa: la risoluzione delle contese attraverso le parole (Eurip., Hel., 1151-1161). Nella stessa tragedia, funge da mediatrice un’altra donna, la profetessa Teonoe, figlia del re Proteo e sorella del dispotico Teoclimeno, che vorrebbe Elena per sé. Dovendo decidere se denunciare al fratello la presenza di Menelao o se permettere che questi fugga con Elena, Teonoe favorisce Menelao, beneficando, in tal modo, anche il proprio fratello, al quale viene di fatto impedito di commettere un atto empio (Id., Ibid., 1006-1021).

Nella commedia, il caso più noto di pacificazione femminile è rappresentato in Lisistrata di Aristofane, dove le donne delle città coinvolte nella guerra del Peloponneso si alleano e, mediante lo sciopero del sesso, riescono a convincere i loro uomini a siglare la pace. Nel processo di riconciliazione gioca un non trascurabile ruolo la memoria dei benefici che Ateniesi e Spartani si erano scambiati in tempi passati: proprio questa unità di fondo le donne, con Lisistrata in testa, tendono a far riscoprire, con affabilità e garbo, «come si addice a donne» (Arist., Lis., 1114-1118).

Occorre aggiungere che queste figure femminili mediatrici nei conflitti non sono solo rappresentazioni letterarie; è possibile individuarne alcuni esempi nella realtà storica. Tra i vari episodi, riporto quello verificatosi nel 480 a.c., quando i Cartaginesi vennero sconfitti ad Imera dal tiranno Gelone. Diodoro racconta che quest’ultimo concesse la pace ai Cartaginesi a condizioni ragionevoli grazie all’intercessione di sua moglie Demarete, che, pregata dai vinti, aveva cooperato per la fine delle ostilità; a lei i Cartaginesi promisero una corona d’oro in segno di gratitudine (Diod. XI, 26, 1-3).

Possiamo quindi affermare che è diffusa nella Grecia di età classica una narrazione che vede protagoniste le donne in qualità di attive operatrici di pace. Si tratta di figure di alto rango, legate ad entrambe le parti in contesa da vincoli di parentela. Tale raffigurazione trova peraltro riscontro nella storia contemporanea: dallo sciopero del sesso (che tanto ricorda la commedia aristofanea) attuato in Kenya nel 2009 da una Ong femminista a seguito della guerra civile, fino all’impegno da parte delle donne in movimenti nonviolenti nel mondo odierno.

 
 
 
 

Bibliografia essenziale:
A. Cozzo, Donne operatrici di pace nel mondo greco (e non solo) in C. Masseria, D. Loscalzo (cur.), Miti di guerra riti di pace. La guerra e la pace: un confronto interdisciplinare, Edipuglia 2011, pp. 97-104.
G. Providenti, La nonviolenza delle donne, Libreria Editrice Fiorentina 2006.