Una domanda al poeta: Federica Giordano

Una domanda al poeta: Federica Giordano
 
 
 
 
Solo ieri hai imparato la resistenza
e l’arte di mantenere le abitudini
come una grande rete in cui cadere.
Dentro il petto scava una talpa vorace
e lascia paura.
Quando tu mi abbracci, lei smette e attende
l’età adulta.
A quel punto nemmeno l’abbraccio più caldo
che potrò darti arresterà la sua opera di creare abisso.
I nostri petti, di figlia e di madre insieme,
vengono scavati.
Ci abbracceremo ancora e un sogno verde
sarà la nostra resistenza,
radicato in un’idea straniera di futuro,
nella terra smossa.
 
 
Da La luna è un osso secco, Federica Giordano (Marco Saya Editore, 2019)
 
 
 
 

La settimana scorsa abbiamo parlato, con Eleonora Rimolo (QUI), di bene sottoposto per necessità ad autolimitazione, a misura. E di accettazione dell’incomunicabilità come fonte di possibilità d’amare. Eleonora scriveva Quell’abbraccio te lo sei preso tutto, / lo hai sentito premere tra le scapole: / un bene semplice che non ti raggiunge. Tu invece, in relazione a concetti come resistenza, abitudini, una rete in cui cadere, parli di abbraccio come un sogno verde che sarà la nostra resistenza, / radicato in un’idea straniera di futuro, / nella terra smossa. Cos’è questa resistenza nel bene? Cos’è il bene?

 

Alessandro Canzian

 
 
 
 
 
 

Gli affetti costituiscono l’unico sollievo al lavorio mentale dello stare al mondo. La ragione degli uomini viaggia lontana, si espande, crea progresso, ricchezza, avanzamento e anche sfacelo, aridità, caduta. Cosa troviamo bel buco nero di A. Kapoor? Nulla. Per questo precipitiamo. Ma quando si riesce ad “incontrare” davvero un altro essere umano, quando ci si riconosce e quando le nostre parole trovano un destinatario, anche uno solo, noi siamo salvi. Riusciamo a liberarci e a vedere l’aperto che hanno negli occhi gli animali, come nella grandiosa elegia duinese di Rilke.

In questo testo, ho cercato di raccontare una suggestione molto singolare che ho provato quando mia figlia era poco più che neonata e il suo istinto di “aggrapparsi” nelle mie braccia mi creava un turbamento arcaico. Mi sentivo piena di coscienza e consapevolezza, mentre lei spoglia e impreparata, bardata di solo istinto mi insegnava la condizione primaria dell’esistenza. Sono convinta che il futuro della specie umana dipenda dalla capacità di tornare a sentire in maniera arcaica la nostra carne, cosa che ha come conseguenza immediata e importante il sentimento della compassione. Non abbiamo bisogno di distrarci o di ingannare il tempo, abbiamo bisogno di armonia e di profondità. Come direbbe Giancarlo Pontiggia, cosa abbiamo da dire che valga, all’ombra che ci guarda?

Non possiamo fare nulla di più alto che imparare a stare bene in mezzo a un bosco e riuscire a raccontarlo.

 

Federica Giordano