Speciale: un’intervista a Jan Wagner

Fabio Barone: La prima domanda riprende quella posta a fondamento della monografia breve che ho scritto sulla sua opera, ovvero: a quale forza corrisponde, per lei, la parola poetica, e qual è la funzione specifica che lei ne fa scrivendo poesia?

Jan Wagner: Abbreviando, si potrebbe dire: ogni poesia riuscita è un invito ai lettori a scoprire il mondo di nuovo, a pensarlo di nuovo — e a permettersi tutte le libertà che la poesia stessa si permette in lingua e in pensiero (partecipando alla gioia fanciulla del poeta di aggiungere qualcosa all’abituale).

 

FB: Leggendo le sue poesie, ho potuto notare quanto nei suoi versi il susseguirsi di immagini segua un po’ il montaggio cinematografico e un po’ le impressioni immobili della pittura. Per questo le chiedo: come vive il rapporto con gli altri linguaggi artistici, e quanto questi la ispirano nello scrivere versi? — cinema, pittura, musica, scultura, fotografia, danza ecc…

JW: È vero: mi piacciono le metafore visuali, le immagini immediatamente persuasive per l’occhio (e per l’orecchio) ed anche il gioco con cenni narrativi. Vado regolarmente ai musei, sì, visito mostre e sono anche un appassionato di cinema. Però, benché abbia scritto qualche poesia su quadri di, per esempio, Canaletto, De Chirico e Georges de la Tour, gli influssi di altre forme artistiche, secondo me, sono pochi — a parte delle collaborazioni con compositori oppure artisti.

 

FB: Che significato ha per lei, oggi, il termine ‘ispirazione’?

JW: Indubbiamente, ci sono i regali imprevisti, immagini e pensieri completamente sorprendenti e spesso emozionanti — ma con loro comincia il lavoro per rendersi meritevole di questo regalo (e per renderlo valido per un lettore, anche).

 

FB: Seguendo la domanda precedente: Rilke a un certo punto della sua vita, quando incontra Rodin e lo osserva lavorare, dice di volersi liberare dal giogo dell’ispirazione mettendosi al servizio della scrittura come un umile e semplice lavoratore, ogni giorno. Quali sono in merito le sue abitudini?

JW: Affascinante per me è l’azione reciproca fra l‘ispirazione (mancando una parola meno compromessa) e il mestiere, le abilità artigianali indispensabili quando il lavoro attento sul testo risulta in un altro momento improvviso — e adempiente.

 

[Jan Wagner riceve il Premio “Città di Pescara – Sinestetica”. ©Foto di Alessandro Battista]

 

FB: Quali sono ad oggi i suoi punti di riferimento poetico, i poeti che ha letto e assorbito a tal punto da sentirli rivivere, trasformati, nella sua scrittura?

JW: Quando ho cominciato a scrivere ero molto influenzato dai cosiddetti Frühexpressionisten, gli espressionisti prematuri, particolarmente Georg Trakl e Georg Heym. Poco dopo ho scoperto la poesia anglofona, Dylan Thomas, Seamus Heaney, Ted Hughes, Elisabeth Bishop, W.H. Auden ed altri, e senza dubbio ci sono tracce distinte della loro voce sulle poesie che io scrivo oggi.

 

FB: Si è mai interfacciato, in più giovane età, con poeti che lei ha ritenuto dei maestri in questo campo letterario? Se sì, quali?

JW: Non di persona, soltanto nei libri. Ma quando avevo quindici anni, venni a sapere che vicino ad Amburgo visse un poeta in carne ed ossa, un vero poeta reale, Peter Rühmkorf — fu un incoraggiamento enorme.

 

FB: In una personale panoramica della poesia contemporanea attuale, europea, può dirci a suo parere quali sono le voci poetiche più interessanti oggi, e perché?

JW: L’Europa della poesia è straordinariamente vivace, si potrebbero indicare numerosi nomi, per esempio (omettendo la Germania e l’Italia e limitandosi a pochi paesi) Sinéad Morrissey in Irlanda e Aleš Šteger in Slovenia, Valérie Rouzeau in Francia e Nikola Madzirov in Macedonia, Tadeusz Dąbrowski e Julia Fiedorczuk e Tomasz Różycki in Polonia, Halyna Kruk e Serhij Zhadan in Ucraina, Luljeta Leshanaku in Albania e Deryn Reese-Jones nel Galles, Mustafa Stitou e Maria Barnas nei Paesi Bassi e così via — difatti, sono tempi emozionanti per un lettore ed un appassionato di poesia.

 

FB: Qual è lo scopo che secondo lei persegue la scrittura poetica? La conoscenza, una fede, la grazia, una visione del mondo più profonda e sempre diversa?

JW: La poesia è un conforto — e il metodo più sicuro di rimanere giovane per sempre (ma, chissà, forse anche raggiungere un dramma di saggezza allo stesso tempo).

 
 
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In copertina Jan Wagner a Pescara, venerdì 26.05.2023. ©Foto artistica di Alessandro Battista