Speciale Pasqua 2024: Un occhio che ascolta – T.S.Eliot

La redazione di Laboratori Poesia augura a tutti i suoi lettori una Buona Pasqua con uno Speciale in tre parti: Un occhio che ascolta – T.S.Eliot di Marcello Strommillo, La notte oscura di Maria – Giuliano Ladolfi di Paolo Lagazzi (QUI), e Mi dispiace quando ti senti separato da tutto di Rossella Frollà (QUI). Tre diversi modi di leggere la Pasqua e il suo più profondo significato attraverso la poesia. Ricordiamo inoltre, su Samuele Editore, l’augurio dell’Editore con una piccola antologia di testi di Mario De Santis, Umberto Piersanti, Lucianna Argentino, Marcello Strommillo, Mina Campaner, Filippo Passeo e Biagio Accardo (QUI).

 

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Per introdurci

Nel considerare l’opera di T. S. Eliot: Four Quartets desideriamo contribuire con questi spunti e chiavi di lettura:

  1. Il tormento delle parole. Per la tradizione ebraico-cristiana, la creazione del mondo comincia con il gesto di Dio che dà un nome alle cose. Questo atto sarà seguito dal peccato originale e dalla confusione babelica delle lingue. I versi di Eliot attestano il tormento delle parole che si tendono, tormentano, si spezzano nella tensione di ritrovare un’origine, un’esperienza autentica, un silenzio-sorgente. Per dire il mondo, non basta il linguaggio standard del potere, occorre mettere a fuoco il linguaggio perché si scopra voce, musica, immagine. Già il titolo dell’opera rimanda ai quartetti musicali1, al ritmo delle stagioni e all’armonia eraclitea dei quattro elementi che solo in un “concreto vivente” di immagini possono compiere la loro opposizione polare2. Il linguaggio della poesia e della musica rendono possibile e sperimentabile esistenzialmente quello che è teoreticamente impossibile: andare oltre la dialettica: vita-morte-divenire, oltre il “materialismo astratto3”.

  2. L’Incarnazione. Come fenomenologicamente la poesia dei Quartetti di Eliot registra nell’esperienza l’irruzione del “senza tempo nel tempo”? Come la sorgente misteriosa altera per sovrabbondanza ed intensità sensibile i tratti delle stagioni umane? Può il pensiero dell’uomo essere percepito con la stessa intensità sensibile con cui si avverte il profumo di una rosa?

  3. L’involucro dei gesti. Usiamo questa immagine per cogliere un certo sguardo di Eliot sui gesti umani. La poesia è gesto conoscitivo. Fa affiorare una direzione dell’esistere che non coincide spesso con la coscienza che l’uomo ha di se stesso e della sua vita. La poesia registra la rottura dell’involucro. Il trauma-ferita può essere feritoia attraverso cui può affluire vita imprevista, bellezza, conoscenza nuova.

  4. La lingua di fuoco. Può l’assenza-presenza dei morti alimentare la preghiera (la lingua di fuoco) e il destino dei vivi? L’uomo è parte di un fiume temporale in cui ogni nota del passato e del presente si riverbera su tutta la sinfonia, anche futura4. Su ogni atto umano grava il peso dell’eterno che non è da concepire come infinito matematico ma come fuoco amoroso che nell’universo si “squaderna”. Del resto nel mondo poetico di Eliot agisce in maniera non meccanica, ma sicuramente fermentativa il dibattito della filosofia e della fisica moderna5.

  5. Un occhio che ascolta. Il testo di Eliot può essere letto come un annuncio pasquale. Suggerisce la necessità di un nuovo metodo conoscitivo, di una passività ricettiva, di un “occhio che ascolta6”. Nella fine, in ogni fine ci può essere la sorpresa di una sorgente, la possibilità di un nuovo inizio. La vita può essere ri-scoperta come parto. Le immagini che costituiscono le unità fondamentali del linguaggio dei Four Quartes spingono tutte in questa direzione. Toccare il fondo, il lembo ultimo del reale è toccare una sorgente. Occorre però fare un percorso, darsi un metodo poetico e innanzitutto di vita. Il metodo suggerito da questi versi è quello della comunione: infermità, umiltà, sapienza (Logos- S. Giovanni della Croce), amore.

 

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Paragrafo 1.
Il tormento delle parole

da Burton Norton. (I quartetto)

Words move, music moves
Only in time, but that which is only living
Can only die. Words after speech, reach
Into the silence. Only by form, the pattern,
Can words or music reach
the stillness, as a Chinese jar still
Moves perpetually in its stillness.
Not the stillness of violin, while the note lasts,
Not that only, but the co-existence,
Or say that the end precedes the beginning,
And the end and the beginning were always there
Before the beginning and after the end.
And all is always now7.

Eliot fa accadere sotto i nostri occhi la tensione, il movimento delle parole, l’onda sonora che cerca nel tormento una forma, una trama. Le immagini del vaso cinese e della corda tesa del violino esprimono la ricerca nel “concreto vivente” di una quiete (stillness) che non è stasi, ma massima intensità. È un ossimoro che apre a uno scarto ontologico. Un vivificarsi nel tempo dell’istante che si protende verso il silenzio. “Stillness”= quiete non come morte, ma intensificarsi della vita. Le parole si tendono words strain), si incrinano (crack) e a volte si spezzano (and sometimes break), sotto il fardello (under the burden), sotto la tensione (under the tension, scivolano (slip), sdrucciolano (slide), periscono (perish), decadono per imprecisione (decay with imprecision), non stanno a posto (will not stay in place), non stanno ferme (will not stay still). Quest’ultima immagine delle parole che non stanno ferme ci ricorda la vivacità dei bambini. I bambini hanno l’argento vivo addosso. Se sono sani non stanno mai fermi, giocano, si nascondono, sudano, non ne hanno mai abbastanza. Si dimenticano nella creazione e nella beatitudine del gioco. La formula del desiderio delle parole bambine è: “Ancora, ancora…” La formula scolastica della saturazione e della fissazione è: “Basta, non ne posso più…”. Ma chi potrà restituire queste parole-fanciulle? Bellissima è l’immagina nel primo dei Quartetti dei bambini eccitati che giocano come uccellini tra le foglie degli alberi:

Go, said the bird, for the leaves were full of children,
hidden excitedly, containing laughter8.

L’infanzia ci riporta alla densità dell’istante che può essere potenzialmente luogo dell’incontro e della corrispondenza al cuore. Però questo richiede una semplicità. Essere costantemente all’erta:

Quick now, here, now, always9.

L’uomo non sopporta troppa realtà, la vertigine dell’intensità. La parola si spezza, il linguaggio diviene costantemente chiacchiera, la tensione si logora e il fuoco si spegne. Questa inerzia di caduta può essere riscattata solo dall’energia della domanda, della parola che si fa preghiera, supplica. Eliot fa riferimento alla necessità della parola di trovare il deserto, il silenzio. Il riferimento è ai dieci livelli della scala d’amore di Giovanni della Croce. Occorre un cammino iniziatico per rientrare in se stessi, abitare l’oscurità10.

 

da EAST COKER (II Quartetto) L’intollerabile lotta

Nel secondo movimento il linguaggio poetico è evocato come “perphrastic study”. La poesia può dire la verità, ma solo “perifrasticamente”, in maniera obliqua, girando attorno, “peri”, al cuore del significato, tendendo asindoticamente all’Assoluto fuoco.

That was a way of putting it- not very satisfacty:
A periphrastic study in a worn-out poetical fashion,
Leaving one still with the intolerable wrestle
With words and meanings. The poetry does not matter11.

The poetry does not matter. La poesia non conta. In che senso la poesia non conta? La poesia è solo segno precario, perfettibile che rimanda ad altro, all’esperienza che la genera, alla tensione dell’incontro sempre nuovo con il reale. Con la sua forza metrica e musicale la poesia può solo contribuire a rimettere il soggetto nella danza del cosmo, può riaprire la mente individuale alla comunione dell’universo. La mente malata dell’uomo rinchiusa nella terra del suo io egoico-bellico può rimettersi in una posizione di ascolto, di passività attiva, ricettiva. La lotta è perenne (the intolerable wrestle). Ciò che l’uomo crede di sapere già, le conoscenze acquisite e non rigenerate dall’esperienza sempre nuova, le parole ri-dette e non riscoperte nella loro origine amorosa finiscono per imporre al reale uno schema, un ordine inautentico. Ciò che è già conosciuto e posseduto cognitivamente può diventare una gabbia.

The knowledge imposes a pattern, and falsifies,
For the pattern is new in every moment
And every moment is a new and shocking
Valuation of all we have been. We are only undeceived
Of that which, deceiving, could no longer harm.
In the middle, not only in the middle of the way
But all the way, in a dark wood, in a bramble,
On the edge of a grimpen, where is no secure foothold,
And menaced by monsters, fancy lights,
Risking enchantment12.

In questa lotta, l’uso delle parole deve fare i conti con frequenti fallimenti che si sperimentano nel tentativo di cogliere la trama sempre mobile dell’esperienza. L’imprecisione del sentimento e squadre indisciplinate di emozioni confondono, destabilizzano13. Occorre l’apertura continua a un nuovo inizio:

Trying to use words, and every attempt
Is a wholly new start, and a different kind of failure
Because one has only learnt to get the better of words
For the thing one no loger has to say, or the way in which
One is no longer disposed to say it. And so each venture
Is a new beginning, a raid on the inarticulate
Whith shabby equipment always deteriorating
In the general mess of imprecision of feeling,
Undisciplined squads of emotion.14

 

da The DRY SALVAGES. (III quartetto). La grande dimenticanza

Il terzo quartetto si apre con l’immagine antichissima del fiume/Logos che costituisce la trama della nostra vita. Il fiume è rappresentato come un dio bruno. Nel suo tentativo tecnico di costruire grandi ponti sul fiume, l’uomo dimentica il fiume, i grandi ritmi della vita e della morte, il suo destino: il tempo che entra nell’eterno, il fiume che si fa mare:

The sea has many voices,
Many gods and many voices15.

L’inondazione del fiume violentemente ricorda quello che l’uomo vuole dimenticare nella confusione babelica delle lingue e di nozioni superficiali di evoluzione storica. Il fiume/ logos non è più un dato, un dono che precede la mente dell’uomo ma solo un problema, una risorsa da sfruttare.

I do not know much about gods; but I think that the river
Is a strong brown god – sullen, untemed and intractable,
Patient to some degree, at first recognized as a frontier;
Useful, Untrustworthy, as a conveyor of commerce;
Then only a problem confronting the buider of bridges.
The problem once solved, the brown god is almost forgotten
by the dwellers in cities – ever, however, implacable,
Keeping his season and rages, destroyer, reminder
Of what men choose to forget16.

Nel corso di questo terzo quartetto ritornerà l’immagine della trama, dell’ordito. C’è qualcosa che l’uomo dimentica sempre. Il grande peccato è la dimenticanza.

It seems, as one becomes older,
That the past has another pattern, and cease to be a mere sequence-
Or even development: the latter a partial fallacy
Encouraged by superficial notions of evolution,
Which becomes, in the popular mind, a means of disowning the past17.

 

da Little Gidding (IV Movimento). La colomba di fuoco

Nel quarto movimento troviamo la scoperta che la preghiera è più che un ordine di parole.

And prayer is more
Than an order of words, the conscius occupation
Of the praying mind, or the sound of the voice preying18.

La lingua si avvicina al fuoco che affina19, dentro il quale l’anima dell’uomo deve muoversi come un danzatore. È come se la parola incompiuta dei defunti potesse compiersi solo nel fuoco della preghiera dei vivi. È un legame misterioso di memoria e di amore viscerale.

And what the dead had no speech for, when living,
They can tell you, beging dead: the communication
Of the dead is tongued with fire beyond the language of the living20.

Tutto è sempre nuovo o non è, incenerisce. Solo un amore presente genera parole vere:

For last year’s words belong to last year’s language
And next year’s words await another voice21.

Ecco il grande passaggio, l’opzione: le parole devono farsi “voce”, lingua di spirito incarnato, “ Here, the intersection of the timeless moment”22.

La colomba di fuoco23 come il bombardiere della seconda guerra mondiale porta il fuoco che può essere inizio di distruzione- morte o nuova vita, segno pentecostale. La rosa (lingua-voce-poesia-vita) può bruciare nominalisticamente e nichilisticamente o farsi fuoco di vita, rosa dantesca di beatitudine.

And the fire and the rose are one24

Perché i fonemi disarticolati della lingua si facciano “voce”, è necessaria un’esperienza autentica di vita, un incontro reale25, una purificazione dagli idoli della tribù:

Since our concern was speech, and speech impelled us
To purify the dialect of the tribe
And urge the mind to aftersight and foresight,
Let disclose the gifts reserved for age
To set a crown upon your lifetime’s effort26.

 

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Paragrafo 2.
La quinta stagione

L’irruzione dell’eterno nel tempo fa splendere nel “concreto vivente” i dettagli della realtà. Un “fuoco pentecostale” lascia intatti i fattori della realtà ma li immerge amnioticamente in una nuova stagione, come una quinta stagione. Lo spirito ri-crea una nuova natura in cui la tensione polare presente nella realtà raggiunge un suo acme misterioso. Tutto è concreto e reale ma esploso in una nuova vibrazione, linfa. Nel mezzo dell’inverno fiorisce una strana primavera, una stagione a sé, intrisa d’acqua e di luce, sospesa tra ghiaccio e sole, tra polo e tropico.

Midwinter spring is its own season
Sempiternal though sodden towards sundown,
Sospended in time, between pole and tropic.
When the short day is brightest, with frost and fire,
The brief sun flames the ice, on pond and ditches,
In windless cold that is the heart’s heat,
Reflecting is a watery mirror
A glare that is blindness in the early afternoon
And glow more intense than blaze of branch, or brazier,
Stirs the dumb spirit: no wind, but Pentecostal fire
In the dark time of the years. Between melting and freezing
The soul’s sap quivers. There is no earth smell
or smell of living thing. This is the spring time
But not in time’s covenant. Now the hedgerow
Is blanched for an hour with transitory blossom
Of snow, a bloom more sudden
Than that of summer, neither budding nor fading,
Not in the scheme of generation27.
Where is the summer, the unimaginable
Zero summer?

Versi in cui l’anima diventa concreta. Si può sentire in questi versi l’odore dell’anima e il profumo del pensiero con la stessa concretezza di una siepe e della neve. Tra gelo e disgelo la linfa dell’anima trema. Che stato esistenziale è questo? Che stagione è? In un bagliore accecante accade una quinta stagione che illumina e dà senso a tutte le altre quattro. Il ritmo delle stagioni, la ripetizione, i quartetti sinfonici che inseguono una musica sincopata ed atonale trovano in questi versi il loro centro misterioso, il grado zero del tempo e della scrittura. Ma nessuna fuga nell’astratto. Tutto è vicino, concreto, più concreto di sempre. È un pomeriggio noto di mezzo inverno eppure risplende di una luce misteriosa di primavera.

Ecco il tessuto fonico semantico dei vocaboli che esprimono il polo della luminosità che desta lo spirito muto (dumb spirit):

Glare-glow-blaze-flames (bagliore, incandescenza, splendore, brillantezza, radiosità).

Ecco i vocaboli della fioritura: bloom, budding, blosson.

All’opposto i vocaboli del ghiaccio e dell’inverno: ice, frost, freezing.

Il polo (i ghiacci, l’inverno) e il tropico (fuoco, estate) si oppongono, ma si compenetrano nell’ordine del Logos (Eraclito), nel concreto vivente dell’avvenimento di Cristo. Opposizione polare, non contraddizione, così emerge la totalità del reale. Il vero mistico non è colui che cerca il fondo delle cose in un altrove, ma colui che come Eliot vede il fondo brillare nella trama ordinaria delle cose, di un pomeriggio di mezzo inverno.

 

Il guscio

Immersi in questa nuova stagione, in questo liquido amniotico si scopre che ogni immagine è tesa28, un pretesto, un involucro, una spinta. Pretesto non significa svuotamento, ma pienezza di segno, frutto turgido che prepara nuovi parti, nuovi semi. Il pensiero dell’uomo non può comprendere il compimento finale, lo scopo. Lo pre-sente, lo fra-intende, lo immagina, si può aprire alla lacerazione dello scarto. È questo il modo che l’uomo ha di dire “sì” al destino. Obbedire è cedere.

              And what you thought you came for
Is only a shell, a husk of meaning
From wich the purpose breaks only when it is fullilled
It at all. Either you had no purpose
Or the purpose is beyond the end you figured
And is altered in fulfilment29.

 

La lingua di fuoco

Qualsiasi sia la strada da cui si proviene, il destino dell’uomo si compie nel gesto di inginocchiarsi, nell’ascoltare nella propria memoria-preghiera il respiro-parola di chi ci ha preceduto. Il fuoco dei morti brucia nella lingua dei vivi che si fa preghiera. Solo la preghiera, cioè la domanda spalancata sul mistero, connette in una “trama” la storia del singolo uomo e delle generazioni nei secoli dei secoli. I morti continuano a parlare nella preghiera dei vivi. Compiono le domande lasciate interrotte nelle loro vite. I morti risuscitano nel respiro dei vivi come alito soffiato sul vetro sottile del tempo:

And what the dead had no speech for, when living,
They can tell you, being dead: the communication
Of the dead is tongued with fire beyond the language of the living30.

È un atto di carità e di civiltà non interrompere questa misteriosa comunicazione tra le generazioni. È questa una delle vocazioni della poesia.

 

Un occhio che ascolta

Il testo di Eliot può, tra innumerevoli chiavi di lettura (è testo sinfonico e stratificato) essere letto come un annuncio pasquale che suggerisce un preciso metodo conoscitivo per aderire alla struttura dell’esperienza. La struttura dell’esperienza è fenomenologicamente precisa.

1. L’infermità Occorre innanzitutto riconoscere “l’infermità” della condizione umana, una misteriosa ferita.

Our only health is the disease
If we obey the dying nurse
Whose constant care is not to please
But to remind of our, and Adam’s curse,
And that, to be restored, our sickness must grow worse31.

La terra intera è il nostro ospedale e vivere è essere in pericolo. Nessuna forma o legge o saggezza antica può preservare dall’abisso. Non è una questione di valori. “La vita è pericolosa, scrive R. Guardini. Non ce ne si può fidare. Essa è infedele, se per fedeltà s’intende che presunte sicurezze garantiscano in futuro delle cose d’oggi e d’ieri. Non esistono nemmeno sicurezze durevoli che assicurino che in seguito si verificheranno cose in determinate maniere”32. L’uomo sperimenta un continuo scarto tra le sue “buone” intenzioni e le sue realizzazioni. Tra l’intenzionalità e l’atto c’è sempre una linea d’ombra. Anche le più sottili trame concettuali spesso generano idoli. Ideologie. Tutta la storia del Novecento ne è stata insanguinata. E allora quale potrebbe essere la forma nuova del pensiero?

 

2. Oltre l’ideologia. Una nuova forma del pensiero

Nel suo testo dedicato a Dante, autore fondamentale per Eliot, scrive Filippo La Porta: “Si potrebbe rinvenire nella Commedia un paradigma conoscitivo diverso- scandito dalle tante immagini di influenza materiale tra due corpi, dal raggio nell’acqua, dall’azione incorporea della luce, dal calore del sole- tale per cui la conoscenza si configura non tanto come esplorazione, come bruciare ogni meta, quanto come capacità di attenzione e attesa, come passività vigile, come aspettare che la verità delle cose ci raggiunga, come un abbandono alla realtà stessa”33. Attenzione. Attesa. Immobilità ricettiva. Ecco i versi di Eliot in East Coker in cui in cui sentiamo il respiro di San Giovanni della Croce. L’atto del conoscere e dell’amore è tutto nell’attesa che la verità visiti, in cui “l’occhio ascolta”, si mette a disposizione totale di colui che sta guardando (il concreto vivente, cioè l’altro):

I said to my soul, bell still, and wait without hope
For hope would be hope for the wrong thing;
                       wait without love,
For love would be love of the wrong thing;
                       there is yet fait
But the faith and the love and the hope are all in the waiting.
Wait without thought, for you are not ready for thought:
So the darkness shall be the light, and the stillness the dancing34.

La danza è l’inizio. La rottura di ogni meccanismo. L’universo è musica danzante. La struttura poetica è danza in cui ogni parte musicalmente è in movimento e può essere colta solo in rapporto al movimento del tutto. Imprescindibile è custodire l’inizio. L’inizio è il mistero sorgivo della libertà. L’alba.

Dawn points, and another day
Prepares for heat and silence. Out at sea the dawn wind
Wrinkles and slides. I am here
Or there, or elsewhere. In my beginning35.

In sintesi la forma nuova del pensiero assume la forma di uno svelamento, di un lasciarsi pervadere e guidare dal Logos-fiore (Rosa dei beati dantesca=sovrabbondanza di vita). Anche A. Rimbaud, dopo la sua discesa infernale e l’azzeramento di ogni astratto e borghese valore (la carta dei valori della vecchia Europa dell’Ottocento), aveva visto con il suo “occhio che ascolta” l’inizio di una nuova impresa:

La primière entreprise fut, dans le sentier déjà empli
de frais et blê mes éclats, un fleu qui me dit son nom36.

La grande impresa conoscitiva come una battaglia mattutina è un ascolto. In questo ascolto siamo tutti infanti, bambini, balbettanti. Scrive Taschini: “Infant, sin dall’etimologia del termine, è colui che non ha (ancora) l’uso della parola: Verbum infans è dunque un’affermazione paradossale, esplicata nell’ossimoro the Word not able to speak a word, che Eliot avrebbe ripreso letteralmente nel suo Gerontion, ma che può essre scorto anche nella silent Word di As Wednesday37.

 

3. L’umiltà

Questa disponibilità all’Essere per esser-ci passa attraverso la riscoperta continua dell’umiltà che non è mai il possesso definitivo di una virtù, quanto l’emergere di un’energia infinita di adesione alle forze cosmiche della terra (humus), dell’acqua, del fuoco, dell’aria; elementi che si incontrano, scontrano, si compenetrano in una danza, in un’armonia mai contraddittoria, ma turgida di vita nuova.

The only wisdom we can hope to acquire
Is the wisdom of humility: humility is endless38.

Per l’infermità originale tutto decade sempre. Tutto crolla. Tutto precipita nel buio.

The houses are all gone under the sea.
The dancers are all gone under the ill39.

Ogni pensiero, di istante in istante, si cristallizza in dottrina. Anche il passo più nobile e lo slancio più elevato si spengono subito. Quello che soccorre non è nemmeno la saggezza dei vecchi. Semmai occorrerebbe la loro follia, il fuoco che li mosse, lo spirito creatore della loro giovinezza eterna. È una vertigine. Stare fermi (stillness) è il movimento massimo, l’intensità, l’impresa del vaso mattutino che si riceve dalle mani del suo Creatore e continua da lui ad essere lavorato istante per istante.

 

4. La comunione

Da questa “fermezza” di fronte al mistero, da questa vertigine, non nasce per Eliot un astratto naufragio mistico, ma la forza amorosa di una più profonda comunione, una nuova spinta-parto all’unione fedele alla propria esperienza concreta e a quella dei propri fratelli nella storia. Tutto accade nel dettaglio della propria circostanza. Nella comunione vissuta. Da qualsiasi punto o strada sia partita la vicenda umana di ogni uomo, si può riconoscere il volto buono del mistero che ci ha e-vocato e fatto camminare attraverso precise ed uniche circostanze storiche e geografiche40. Perché il prodigio sia letto come “segno” occorre la libertà.

We must be still and still moving
Into another intensity
For a further union, a deeper communion41.

Marcello Strommillo

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

1 Per Eliot il più alto grado di fruizione del testo poetico coincide con la percezione del suo tessuto ritmico e musicale. Scrive il poeta in una pagina di La musica della poesia (The Music of Poetry, 1943): “Penso che un poeta abbia molto da guadagnare dallo studio della musica…son convinto che il senso del ritmo e quello della struttura siano le proprietà musicali che più da vicino interessano il poeta…L’impiego di temi ricorrenti è per la poesia tanto naturale quanto per la musica. Per il verso ci sono possibilità che hanno qualche somiglianza con lo sviluppo di un tema suonato da gruppi differenti di strumenti; in una poesia si possono realizzare mutamenti paragonabili ai diversi movimenti di una sinfonia o di un quartetto; un dato soggetto può essere variato in via contrappuntistica. il germe della poesia può essere stimolato più in un concerto da camera che in teatro d’opera”. La citazione da Eliot è contenuta nell’introduzione di Filippo Donini, Quattro quartetti di Eliot, Garzanti, 1979, p. XXII.

2 Per il concetto di opposizione polare nella linea di un superamento della dialettica hegeliana si veda il testo: Romano Guardini, L’opposizione polare, Saggio per una filosofia del concreto vivente, La civiltà cattolica, 1985. La sensibilità di Romano Guardini ci sembra una chiave di lettura adeguata per avvicinarci al ricco e complesso mondo di Eliot dei “Quattro quartetti”. Scrive Guardini: “Noi sperimentiamo la vita come un fiume.- La figura del fiume appartiene alla modalità d’esperienza vissuta (Erlebnis) della nostra esistenza. La nostra rappresentazione del tempo è legata a questa forma della vita quale essa si esperisce. Soprattutto il tempo che possiamo chiamare interno, il tempo vivente…La consapevolezza che la vita è atto e corrente può farsi dominante al punto che tutta la concezione dell’essere può esserne improntata. Pensiamo ad Eraclito; all’attivismo, pragmatismo e personalismo dinamico del nostro tempo; alla tonalità di fondo dell’impressionismo nella poesia e nella pittura; all’impulso di fondo di figurazioni dell’uomo come quelle che si chiamano <gotiche> o <faustane>” (Guardini, op. cit. p. 38).

Proprio da due citazioni di Eraclito muovono i Quartetti di Eliot:

“Sebbene il Logos sia universale, molti vivono come se avessero una propria Sapienza”. “La via verso l’alto e verso il basso è una sola e la stessa”. Eraclito

3L’espressione “materialismo astratto” è del filosofo e matematico Alfred North Whithead. Si veda: Science and the modern World, New York, New American Library, 1948.

4 Per approfondimento si veda: T. S. Eliot, Tradizione e Talento individuale, in Il bosco sacro, Bompiani, 2016

5 Per una puntuale ricostruzione del dibattito filosofico e scientifico che fa da humus e da lievito alla ricerca poetica di Eliot, si rimanda alle pagine introduttive di Andrey Taschini, T.S. Eliot, Quattro Quartetti, Bompiani, 2022. In queste pagine viene messa a fuoco la ricchezza della ricerca di Eliot attraverso lo studio della metafisica di Francis Herbert Bradley, delle traiettorie della fisica contemporanea, del linguaggio dei poeti metafisici inglesi, in particolare Lancelot Andrewes, John Donne. Autore centrale per Eliot è Dante. Si veda: T. S. Eliot, Scritti su Dante, Bompiani, 2001. Per Eliot, il linguaggio di Dante è un linguaggio intensivo nel quale l’allegoria è una successione di immagini coerenti le une con le altre che culmina in una meditazione sulla luce come immagine perfetta del divino.

6 “L’occhio che ascolta” è il titolo di un’opera di Paul Claudel, è la qualità che Von Balthasar individua nella visione di Guardini e chi scrive nella tensione poetica e profetica di T. S. Eliot. Si veda la prefazione di Diego Javier Fares, L’arte di guardare il mondo, introduzione a Romano Guardini, L’opposizione polare; La civiltà cattolica, 1985.

7 Le parole si muovono, la musica si muove/ Solo nel tempo, ma ciò che soltanto vive/ Può soltanto morire. Le parole, dopo il discorso, si protendono / Nel silenzio. Soltanto attraverso la forma, la trama, / Possono parole o musica raggiungere / La quiete, come un vaso cinese immobile / Si muove perpetuamente nella sua quiete./ Non la quiete del violino, fino a che la nota dura, / Non quella soltanto, ma la co-esistenza, / O diciamo che la fine precede l’inizio, / E la fine e l’inizio erano sempre là/ Prima dell’inizio e dopo la fine. / E tutto è sempre ora.

8 Via, via, via, disse l’uccello, poiché le foglie erano piene di bambini,/ trattenendo le risate.

9 Presto ora, qui, ora, sempre.

10 Per un percorso in questa direzione della poesia come profezia: Marco Guzzi, La profezia dei profeti, Bergamo, Moretti e Vitali, 2002.

11 Questo era un modo di metterla- non molto soddisfacente: / Uno studio perifrastico in un logoro stile poetico,/ Che ancora ci lascia con l’intollerabile lotta/ Con parole e significati. La poesia non importa”.

12 La conoscenza impone una trama, e falsifica,/ Poiché la trama è nuova in ogni momento/E ogni momento è una nuova e sconcertante / Valutazione di tutto ciò che siamo stati. Non siamo ingannati solo / Da ciò che, ingannando, non può più nuocere. / Nel mezzo, non solo nel mezzo del cammino/ Ma in tutto il cammino, in una selva oscura, in un roveto,/ Sull’orlo di un pantano, dove non c’è alcun saldo appoggio/ E minacciati da mostri, da luci fantastiche,/ Rischiando l’incantesimo.

13 Già nei Cori da “La Rocca” Eliot aveva mostrato la fenomenologia delle parole che devono riscattarsi dalla fanghiglia dell’imprecisione e dalla grandine dei sentimenti approssimativi per disporsi in un ordine del discorso e in una bellezza dell’incanto: “Dalla fanghiglia delle parole, dal nevischio e dalla grandine/ delle imprecisioni verbali,/ Dei pensieri e dei sentimenti approssimativi, delle parole/ che hanno sostituito i pensieri e i sentimenti, /Sorge l’ordine perfetto del discorso, e la bellezza/ dell’incanto”. (T. S. Eliot, Cori da “La Rocca”, Rizzoli, Milano 1994, Coro IX, p. 119)

14 Cercando di usare parole, e ogni tentativo/ È una partenza interamente nuova, e un diverso tipo di fallimento/ Perché si è appreso soltanto a trarre il meglio dalle parole/ Per dire la cosa che non si ha più da dire, o il modo in cui/ Non si è più disposti a dirlo. E così ogni impresa / È un nuovo inizio, un’incursione nell’inarticolato/ Con logoro equipaggiamento che sempre si deteriora/ Nel generale disordine dell’imprecisione di sentimento,/ Indisciplinate squadre di emozioni.”

15 Il mare ha molte voci, / Molti dei e molte voci.

16 Non so molto degli dei; ma penso che il fiume / Sia un forte dio bruno- scontroso, indomito e intrattabile,/ Paziente fino a un certo punto, dapprima riconosciuto come una frontiera; / Utile, inaffidabile, come un latore di commercio;/ Poi soltanto un problema per il costruttore di ponti. / Una volta risolto il problema, il dio bruno è quasi dimenticato / Dagli abitanti nelle città- sempre, tuttavia, implacabile,/ Mantenendo le sue stagioni e le sue furie, distruttore, ricordo/ di ciò che gli uomini scelgono di dimenticare”.

17 Sembra, man mano che si diventa vecchi,/ Che il passato abbia un’altra trama, e cessi di essere una mera sequenza-/ O persino sviluppo: quest’ultimo una parziale fallacia/ Incoraggiata da superficiali nozioni di evoluzione,/ che diviene, nella mente popolare, un mezzo per ripudiare il passato”.

18 E la preghiera è più / Che un ordine di parole, l’occupazione cosciente / Della mente che prega, o il suono della voce che prega”.

19 Di errore in errore l’esasperato spirito / Procede, se non restaurato da quel fuoco che affina/ Dove devi muoverti con misura, come un danzatore.

20 E quello per cui i morti non avevano parola, da vivi, / Possono dirtelo, essendo morti: la comunicazione / Dei morti è lingua di fuoco oltre il linguaggio dei vivi.

21 Poiché le parole dell’anno scorso appartengono al linguaggio dell’anno scorso/ E le parole dell’anno prossimo attendono un’altra voce”.

22 Qui, l’intersezione del momento senza tempo.

23 dopo che la colomba oscura dalla lingua fiammeggiante / Era passata sotto l’orizzonte del suo ritorno

24 And the fire and the rose are one

25 Sopra l’asfalto dove non era altro suono/ Fra tre quartieri onde saliva il fumo/ Incontrai uno che camminava, indugiante e frettoloso.

26 Poiché il nostro intento era la parola, e la parola ci spinse/ A purificare il dialetto della tribù/ E incitare la mente alla visione di passato e futuro, / Lasciami dischiudere i doni riservati all’età / Per porre una corona sui tuoi sforzi di tutta una vita.

27 Primavera di mezzo inverno è stagione a sé/ Sempiterna benché intrisa d’acqua verso il tramonto,/ Sospesa nel tempo tra polo e tropico./ Quando il corto giorno è più splendente, di brina e fuoco,/ Il breve fuoco infiamma il ghiaccio, sullo stagno e i fossi,/ Nel freddo senza vento che è calore del cuore, / Riflettendo in uno specchio acqueo / Un bagliore che è cecità nel primo pomeriggio/ E luminiscenza più intensa che vampa di ramo e braciere, / Desta lo spirito muto: non vento, ma fuoco pentecostale/ Nel tempo oscuro dell’anno. Tra disgelo e gelo/ La linfa dell’anima trema. Non c’è odore di terra / O odore di cosa viva. Questo è il tempo di primavera / Ma non nel patto del tempo. Adesso la siepe / Is blanched for an hour with transistory blossom/ Of snow, a bloom more sudden / Than that of summer, neither budding nor fading, / Not in the scheme of generation./ Where is the summer, the unimaginable / Zero summer?

28 Sentiamo nei versi di Eliot una consonanza con la tensione genetico-conoscitiva di Clemente Rebora. Si veda in particolare il testo di Rebora: “Dall’immagine tesa”.

29 E quello per cui pensavi di essere venuto/ È solo un guscio, una buccia di significato / Da cui si schiude lo scopo solo quando esso è adempiuto / Se mai lo sarà. O non avevi uno scopo / o lo scopo è oltre il fine che immaginavi / Ed è alterato nell’adempimento.

30 E quello per cui i morti non avevano parola, da vivi, / Possono dirtelo, essendo morti: la comunicazione/ Dei morti è lingua di fuoco oltre il linguaggio dei vivi.

31 La nostra unica salute è la malattia/ Se ubbidiamo all’infermiera morente/ La cui cura costante non è di piacere/ Ma di ricordarci della nostra maledizione, e di quella di Adamo, / E che, per essere restaurati, la nostra malattia si deve aggravare.

32 R. Guardini, op, cit. pp.72-73

33 Filippo La Porta, Come un raggio nell’acqua, Dante e la relazione con l’altro, Salerno Editrice Roma, 2021, p. 30

34 Dissi alla mia anima, stai ferma, e attendi senza speranza/ Poiché la speranza sarebbe speranza per la cosa sbagliata; attendi senza amore, / Poiché l’amore sarebbe amore per la cosa sbagliata; ancora c’è la fede/ Ma la fede e l’amore e la speranza sono tutte nell’attesa./ Attendi senza pensiero poiché non sei pronto per il pensiero:/ Così il buio sarà la luce, e la quiete la danza”.

35 Spunta l’alba, e un altro giorno/ Si prepara a calore e silenzio. Al largo sul mare il vento dell’alba / Increspa e scivola. Io sono qui/ O là, o altrove. Nel mio inizio.

36 La prima impresa fu, nel sentiero già pieno / di freschi e smorti fulgori, un fiore che mi disse il suo nome.

37 A. Taschini, Saggio introduttivo a: T. Eliot, Quattro Quartetti, Bompiani, 2022, p. 95

38 La sola saggezza che possiamo sperare di acquisire/ È la saggezza dell’umiltà: l’umiltà è infinita.

39 Le casa sono tutte andate sotto il mare./ I danzatori sono tutti andati sotto la collina.

40 Per ogni quartetto Eliot scelse come titolo il nome di un luogo dal particolare valore emotivo e spirituale legato alla sua esperienza biografica, familiare e storica.

41 Dobbiamo essere quieti e nella quiete muoverci / In un’altra intensità/ Per una nuova unione, una più profonda comunione (East Coker).