La redazione di Laboratori Poesia augura a tutti i suoi lettori una Buona Pasqua con uno Speciale in tre parti: Un occhio che ascolta – T.S.Eliot di Marcello Strommillo (QUI), La notte oscura di Maria – Giuliano Ladolfi di Paolo Lagazzi, e Mi dispiace quando ti senti separato da tutto di Rossella Frollà (QUI). Tre diversi modi di leggere la Pasqua e il suo più profondo significato attraverso la poesia. Ricordiamo inoltre, su Samuele Editore, l’augurio dell’Editore con una piccola antologia di testi di Mario De Santis, Umberto Piersanti, Lucianna Argentino, Marcello Strommillo, Mina Campaner, Filippo Passeo e Biagio Accardo (QUI).
Nell’immenso edificio spirituale e sapienziale del cristianesimo nessuna creatura umana più della Vergine Maria è insieme chiara, tersa, trasparente e aureolata di sensi arcani: simile a un cielo senza nubi, luminosa come una stella, candida come una colomba, semplice e specchiante come acqua cristallina, e insieme immersa in un destino d’umiltà, di silenzi e dolore, vicinissima a noi eppure irraggiungibile nella sua assoluta innocenza, nella sua resa totale alla volontà di Dio, Maria è, secondo Giacomo di Sarug, “come una lettera sigillata / in cui furono nascosti il mistero del figlio / e le sue profondità”. Per due millenni i più diversi esegeti, mistici, padri della Chiesa, santi, teologi, poeti o artisti della visione hanno tentato con risultati diversi – a volte trascinanti come fugati di Händel, a volte vibranti della sofferenza di chi tenta di scalare vette impossibili – di avvicinarsi non solo alla verità escatologica di Maria ma alla sua realtà creaturale, alla sua vita terrena, ai suoi sentimenti e pensieri. (Una vasta, bellissima scelta di testi in prosa e in versi a lei dedicati, concepiti dal primo secolo fino al Novecento, è apparsa nel 2000 in un “Meridiano” intitolato semplicemente Maria, curato dalla Comunità di Bose.) Per quanto gli evangelisti riportino pochissime parole della Madonna, mantenendo il più completo riserbo sulla sua vita quotidiana, le loro scarne ma sublimi pagine hanno fornito spunti di tale intensità e forza agli innamorati della bellezza suprema di lei da spingerli ai più appassionati e ingegnosi commenti teologici, a note in margine lucenti come fiamme, a fantasticherie quasi infinite, ricche di riverberi come tarsie musive. Fra i passi dei Vangeli che hanno al centro Maria, uno in particolare ha colpito gli uomini nel tempo: quello di Luca in cui Simeone predice alla madre di Gesù che il figlio sarà “segno di contraddizione”, e che a causa sua lei sarà trafitta nell’anima da “una spada” (a questo passo si è ispirato Eliot per A song for Simeon). A quale spada si riferisce Simeone, e in che modo essa arriverà a trafiggere Maria? Certamente questa spada è il dolore incomparabile (“al di sopra di ogni comprensione umana”, come ha scritto Pietro di Giovanni Olivi) che la Madonna proverà di fronte alla Passione del Figlio. Secondo alcuni interpreti antichi e moderni, però, le parole di Simeone non annuncerebbero solo questa sofferenza ma anche l’insieme dei “pensieri assurdi” a cui Maria sarebbe giunta sotto la croce (Cirillo di Alessandria), la confusione del suo spirito nella morsa di un tale tormento (Simone Metafraste), il vortice dei dubbi affiorante allora in lei (Kierkegaard). Interpretazioni simili della “spada” di Simeone sono audaci, ma legano ancora più profondamente Maria al Figlio se ripensiamo alle parole di lui morente riportate da Marco e Matteo: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”. Forse, proprio come Gesù, Maria si è sentita abbandonata da Dio…
Intorno a tale, sconvolgente ipotesi Giuliano Ladolfi ha tessuto un coraggioso, vertiginoso poemetto cadenzato in sequenze che trascrivono i pensieri della Vergine dopo la morte e la sepoltura di Gesù, prima della sua impensabile Resurrezione (La notte oscura di Maria, puntoacapo Editrice, prefazione di Giuliano Greco, postfazione di Ivan Fedeli). Per molti secoli (e per certi versi anche oggi) il dolore di Maria davanti alla croce è stato concepito dai cristiani come un sentimento eroico e ardente, come un’esperienza capace di ferire atrocemente ma insieme di trascinare lo spirito verso l’infinito, verso la salvezza. Nei pensieri che Ladolfi attribuisce alla madre di Gesù, invece, ciò che si apre come una voragine è il dubbio gelido, radicale dell’Assurdo senza redenzione, del Male Assoluto, del Mysterium Iniquitatis. Dov’è adesso Dio? Perché ha lasciato che il suo dolcissimo, giustissimo figlio venisse crudelmente ucciso? Domande come queste ne innescano altre: perché Dio ha creato lei, Maria? perché ha creato gli uomini, solo per farli soffrire e morire? Nessuna voce risponde alla Vergine: forse, in questa notte senza fondo, Dio non ha più nemmeno un nome, o il suo vero nome è “grande Silenzio”…
Come nella “notte oscura” attraversata da san Giovanni della Croce, e da lui evocata in pagine celebri, nel poemetto di Ladolfi Maria arriva a sentire il silenzio di Dio come Nonsenso o Vuoto metafisico: “A chi grido? Se guardo il cielo, / non vedo nulla”. Questa impressione abissale di vuoto soffoca Maria sino a fare del suo tenerissimo cuore un crudo deserto, un terreno disperatamente arido. Eppure, a tratti, il cuore torna a palpitare quando Maria ripensa all’“esplosione di luce” che l’invase a Nazareth dopo le parole dell’angelo, al turbamento e alla mitezza di Giuseppe davanti al mistero di lei incinta, ai pastori attorno alla capanna “con gli occhi sfavillanti di stupore”, ai tre sapienti guidati da una stella, a Gesù quando era bambino… “Forse”, arriva a pensare la madre di quel bambino, “ora devo pagare / per un’immensa / felicità…”.
Nelle pagine di Ladolfi il dolore di Maria appare senza altro compenso che i ricordi del passato perduto. Adesso perfino la grazia delle lacrime le è negata: “Gli occhi ormai asciutti / non scorgono che un masso”, la pietra dura del sepolcro di Gesù. Noi, però, sappiamo che solo accompagnando il figlio fino alla soglia del nulla Maria potrà scoprire la pietra rimossa, ritrovandolo per sempre vivo.
Molti hanno scritto che la Resurrezione è stata per Cristo una seconda nascita, altrettanto impossibile e vera quanto la prima. Per aiutarlo come poteva, la più ferita e la più tenace delle madri è stata accanto a lui nel cuore del buio e oltre, fino alla sua rinascita nella Luce.
Paolo Lagazzi