Speciale Claribel Alegrìa: intervista a Marta Leonor González e a Erik Flakoll

In occasione dell’anniversario della nascita di Claribel Alegrìa (Estelí, 12 maggio 1924 – Managua, 25 gennaio 2018), Laboratori Poesia torna con uno Speciale a questa grandissima poetessa di cui già si è occupato negli anni. Ricordiamo infatti la presentazione fatta a Milano il 25 gennaio 2019 con tra gli altri Zingonia Zingone e Mario Santagostini (le foto QUI), il profilo di Claribel Alegría tracciato dai suoi figli (QUI), la nota di lettura di Pierangela Rossi (QUI), “L’ultra-testamento di Claribel Alegría” a cura di Alessandro Canzian (QUI), il commento in spagnolo a cura di Rocío Bolaños (QUI) quanto la traduzione di Federica Imperato (QUI). Senza dimenticare il laboratorio di poesia sui suoi versi a cura di Zingonia Zingone presso il carcere di Rebibbia a Roma (QUI). 

Oggi, a 100 anni esatti dalla nascita di Claribel Alegría, Rocío Bolaños raccoglie diverse impressioni, letture interviste e traduzioni per ricordare una delle più importanti e amate poetesse della letteratura nicaraguense ma non solo. Abbiamo quindi Matteo Brandolini su Voci (Samuele Editore, 2015, collana Scilla – l’articolo QUI) a cui segue l’intervista a Marta Leonor González (poetessa e amica di Claribel) e a Erik Flakoll (figlio di Claribel). A seguire la speciale Poesia al microscopio curata da Federico Migliorati (QUI) e la traduzione di Andrea Carloni, Rocío Bolaños e Mauricio Espinoza con commento della stessa Rocío Bolaños (QUI).

La Redazione 

 
 

Intervista a Marta Leonor González, poeta amica di Claribel Alegría

Rocío Bolaños: Qual è il tuo primo ricordo di Claribel?

Marta Leonor González: La prima volta che le ho parlato al telefono. Mi inviò una lettera in cui si congratulava con me per essere diventata la nuova editrice de La Prensa Literaria del Diario La Prensa de Nicaragua nel 1999, era una lettera molto breve e questo mi spinse a telefonarle, da quel giorno è nata una bellissima amicizia per la quale la ringrazio e la ringrazio per la vita.
Poi tante cose, tanti incontri, tante letture delle sue poesie in cui ho avuto modo di ascoltarla. I pomeriggi a casa sua, nel suo giardino a Managua, a Los Robles.

 

R.B: Cosa pensi abbia reso unica la sua scrittura?

M.L.G: È uno spartiacque nella letteratura nicaraguense, nella letteratura mondiale. Ogni poesia, ogni verso ti espone a un mondo creato da lei con astuzia e rigore.

La sua capacità creativa nella poesia è ammirevole e il modo in cui riesce a portare un atto quotidiano allo stato più puro e ammirevole, quasi sacro.

La sua poesia secondo me ha quell’enorme capacità da essere ammirata, la sua sincerità con la vita.

 

R.B.: Qual è la tua opera preferita di Claribel e perché?

M.L.G.: Tutte le sue poesie, la sua prosa e la sua scrittura inventiva sono ammirevoli. È una domanda difficile a cui rispondere, il suo lavoro va ammirato nella sua interezza.  Un libro che mi rimane sempre impresso è Mitos y delirios, dedicato a Rubén Darío e Robert Graves e che lei dedica e ripeto: “che mi ha insegnato ad amare i miti” e al suo grande maestro Juan Ramón Jiménez.
Mi piace molto quest’opera perché mi spinge a rileggere i miti, a svelarli, a rileggerli e a cercarla, per poi chiarire il suo modo creativo di vederli. Mi riempie di gioia immaginare che lei mi legga le sue versioni e i suoi giochi e mi sfidi come lettrice a riscoprirli dalla sua mano.

Oggi quel libro è tra i miei preferiti con la sua dedica del febbraio 2008.

 

R.B: Quale pensi sia stata la sfida più grande affrontata da Claribel nella sua carriera letteraria?

M.L.G.: Non lo dico io, lo ha detto Claribel Alegría nel suo discorso quando ha ricevuto il Premio Reina Sofía nel 2017: “Sono nata e cresciuta in una società aggressivamente maschilista”.  Forse in quegli ambienti e negli anni in cui Claribel ha dovuto farsi strada, la società era totalmente esclusiva, le donne si sposavano e si occupavano totalmente dei loro mariti e dei loro figli e c’erano poche opportunità per le donne.

Claribel, dotata di grande intelligenza, dovette lottare contro l’emarginazione, le occhiatacce e il prezzo inferiore per il fatto di essere una donna. Lotta per il suo posto con la scrittura e la disciplina, l’astuzia, la creatività, l’intelligenza e il talento.

Tornando al suo discorso, lei stessa afferma che quando era molto giovane si è trattenuta dallo scrivere per paura di essere criticata o rifiutata.

 

R.B.: Cosa puoi dirmi dell’impegno politico di Claribel?

M.L.G.: La sua voce è profonda quando parla di questioni quotidiane, di una società frammentata e la ritrae con il più profondo amore e rispetto. Ritengo che “l’impegno politico”, come è stato definito, vada oltre, lo chiamerei “impegno sociale verso i poveri o i sofferenti”. Nel 1966 Claribel e suo marito, lo scrittore Darwin J. Flakoll, pubblicarono Cenizas de Izalco, in cui vengono rivelati il dominio della famiglia e la sottomissione delle donne, e fondamentalmente le ingiustizie subite da molti contadini nel 1932. Poi è arrivato No me agarran viva. La mujer salvadoreña en la lucha, pubblicato nel 1987, sull’integrazione delle donne nella lotta salvadoregna, e Somoza: Expediente Cerrado. Historia de un Ajusticiamiento, pubblicato nel 1993 con Flakoll, letteratura saggistica.  Lì leggiamo che è una cronista che è stata presente nella denuncia delle classi egemoniche rispetto alle altre, che si estende anche alle sue poesie e ai suoi romanzi.

 

R.B.: Quale messaggio o insegnamento pensi che abbia trasmesso attraverso le sue opere che risuona ancora oggi?

M.L.G.: Che tutti i temi della vita si possono trovare nella scrittura narrativa, soprattutto nella poesia, come i miti, l’amore, la morte e che con la creatività possiamo creare mondi paralleli.

 
 
 
 

Intervista a Erik Flakoll, figlio di Claribel Alegría

Rocío Bolaños: Puoi condividere con noi qualche aneddoto o ricordo particolare che pensi definisca Claribel come madre, come persona e come scrittrice?

E.F.: Una cosa che definisce Claribel come scrittrice è la sua taciturnità e disciplina. Come madre era estremamente affettuosa, ci inondava d’amore ma era anche un po’ distratta e non amava le faccende domestiche. Come poetessa non era il tipo che aspettava l’arrivo della musa, anzi la rimproverava e non la aspettava. Lavorava sodo sulle sue poesie e seguiva sempre il consiglio di Juan Ramón Jiménez, il suo mentore, che le diceva che quando aveva scritto una poesia, doveva lasciarla riposare e leggere i poeti che ammirava per valutare quanto fosse lontana da una buona poesia.

 

R.B.: Com’era il processo creativo di Claribel, seguiva qualche rituale o abitudine?

E.F.: Claribel era molto disciplinata e lavorava sodo. Leggeva sempre molto e ogni giorno scriveva qualcosa.

Al mattino lavorava a casa ma leggeva anche molto, moltissimo.

Il suo processo creativo avveniva nel pomeriggio, dopo pranzo, di solito si chiudeva nel suo studio per scrivere su un quaderno sfoderato, preferibilmente con la copertina verde. Una volta che aveva abbastanza appunti, iniziava a scrivere al computer e poi li correggeva proprio lì, sul computer.
La sera, verso le 17:30, finiva la sua giornata e incontrava mio padre per un rum in terrazza, dove salutavano gli amici che arrivavano senza preavviso.

 

R.B.: Claribel ha scritto una poesia intitolata “Testamento”, dedicata ai suoi figli. Quale interpretazione e significato dai alla scala e alla richiesta di cui parla tua madre nella poesia?  

E.F.: Mia madre ci diceva sempre “Follow your bliss”, le parole dello scrittore Joseph Campbell che significano qualcosa come “segui la tua felicità”, “segui la tua stella” e “qualsiasi cosa ti renda felice”. Lei la seguiva sicuramente, ma non ci ha mai detto quanto fosse difficile…

La scala era la sua “felicità”, il destino che ha forgiato e seguito fino all’ultimo giorno della sua vita e questa è l’eredità che ci ha lasciato. Che dovremmo seguire la nostra stella e lavorare sulla nostra felicità e sulla nostra passione.