Speciale Biancamaria Frabotta

ritratto di Biancamaria Frabotta a cura di Dino Ignani

 
 

Frabotta, Biancamaria (Roma 1946, 2022). Poetessa, narratrice, saggista, critico letterario. Figura di spicco del movimento femminista degli anni Settanta, ha raccolto studi e interventi intorno al femminismo in Femminismo e lotta di classe in Italia: 1970-1973 (1973) e La politica del femminismo 1973-1976 (1976). Ha curato l’antologia della poesia femminile italiana dal dopoguerra ad oggi, Donne in poesia (1976). Ha pubblicato opere narrative (il romanzo Velocità di fuga del 1989) e teatrali (la trilogia Trittico dell’obbedienza del 1996). Nel 2009 pubblica Quartetto per masse e voce sola, dove tra autobiografia e testimonianza ripercorre cinquant’anni di storia italiana.

La sua ricerca poetica ha inizio negli anni Settanta con la plaquette d’esordio Affeminata (1976), prosegue negli anni Ottanta con Il rumore bianco (1982), opera introdotta da Antonio Porta, tra i primi a riconoscere il valore di questa esperienza. Il “rumore bianco” è termine ripreso dal mondo scientifico ad indicare «l’entropia della materia» e «la segreta armonia del moto disordinato delle onde» ma anche il riferimento al nome della poetessa e dunque al tema dell’identità. Come ben sottolinea Stefano Giovanardi, si elabora a partire da quest’opera una poetica basata sull’attrito, sulla deflagrazione di diverse e opposte componenti, dalla esplicita carica ideologica radicata nella protesta femminista all’uso di un «repertorio espressivo fortemente metaforizzato». Nelle successive opere poetiche, da Appunti di volo (1985) al poemetto per due voci e un coro Controcanto al chiuso (1991) si consolidano strategie stilistiche e trovano spazio aspetti formali e tematici in grado di connotare e consolidare tale poetica: da strutture prevalentemente dialogiche ad innesti del parlato, ne risulta una vocazione sperimentale che paradossalmente tende ad una misura classica. Tali aspetti conoscono poi nella raccolta successiva, La viandanza (1995, una ulteriore elaborazione con il pervenire della scrittura ad una precisa cifra stilistica dalla forte complessità e dall’estremo rigore. Con quest’opera si affina e si precisa la qualità del discorso poetico in una sorta di «dissonante pienezza di canto e insieme una più ampia capacità di reazione rispetto al presente della storia e della poesia» come afferma Stefano Giovanardi. Si ricordano le intense prove di traduzioni e “contigue” variazioni presenti in Terra contigua (1999), dove le citazioni esibite vengono poste a confronto con la poetica dell’autrice, che si spinge al “confine” di diverse esperienze, in un dialogo ininterrotto con la tradizione.

L’opera in cui tutti gli elementi trovano eguale espressione in un conquistato e e raffinato equilibrio è La pianta del pane (2003) frutto di una lunga elaborazione, deve si trova il paradigma già incontrato del viaggio: dal delicato linguaggio dell’amore coniugale al precario senso del tempo, dal rapporto con la figura materna alla riflessione sulla scrittura alla ricerca di origini che si rivelano essere individuali e insieme di una generazione. Una nuova apertura connota quest’opera, come quelle più recenti, Gli eterni lavori (2005) e I nuovi climi (2007), dove emerge una visione disincantata e severa del presente e un’esigenza di analisi, oggi ancor più necessaria, in questa «età poco sapiente». Ne Gli eterni lavori, opera che fin dal titolo richiama «una dialettica tesa tra assoluto e contingente, tra fissità, immobilità e trasformazione, molteplice cambiamento», come Giorgio Patrizi fa notare nell’introduzione, si verifica il consolidamento della svolta segnata dall’opera precedente, ma anche la definizione di un orizzonte, nel quale la complessità si coniuga all’esattezza e alla chiarezza del dettato. Discorsività, sicura elaborazione linguistica e retorica, predisposizione all’allegoria, dimensione corale della poesia, dialogo con la tradizione – dai tecnicismi di sapore pascoliano al modello ora più esplicito ora più nascosto di Petrarca -, volontà ferma di testimoniare attraverso la propria voce quella di una intera generazione: tutto si combina senza alcuna allusione o fuga ma con il coraggio di una presenza netta e scalfita sulla pagina.

Da mani mortali (2012) è una raccolta nella quale «la poesia si confronta sensibilmente con la realtà naturale anche minima del mondo immediatamente circostante, con il pulsare e il crescere delle molteplici vite della campagna, di un semplice orto o di un giardino, sotto il “grande disordine del cielo”». In questa raccolta il nesso natura-cultura conosce una intensa elaborazione, sempre in rapporto a questioni centrali del vivere umano quali il trascorrere del tempo e l’essere “nel tempo” del poeta. Da una parte l’impegno, dunque, nell’interpretare la realtà con tutto il rigore possibile, dall’altra la volontà di chiarezza, il disincanto, ma anche la strenua fiducia nella poesia e un’attenzione estrema e vigile al gesto quotidiano: l’esperienza critica nutre quella poetica, la trasforma e la abita, e così viceversa, entrambe “viandanti” e “bifronti”, anime “ostinate” della stessa ricerca che arricchisce di nuove, vitali prospettive l’attuale panorama della letteratura contemporanea italiana.

Monica Venturini
da Dizionario critico della poesia italiana 1945-2020
a cura di Mario Fresa

 
 
 
 
Una volta ci fu il tempo passato.
Ovunque vagante negli eterni
ultramondi il pensiero, lo stolto
come il giusto, irrigidito
nel tormentoso intrico del viso.
Ogni cosa vissuta era tenebra.
Ogni gesto compiuto vapore.
 
 
*
 
 
Una volta ci fu il tempo futuro.
Invocato a durare latente nel seno
di attesi compimenti e di altri mortali
complimenti, più o meno incompleto
di verità relative, di errori stanziali.
Non importava che ogni cosa amata
fosse così arbitrariamente sperata.
 
 
*
 
 
Talvolta s’invocava il passato tal’altra
il futuro. Al presente bastava un calcolo
presunto di eventi, ma come accaduti
altrove, infortuni ad altri toccati
oppure come su un foglio non datato
deboli segni incisi nel palmo della mano.
 
 

da La materia prima (2012-2017) in Tutte le poesie 1971-2017 (Mondadori, 2018)