Speciale Angelo Maria Ripellino: Quanta fatica per raggiungere la gioia


 
1.1
 
Sweetheart, mio violino, sei sempre aggrondato
come in un numero comico. Mio maleficio,
mio trademark nefritico, unto,
recalcitri come un indemoniato.
E a volte ti trovo al mattino
in un cubo di ghiaccio inespugnabile, arcigno,
violaceo violino, giuntura di sprocchi e di sverze del pioppo di Giuda.
 
Ma se cominci a pestare, che ballo di timbri,
che ciarda, che virtuosismi d’acrobata,
che pioggia di foglie, – e quanto folclore,
quanto tritume, Sweetheart, mio banale
feticcio dai lunghi capelli di corde.
Credi ancora qualcuno ci ascolti,
ammaliato dal tuo scintillio di metallo, dai tuoi occhi verdastri?
 
Perché ti inceppi, perché trascolori, mio squallido
arnese, mucchietto di forforosa canizie, violino svilito
dal molto soffrire, fascina di sterpi,
ormai buffo vecchiaccio, eppure sottile, sottile,
come un asfodelo per le dita di Proserpina?
 
 
 
 
10.2
 
Colui che deve venire
sarà un clown dal sopracciglio ad arco.
L’erba in sostanza non è diversa dal vento
e Ofelia da Fiordaligi
in questo effimero circo, in questo universo-portento.
E se chiudi gli occhi, vedrai a piacimento Parigi
o incrostato di fredda cerussa l’antàrtico
o un’immensa folata di blu Tunisia.
Perché le parole siano cristalli ben consapevoli
e funàmbolo e sghembo lo spazio in cui reciti
e ingarbugliata la tua geografia.
Tu sei insaziabile come la morte
nel tuo desiderio di vivere
anche così, anche così.
Colui che deve venire
sarà lui pure un gran clown, un amico di Mozart,
un giocoliere volante, pieno di cocasserie.
 
 
 
 
15.3
 
Quanta fatica per raggiungere la gioia,
per districarsi dell’intruglio delle tenebre,
dall’obbrobrio della notte-Goya,
da questa occhialuta febbre.
Perciò lasciate che sgorghi la musica
con gli zampilli del suo scherzando.
Anche i reclusi e gli esclusi
fra le vigne dei suoni si inebrieranno.
Coi chicchi lucenti del suo cinguettío
ci sveglierà dal torpore sornione
di èbeti bambole prive di brio,
dalla palustre-palustre disperazione.
 

da Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde di Angelo Maria Ripellino (Giulio Einaudi editore, 2007, p. 170).

 
 

«Di libro in libro le mie liriche costituiscono un diario, nel quale la storia privata si intreccia coi fatti del mondo»4. A dirlo è Angelo Maria Ripellino in un’appendice scritta nel 1975, all’interno della quale riflette sui suoi libri di poesie Notizie dal diluvio, Sinfonietta e Lo splendido violino verde, editi da Einaudi rispettivamente nel 1969, 1972 e 1976. È difficile non credere alla sua asserzione se si legge il volume einaudiano che le raccoglie tutte, perché a fornire il primissimo nucleo tematico delle clownesche e acrobatiche liriche del poeta è Ripellino stesso, la storia della sua vita, la «malsanía»5 che gli devasta il corpo, appena ventenne, prima con la tubercolosi, poi con il diabete, un male dal quale rimarrà superstite e che chiama, con paradossale paronomasia, «miele»6. Da questo problema germinale che gli rende grama la vita, Ripellino tenta di parare i colpi dello stento con una personale e arabesca farmacopea di parole, l’unico strumento in suo potere per dire i suoi affanni e da questi tentare in diversi modi una strada per la gioia.

Il poeta è però fin troppo consapevole del male che fa dimora del suo corpo, e gli sforzi verbali, per lo più esasperatamente barocchi, non lo portano che a una magra e palliativa consolazione: per lui la panacea non esiste perché le parole «non hanno virtù di salvarmi»7. Eppure, più lo sconforto e l’angoscia si fanno profondi più la sua vis verbale folleggia in giochi di maschere sorretti da analogie, metafore, omofonie, gergalismi, anglicismi, termini desueti e altisonanti, il tutto nonostante il poeta sia «costretto a lottare per ogni filo di fiato»8. Viene dunque a crearsi una dicotomia spiazzante nei suoi testi: da un lato vi è la cieca amarezza di un corpo, quella dell’uomo Ripellino, incapace di vivere come desidera, costretto «in balía del mio sconforto»9; dall’altro una forza nominativa che non ha pari nei poeti italiani del secondo Novecento, la quale dimostra una gaiezza e una freschezza di immagini e di inventiva che permettono ai testi di muoversi sempre su passi nuovi.

Vi è poi, all’interno delle tre raccolte centrali della produzione di Ripellino, uno strettissimo rapporto con la musica non solo nella consonanza delle parole nel testo, ma anche nell’amore dichiarato per le composizioni di musicisti quali Mozart, Mahler, Chopin, Verdi, Stravinskij, Lutoslawski, Janáček, Charlie Parker e altri, nonché una manifesta associazione della sua scrittura a quella di un suonatore di violino. Così il poeta di origini siciliane, lo stimato slavista, scrive la sua abile arte della fuga, il suo complesso e «lamentoso carnevale»10, una imperiale festa di parole che lo porta poi ad andarsene «nella caligine», solo, con «lunghe bende di Lazzaro» che stanno al suo corpo come «stelle filanti»11.

Fabio Barone

 
 

In copertina Angelo Maria Ripellino e la moglie Ela Hlochová a Dobříš nel 1968 (fonte progetto.cz, © Famiglia Ripellino)

Leggi anche:

 
 
 
 
 
 

1 Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio, in Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Giulio Einaudi editore, 2007, pag. 15.
2 Angelo Maria Ripellino, Sinfonietta, in Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Giulio Einaudi editore, 2007, pag. 114.
3 Angelo Maria Ripellino, Lo splendido violino verde, in Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Giulio Einaudi editore, 2007, pag. 215.
4 Di me, delle mie sinfoniette, in Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Giulio Einaudi editore, 2007, pag. 293.
5 Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Giulio Einaudi editore, 2007, pag. 112.
6 Ivi, p. 204.
7 Ivi, p. 140.
8 Ibidem.
9 Angelo Maria Ripellino, Notizie dal diluvio. Sinfonietta. Lo splendido violino verde, Giulio Einaudi editore, 2007, p. 170.
10 Ivi, p. 67.
11 Ibidem.