Speciale Alberto Bertoni: Culo di tua mamma (Autobestiario, 2013-2022)

In occasione del 69° compleanno del poeta Alberto Bertoni che cade sabato 23 marzo la Redazione di Laboratori Poesia lo omaggia con uno Speciale dedicato comprendente un’intervista esclusiva della redattrice Caterina Golia (QUI) al poeta modenese, tra i maggiori autori in versi del nostro tempo, e una recensione del caporedattore Federico Migliorati al volume Culo di tua mamma. (Autobestiario, 2013-2022) apparso nel 2023 per Samuele Editore-Pordenonelegge. Insieme all’Editore Alessandro Canzian, al Comitato Editoriale e all’intera Redazione anche Gian Mario Villalta si associa allo spirito augurale verso Bertoni per antica e presente amicizia.

 
 

I bestiari letterari, ‘contenitori’ ancora sottovalutati e che meriterebbero invece una maggiore attenzione anche della critica letteraria, sono rintracciabili in diverse opere di poeti classici e contemporanei: è il lancinante richiamo di un dialogo, del tentativo di una seppur velata conversazione con l’altro da noi, con creature che popolano in pari dignità l’universo e con cui condividiamo un’esistenza unica in tutti i sensi. Attraverso i bestiari è possibile altresì (ri)scoprire noi stessi: l’essere umano rinviene nell’animale quella coscienza di sé talvolta smarrita, riscopre la compassione, muove a gentilezza certo tempo infausto. Un’opera che si presenta completa e orientata in questa direzione ci appare quella di Alberto Bertoni, sollecitata in tal senso da Gian Mario Villalta, che riesce sempre a sorprendere con la freschezza e la precisione nella sua produzione.

Sotto le insegne di un binomio ormai felice e collaudato quale Samuele Editore-Pordenonelegge è apparso nel 2023 Culo di tua mamma – (Autobestiario, 2013-2022), titolo evidentemente ripreso da una poesia di Charles Bukowski, che s’impone all’attenzione per il fluido narrare, in un tripudio di immagini e di figure, di evasioni mentali e di sguardi accorati sull’epoca post-moderna. Una miriade di suggestioni e di echi dei poeti che hanno inciso nella storia sono qui rintracciabili mentre il peregrinare da un luogo all’altro, da una città all’altra (come in un viaggio-passaggio reale e metaforico insieme poiché il topos in questo poeta ha un valore predominante), dal tempo dell’infanzia all’oggi, segna il ritmo tambureggiante, s’allaccia a una descrizione-interpretazione sempre efficace degli accadimenti e nei quali, tra le righe, emerge un denso sostrato di riflessione, di Weltanschauung.

È un poeta colto Bertoni, e non perde occasione di dimostrarlo, ma questo non gli impedisce di affacciarsi anche sui territori più popolati e spesso banalizzati (l’amore, il tempo, la vita) con un’encomiabile sagacia e umiltà di fondo, scevro da retorici esercizi di stile o manierismi e lanciando vieppiù affondi nel ‘suo’ dialetto, così corposo e colorato. Carpe diem, ci sembra dire lui stesso nella cangiante, mutevole esistenza che gli è stata data in sorte: è un attimo che si eterna quello del «signore del Piuttosto», in balìa del vivere e del morire, in perenne tensione tra asocialità e solitudine, «creatura come tutte le altre», capace però anche di divertirsi à la mode dei Futuristi. Nell’Autobestiario s’assommano generi e specie, famiglie e ordini come in un’ideale foresta, tra animali domestici e selvatici che metaforicamente rappresentano una parte di sé e in cui è possibile persino tramutarsi in figlio e padre di un altro essere vivente (la larva, nella fattispecie) prima che la quotidianità svelli ogni immaginazione creativa. Nella semplicità delle cose quotidiane si rinviene una certa qual sacralità che è germe fecondo per uno sguardo sincero e appagante di introspezione fondato sulla memoria ch’è però labile e corruttibile. L’animale assurge in Bertoni a elemento funzionale e strumentale a una critica della società imbevuta di edonismo e chasse au bonheur, lontana da ogni riflessione sulla deriva ormai intrapresa.

«Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi»: è la ben nota espressione attribuita a Marcel Proust e nel poeta modenese essa trova ulteriore fondamento, basti citare «l’unica vera novità di Venezia» tutta racchiusa nell’implacabile presenza dei gabbiani in volo, predatori e dominatori del luogo(«conquistatori come mai / mi erano sembrati») o le corse di cavalli che «mi riportano al mio disordine», metafora costante sui ritardi accumulati or qua or là. E come per lo scrittore francese anche qui siamo di fronte a un «tempo ritrovato», quello che il lettore può cogliere dove il reale e l’immaginario si sovrappongono, «dialogano» e finiscono per coincidere: riscattare la propria fragilità, il senso del dovere, una «gioia leggera» non rappresenta un compromesso con la propria esistenza bensì suggella il viatico ideale per vincere disincanto e disillusione. Il libro ci delizia sprigionando versi che nello screziato paesaggio naturale riportano le lancette al tempo anche alle contestazioni di antica data per rinverdire la memoria civile: «L’unico modo per lottare», nel caso del Nostro, «è prima poesia che azione».

Dunque, il poetare come fondamento, come molla scatenante ben più d’ogni arma, compresa quella ideologica, l’ardore studentesco-identitario, intrisa di quella che chiamiamo passione «non cieca, ma visionaria». E se quella era pur sempre un’epoca di forti contrapposizioni ideali questa Italia finisce per apparire una sorta di betoniera dove tutto viene fagocitato (ci conceda questo prestito il padre del Realismo Terminale, Guido Oldani), «un va-e-vieni di marea».

Come intellettuale civile Bertoni non rinuncia a porsi in antitesi a certo pensiero, segnatamente quello di estrema destra: «Così nessun gatto, nessuno altro / animaletto domestico / e per l’appunto nessun libro / fa né farà capolino / nella casa del fascista».

C’è poi il tema della morte che appare come uno dei leitmotiv, una sorta di fil rouge che unisce le argomentazioni in versi poiché siamo tutti «animali da trapasso» segnatamente se consideriamo le condizioni in cui viviamo, sempre più precarie ed esposte a molteplici esiziali sollecitazioni. Ma c’è un modo, direbbe Calvino, per non considerare inferno tutto ciò e Bertoni lo ha ben chiaro: rovesciare la prospettiva, incunearsi nel reale per enucleare un punto di vista alternativo e cogliere magari di questa sua plaga padana dov’è nato e vive, soffocata e inquinata, a rischio come tutti di una guerra nucleare, il suo nuovo risvolto, un orizzonte marino che tutto sommerge e tutto, finalmente, rivela. Se il narrare in versi può mostrare, creare, suggerire nuovi universi accanto a quello che già viviamo e popoliamo l’autore modenese ce ne fornisce solleticanti esempi, lampanti suggestioni con questo bestiario affascinante e tremendo al tempo stesso tramite il quale condividere il cammino, quale che esso sia.

Federico Migliorati

 
 
 
 
Al telefono
 
Dimmelo adesso, non
un minuto più tardi di questo
 
Ma, ti prego,
non dirmelo in segreto
che ti sono simpatico quando
meglio e più mi allontano
dal tuo pensiero
 
E se le ombre resistono alle albe
fammele toccare
con tutto quel tuo antico
sentimento
 
Il fatto è che i ricordi della carne
sono labili
ancora più labili del vento
col suo concerto di passeri sui rami
e le bocche contagiate da un puro
retrogusto di Gitanes
 
Volti e bambini indifferenti al senso
di scambiare vita vera
in un telefono
 
 
 
 
 
 
Gabbiani
 
L’unica vera novità di Venezia
ripercorsa due giorni dopo anni,
per fortuna con te,
è che mi sembrano implacabili i gabbiani,
grandi aperture d’ali
e conquistatori come mai
mi erano sembrati
di tutte le fondamente e calli
fra S. Trovaso e i canali
 
Li vedo svolazzanti
attorno ai campanili
posarsi imperativi
 
Bianchi, strillanti padroni
di balconi e scorci
allo spegnersi dei suoni nei tramonti
 
 
 
 
 
 
Creatura
 
Sono una creatura come le altre
uguale uguale
solitaria, malinconica, asociale
acrobata sul filo dello strappo
fra i più oscuri anfratti della carne
e l’aria da parlare e respirare
mentre dall’altra parte
mi aspetta il silenzio più abissale
 
A metà, voglio dire, del passaggio
che qualcuno chiama viaggio
là dove stanno parvenze diverse
di responsabilità o di dialogo
e più nessuna via d’uscita
da vicoletti ciechi, gatte morte, stanze
di vergogne inconfessabili a una madre
 
Senza mai riuscire a dirle
che anche per lei
sono qua fuori a vivere
e a morire
 
 
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