Matteo Marchesini in Scherzi della natura (Valigie Rosse, 2022, con sei traduzioni in appendice e nota di Paolo Maccari) leviga le parole, le torce sino a renderle aduse, in una metrica puntuale e precisa, a fornire svariate sfaccettature di una maturità letteraria ed esistenziale ormai raggiunta. Il saggista, scrittore e poeta nato nel 1979 a Castelfranco Emilia, non ricorre a stilemi o archetipi, ma avanza nel verso mostrando una costante attenzione al senso di un dire rifluito, talvolta moralisticheggiante. Tanto nei poemetti più ariosi quanto negli epigrammi più ficcanti e puntuti delle cinque sezioni di cui si compone la silloge, riprende vita per immagini improvvise e rovesciate, per ricerca nella memoria, il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza in un turbinio di sensazioni e di scatti indietro e avanti nel tempo, contrassegnati da quasi rime o rime spesso alternate e talvolta incatenate. Il presente è nostalgico, si appoggia a un passato che sgomita e persiste, abitato da contraddizioni e ipocrisie nelle relazioni e nei comportamenti: così si può scoprire un dialogo franco e lucido con sé stesso mentre sono chiamati a raccolta miti, immortali scrittori, artisti. La cifra di Marchesini è quella di una poesia nitida e coraggiosa, dai penetranti accenni filosofici, a tratti surreali, che non ha timore di spogliarsi di ogni orpello, di usare accuratamente metafore e ossimori senza rinunciare a lancinanti explicit in forma di aforismi, giochi di parole, calembour. Influenze di Caproni e Penna si palesano, fugaci, tra le pagine senza mai mettere in discussione una solida personale architettura complessiva. Si arriva a postulare che l’unica verità, forse, è proprio l’assenza della stessa, in un relativismo che ci consegna a una maggiore conoscenza di noi stessi e del mondo, mentre la storia si ripropone sempre uguale e il tempo tutto fagocita in attesa finalmente di una nemesi per l’essere umano.
Federico Migliorati
Teoria dei generi
Scrive un saggio
solo chi non lo è,
una poesia
chi parla con te
e poi va via
senza aspettare risposta,
un romanzo chi sa quanto costa
il suo pranzo,
un dramma chi ha tutto
o chi ha nulla.
Ma a decidere il bello e il brutto
è sempre una fanciulla.
Dopoguerra
Erano troppe le verità,
tutte doppie o a metà.
Vissuti sempre per sentito dire
così cominciammo a morire.
Lotta
So capire l’umore del mattino
dal modo in cui ti avvicini
alla mia scrivania, mi siedi in collo
e mi premi la nuca sulla bocca
per trovare il mio morso,
da come inarchi capricciosa il torso
fino a che la mia mano ti tocca
tra le vertebre e vibri
dai ricci ai malleoli
mentre allarghi le braccia a coprirmi
i tuoi vecchi nemici, i miei libri.