Pordenonelegge 2022: Un’opera d’arte, una poesia. Due inediti di Maurizio Cucchi

Pordenonelegge 2022: Un’opera d’arte, una poesia. Due inediti di Maurizio Cucchi
 
 

Venerdì 16 settembre 2022

A cura di Elisa Longo

 
 

Durante Pordenonelegge in un teatro Capitol gremito, il poeta Maurizio Cucchi e il critico d’arte Flavio Caroli hanno dato vita a un interessante dialogo tra arte e poesia.

Maurizio Cucchi ha scelto sette opere d’arte contenute nel libro di Flavio Caroli e ha composto sette inediti seguendo la suggestione che ciascuna opera ha suscitato in lui. Pubblichiamo due inediti di Cucchi per sua gentile concessione e ringraziamo.

La serata si è rivelata un incontro d’arte nell’arte, partecipata e coinvolgente. Come ha sottolineato in apertura Maurizio Cucchi “Un altro aspetto che è molto importante e che è stato trascurato, è la fratellanza che storicamente c’è sempre stata tra chi fa dell’arte, in questo caso tra la pittura e chi scrive dei versi. I poeti sono sempre stati amici di pittori e di artisti, erano appartenenti a uno stesso mondo che aveva degli strumenti espressivi di diverso genere, ma che si trovavano con estrema naturalezza insieme”.

Il primo quadro scelto da Maurizio Cucchi è Pali Blu di Jackson Pollock, opera del 1952. Flavio Caroli mostrando l’immagine della tela sottolinea come il dipinto sia stato tragicamente anticipatore dell’incidente stradale che provocherà la morte del pittore e di una sua amica nel 1956. Dopo avere lasciato New York Pollock si trasferì a Long Island e ogni giorno era solito lanciare la sua auto a gran velocità per una strada lungo la foresta. Blue Poles è un quadro ispirato dalle corse di quei giorni e dai pali che si trovavano a bordo strada e che lui guardava sfrecciando in macchina.

Maurizio Cucchi nell’inedito che ha scritto per quest’opera ha inserito anche un riferimento a un video che ritrae Pollock mentre dipinge. Cucchi ci racconta che nelle immagini appariva Pollock mentre si agitava sulla tela, ma con l’esattezza impeccabile di un pianista. Caos, specifica il poeta, in questo caso non è confusione.

La materia è un formidabile intrico
che all’occhio dell’onesto spettatore,
onesto e inconsapevole lettore
del reale e del mondo, si pone
come nella misteriosa macchina
notturna che ci inghiotte. E qui
 
le connessioni sottili nella loro
vivace geometria policroma, nella minuzia
del dettaglio che ci appare remoto,
come la strana pianta di una città
sognata, ci chiamano a rovistare,
come veloci formiche, una topografia
 
totale e immaginaria. Ma eccolo lì
l’umanissimo artefice, piegato
verso il suolo a spargere, con l’impeccabile
esattezza nel gesto di un pianista,
il frutto che cola concreto e si rapprende
del suo sentire, da vero virtuoso e visionario.
 
M.C.

 

Il secondo quadro scelto è dell’italiano Alberto Burri, l’opera s’intitola “Sacco” ed è del 1953. Burri era un artista misterioso, inafferrabile e di grandissimo fascino, ci racconta Caroli che lo ha conosciuto e che era suo amico. Burri compone queste opere dipingendo le tele e incollando i sacchi di juta degli aiuti americani che arrivavano in Italia in quegli anni. Queste opere di grande impatto visivo furono composte con materiale povero in Umbria, opere che danno un senso francescano che impressionano per il fascino della materia. Il rosso della tela è una ferita, è un’allusione a un taglio chirurgico, il momento in cui la carne rivela la sua debolezza, ci riporta Caroli, perché Burri era un medico. Maurizio Cucchi introduce il suo inedito. “In questo testo c’è il riferimento a dei versi di un poeta che ho amato molto Giovanni Raboni e il senso di questo accostamento è nella capacità, teoricamente anche introdotta dallo stesso Raboni, di includere nell’arte ad altissimo livello ciò che viene considerato basso e umile.

Quel povero tessuto ci somiglia,
oggetto elementare, inatteso che turba
l’occhio di norma educato,
vanamente selettivo, come leggendo
il poeta che scrisse “questo sporco
catino dove mi lavo le mani”.
 
Eccoci al fisico senso ruvido, quel poco
abrasivo che è il più vero dell’umana ora
nel suo colore anonimo, nei grumi
o nello strappo, nella macchia che appare.
 
Lacerazioni dove si incrostano i residui
in tracce del quotidiano esserci, in una strana
geografia umilissima che allude,
che allude e insieme ci racconta,
racconta questo precario nostro sacco
di pensieri, di sentimenti e cose.
 
M.C.

 

Le altre opere prese in esame durante la serata e corredate da una poesia inedita di Maurizio Cucchi sono state Peter Blake con “On the balcony” 1955-1957, Francis Bacon con “Studio dal ritratto di Innocenzo X” 1953, Lucio Fontana con “Ambiente spaziale e luce nera” 1948-1949, Fausto Melotti con “Notte Africana” 1973 e Anselm Kiefer con “I sette palazzi celesti” 2004.

 
 

Alla fine dell’incontro abbiamo intervistato Maurizio Cucchi e abbiamo chiesto, visti i richiami alla verticalità in tutte le opere da lui scelte, cosa sia la verticalità in poesia.

L’arte io credo che dentro di sé anche se non lo dimostra si spinge sempre verticalmente, appunto perché può essere una verticalità verso l’alto, ma anche verso il basso, perché anche quando si va in fondo a cercare sottostante la nostra presenza un tipo di senso dell’esserci, si va verticalmente.

 
 
 
 

Maurizio Cucchi (Milano, 1945). Poeta, ha esordito nel ’76 con Il disperso (Mondadori, Guanda ‘94 e 2018), poi compreso, con le raccolte successive, in Poesie 1963-2015 (Oscar Mondadori, 2016). Del 2017 è Paradossalmente e con affanno (Einaudi), del 2019 Sindrome del distacco e tregua (Mondadori), Nel vasto territorio tossico (Interlinea, 2022). È autore dei romanzi Il male è nelle cose (Mondadori. 2005), La maschera ritratto (id. 2011), L’indifferenza dell’assassino (Guanda, 2012), La vita docile (Mondadori 2020), del volume di prose La traversata di Milano (Mondadori 2007 e 2021). Raccolte di saggi e articoli: Cronache di poesia italiana (Gaffi, 2010) e Varietà post-umano (Algra 2018). Ha curato, con S. Giovanardi, l’antologia Poeti italiani del secondo Novecento, 1945- 1995 (Mondadori 1996 e 2004).

 

Flavio Caroli storico dell’arte moderna e contemporanea, ha dedicato i suoi studi alla linea introspettiva dell’arte occidentale, con molte pubblicazioni, fra cui: Leonardo. Studi di fisiognomica (1991, 2015), Lorenzo Lotto e la nascita della psicologia moderna (1975, 1980), Sofonisba Anguissola e le sue sorelle (1987), Fede Galizia (1989), Giuseppe Bazzani. L’opera completa (1988), L’anima e il volto (1998), Arte d’Oriente Arte d’Occidente (2006), Il volto di Gesù (2008), Il volto e l’anima della natura (2009), Il volto dell’amore (2011), Il volto dell’Occidente (2012), Anime e volti. L’arte dalla psicologia alla psicoanalisi (2014), Con gli occhi dei maestri (2015), Il museo dei capricci. 200 quadri da rubare (2016), Storia di artisti e di bastardi (2017), L’arte italiana in quindici weekend e mezzo (2018), Elogio della modernità (2019) e La grande corsa dell’arte europea (2020). Poiché ciò che non può essere teorizzato deve essere raccontato, ha anche incontrato tre volte la narrativa, con Mayerling, amore mio! (1983), Trentasette. Il mistero del genio adolescente (1996, 2007) e Voyeur. I segreti di uno sguardo (2014). Collabora con il «Corriere della Sera».