Pordenonelegge 2022: Fabio Pusterla e il territorio poetico

Pordenonelegge 2022: Fabio Pusterla e il territorio poetico

 
 

Sabato 17 settembre
A cura di Elisa Longo

 
 

S’intitola Tremalume il nuovo libro di Fabio Pusterla edito da Marcos Y Marcos che è stato presentato a Pordenonelegge pochi giorni dopo la sua uscita. Già dal titolo, con un neologismo coniato dal poeta, s’intuisce un punto di contatto tra realtà e immaginazione. Una poesia che esplora e si muove su più piani, non solo attraverso il verbo camminare più volte citato da Pusterla, non solo attraverso l’entrare e l’uscire tra realtà e immaginazione, ma anche attraverso il tentativo di spostare sempre più in là il limite del linguaggio. Un invito a varcare il confine del tempo con la sua non linearità. La considerazione che non esistono assoluti, ma punti in cui avviene l’incontro con la lingua, con i luoghi, attraverso le generazioni, nello scoramento o nella speranza.

 
 

Seguendo le suggestioni delle sue poesie ho dialogato con lui sul territorio e sulla poesia partendo dal suo essere di nazionalità svizzera ma abitante di una terra di confine con l’Italia.

Ho riflettuto a lungo sul mio territorio e su quel territorio attraversato dal confine politico. La mia vita è stata sempre con un piede di qua e uno di là, per motivi famigliari, culturali, di lavoro. Da una decina d’anni penso di aver trovato una risposta, o meglio, per me l’hanno trovata gli urbanisti, primo fra tutti Eugenio Turri che ha scritto un libro intitolato “La megalopoli padana”. La megalopoli padana è una realtà che muta la nostra percezione dello spazio e dei confini, perché va da Torino a Treviso, scende fino a Genova e sale oltre la frontiera e sale fino a Lugano a Bellinzona e a Locarno. Questa è la realtà nella quale sono nato e cresciuto e nello stesso tempo in questa realtà ci sono i resti di una realtà precedente che è segnata dai confini politici. Viviamo una situazione contraddittoria. Le gabbie del confine continuano ad esistere e, come è accaduto adesso con il Covid, possono anche chiudersi, come non capitava dalla Seconda Guerra Mondiale. Ma nello stesso tempo noi viviamo una situazione oltre il confine. Tra Lugano, Genova, Treviso c’è un continuo flusso di persone, d’informazioni, di idee. La scoperta e la comprensione di questa realtà più ampia mi ha aiutato a capire perché fin da ragazzino sentivo una rappresentazione doganale nella quale mi sembrava di vivere, ma che non corrispondeva al mio vissuto.

 

In questo territorio così ampio ai margini delle megalopoli ci sono le montagne e la natura. Dove incontra la poesia?

Se desidero andare a fare una passeggiata vado a cercare i luoghi più adatti e se posso vado in montagna, ma se voglio scrivere una poesia non penso a quei luoghi. M’interessano di più le zone di contatto, le zone nelle quali la bellezza e l’orrore, se vogliamo chiamarle così, si contaminano. Quel che rimane di ciò che un tempo chiamavamo natura e quello che è l’insediamento umano si toccano, s’influenzano a vicenda. Per me è lì che abita la possibilità della parola poetica, non nelle zone meravigliose o nel loro opposto, ma in questa intersezione.

 
 

Fabio Pusterla (1957) insegna pressso l’Università della Svizzera Italiana. Vive in Valsolda, a cavallo tra Svizzera e Italia. Dirige la collana Le Ali per l’editore milanese Marcos y Marcos. Attivo anche come studioso, saggista e traduttore, in particolare di Philippe Jaccottet, è soprattutto autore di numerose raccolte poetiche, parzialmente raccolte nei volumi antologici Le terre emerse (Einaudi, 2009) e Da qualche parte nello Spazio (Le Lettere, 2022). Tra i titoli più recenti, Cenere, o terra (Marcos y Marcos, 2018) e Tremalume (ivi, 2022). Sulla sua opera e sulla sua figura è stato realizzato il documentario di Francesco Ferri Libellula gentile (2018), che ha poi originato l’omonimo volumetto curato da Cristiano Poletti per Marcos y Marcos.