POESIA A CONFRONTO: Occhi

POESIA A CONFRONTO: Occhi
 
 

POESIA A CONFRONTO: Occhi
JACOPO DA LENTINI, CAVALCANTI, HIKMET, CELAN

 
 

Gli occhi, secondo un modo di dire molto comune, sono lo specchio dell’anima; certamente con la loro espressività e con la particolarità e l’incisività del loro sguardo sanno trasmettere molto dello stato d’animo della persona. Gli occhi sono quindi fra i dettagli anatomici che hanno riscosso maggiore successo in letteratura e in poesia in modo particolare.

La prima poesia scelta è di Jacopo da Lentini, della scuola siciliana, e si tratta di un sonetto nato come risposta a una tenzone poetica relativa significato dell’amore. Si tratta della formalizzazione del credo dell’amore cortese per cui Amore nasce, al principio, dallo sguardo per trovare poi dimora nel cuore, proprio perché gli occhi hanno la qualità di comprendere nel profondo chi si confronta con loro. Il sonetto rappresenta dunque questa fenomenologia dell’amore che “regna fra la gente”, dispensando gioia e piacere a chi lo prova.

Molto più drammatica la rappresentazione nel sonetto di Cavalcanti, dove Amore nasce sempre da uno sguardo ma porta a lacerazione interiore (si vedano “taglia”, “disfatto”, “tremando”), rende la vita “angosciosa”, invivibile. Amore è dunque una “virtù” che nasce da occhi gentili, ma è talmente distruttiva che porta a ferire a morte il cuore dell’amato, fin dal primo colpo. Siamo davvero all’opposto rispetto alla visione di Jacopo da Lentini in cui l’amore è “desio”; qui l’amore è innanzitutto sbigottimento, “voce alquanta che parla dolore”.

Sempre legata al tema amoroso anche la poesia di Hikmet che ripensa alla donna amata, sapendola lontana. “I tuoi occhi”, ripetuti con insistenza usando la figura dell’anafora e dell’iterazione, sono portatori di luce e di sollievo nei momenti di difficoltà – dice l’autore all’amata -, sono la forza che dà ancora il coraggio di vivere. Gli occhi dell’amata, da dettaglio individuale, assumono nell’ultimo verso una valenza universale: diventano gli occhi con cui tutti gli uomini dovrebbero sapersi guardare per riscoprire il valore della fratellanza e della solidarietà.

Il tema dell’occhio ricorre con insistenza nella poesia di Celan: qui scegliamo la poesia, molto enigmatica, “Mandorla”, titolo che da subito fa riferimento all’occhio, alla sua forma. L’occhio qui perde il suo valore rassicurante, non è portatore di bene o di sollievo: diventa un occhio cavo, capace di contenere solo il nulla; il suo sguardo è unicamente rivolto al nulla. La ripetizione insistente e ipnotica delle parole genera un sentore asfittico, un presagio di morte e di dissoluzione che si concretizza nell’ultimo verso: “Mandorla vuota, blu regale”. Poesia fortemente ellittica e inquietante, questa di Celan, a testimonianza della sua vita così lacerata.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
JACOPO DA LENTINI
(1210-1260 ca.)
 
Amore è un desio che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l’amore
e lo core li dà nutricamento.
 
Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ‘namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nascimento:
 
ché li occhi rapresentan a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata naturalemente;
 
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e li piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.
 
 
 
 
 
 
GUIDO CAVALCANTI
(XIII secolo)
 
Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
chè sospirando la distrugge amore.
 
E ven tagliando di sì gran valore
che’ deboletti spiriti van via;
riman figura sol’ en signoria
e voce alquanta che parla dolore.
 
Questa virtù d’amor, che m’à disfatto,
da’ vostr’occhi gentil presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro da ’l fianco.
 
Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ’l cor nel lato manco.
 
 
(Da Guido Cavalcanti. Rime, a cura di Ercole Rivalta, Bologna, Zanichelli, 1902)
 
 
 
 
 
 
NAZIM HIKMET
(Da Poesie d’amore, Milano, Mondadori 1991)
 
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all’ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d’Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s’illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d’autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
che gli uomini si guarderanno l’un l’altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
 
(1948)
 
 
 
 
 
 
PAUL CELAN
(da Von Schwelle zu Schwelle, 1955)
 
MANDEL
 
In der Mandel – was steht in der Mandel?
Das Nichts.
Es steht das Nichts in der Mandel.
Da steht es und steht.
 
Im Nichts – wer steht da? Der König.
Da steht der König, der König.
Da steht er und steht.
Judenlocke, wirst nicht grau.
 
Und dein Aug – wohin steht dein Auge?
 
Dein Aug steht der Mandel entgegen.
Dein Aug, dem Nichts stehts entgegen.
Es steht zum König.
So steht es und steht.
Menschenlocke, wirst nicht grau.
Leere Mandel, königsblau.
 
 
 
 
MANDORLA
 
Nella mandorla – cosa sta nella mandorla?
Il nulla.
Nella mandorla sta il nulla.
Lì sta e sta.
 
Nel nulla – chi sta? Il re.
Lì sta il re, il re.
Lì sta e sta.
Ricciolo ebreo, non diventare grigio.
 
E il tuo occhio – per dove sta il tuo occhio?
 
Il tuo occhio sta davanti al nulla.
Sta verso il re.
Così sta e sta.
Ricciolo d’uomo, non diventare grigio.
Mandorla vuota, blu regale.
 
 
(traduzione di Giuseppe Bevilacqua, Paul Celan, Opere, Mondadori, 1998)