Piero Polidori è nato il 3 Febbraio 1973 a Recanati (MC); vissuto in un piccolo paese rivierasco sul mare Adriatico, Porto Potenza Picena, dove è cresciuto in una famiglia operaia di origini umili, ha iniziato a scrivere i primi versi nell’età post adolescenziale, dove affronta le naturali difficoltà della vita, dagli amori non corrisposti, ai grandi dubbi dell’esistenza umana, guardando sempre il mondo con uno sguardo critico e ostinatamente contrario alla società dell’apparenza e del conformismo sfrenato.
Nel 2002 ha conseguito la laurea in Scienze Biologiche e l’anno successivo ha iniziato a lavorare precariamente al CNR-ISMAR di Ancona, dove lavora tuttora. Dopo il matrimonio che lo ha portato a maturare come uomo, riprende gli scritti giovanili e nel 2010 autopubblica il suo primo libro Parole e l’anno successivo Il viaggio.
In questi anni partecipa a vari concorsi di poesie e alcuni versi vengono pubblicati in due antologie: Antologia del Premio Città di Monza 2012 e nell’Enciclopedia di Poesie Contemporanea. Vol.4 /2013 Premio Mario Luzi.
Nel novembre 2015 ha pubblicato edito da Genesi Editrice – Torino – Le parole sull’arcobaleno.
Oggi pubblica le sue poesie anche attraverso i social newtork; molto attiva la pagina di facebook dove esprime tutta la sua poesia, semplice, istintiva, quotidiana.
Ondulazione costante
Sento,
navigo verso est,
tra la nebbia dei miei pensieri.
Solo.
Cullami mare
avvolgimi come una madre
lavami dall’impurità
della cruda povera terra.
Vado verso l’alba
solo tra gabbiani che ricevono i miei messaggi per te.
Ricordando
l’inizio delle mie parole alla bora
al grecale
allo scirocco
in ondulazione costante.
Lento
salgo l’onda
dei miei sentimenti.
Solo.
Rughe,
callose mani,
osservo l’orizzonte immenso,
zia natura affettuosa
piena.
Crollo
il sonno conquista la mia vita
cadendo
guardo la fine del tempo delle mie illusioni.
Silenzio
parla
Il mare.
Voci
sentieri
verso di te
sotto querce spazzate dal vento
cadono foglie
ricche del tempo che passa
solo
vedo
il sole sterile
freddo
di questo Gennaio
aspetto
la dama bianca
dietro a tapparelle
come bambini
increduli
che dal freddo
assaporano
palle di neve
sulla loro pelle.
Ora silenziosamente
aspetto
il tram dei ricordi
nelle ventose notti
al rimembrar baci
mai dati.