Madrebianca – Rosalba De Filippis


Madrebianca, Rosalba de Filippis (Passigli editori, 2022, prefazione di Sergio Givone)

In questa raccolta, così densa di emozioni, Rosalba de Filippis ci conduce tra i meandri della sua anima. Un dialogo con la parte materna, una preghiera silenziosa messa in poesia. «Ieri siamo nate, mamma/ entrambi due ventri / e due figlie/ ci siamo scambiate i cordoni/ a succhiare la linfa».

La de Filippis sa come accedere alla stanza delle emozioni, usando un linguaggio a tratti semplice ma carico di pathos. La linfa scorre piano tra la carta, si materializza in abbracci e baci sospesi. «Madrebianca/ non di marmo o pietra levigata/ madre invecchiata». La cura nei dettagli e nelle immagini; l‘autrice realizza a parole un dipinto ancestrale. La madre si fa viva tra le pagine, tende la mano a sua figlia – oramai adulta – che chiede di essere ancora tra le sue braccia. La morte di una madre destabilizza ogni uomo; la madre è l’essere creatore, il profumo della nostra infanzia, l‘albero dalle radici profonde. La poesia di Rosalba è priva di ogni retorica, la punteggiatura scarseggia per dare maggiore fluidità al dialogo, avvicinando ancora più il lettore. Testi epigrafici ma ricchi di ogni senso.

«Sei piccola/ signora con la nuca delicata/ ti pettino per farti ancora uscire/ i tuoi vestiti crescono ogni giorno/ per te così minuta.. ». Diversi sono gli episodi esposti, brevi flash della mente; il pensiero di questa madre che con il passare del tempo si fa sempre più piccola fino a scomparire per sempre, lasciando dietro il suo ricordo e il suo immenso insegnamento. I vestiti appesi, le pareti imbianchiate, tutto ciò che prima animava la casa, ora se ne sta in un religioso silenzio, quasi in segno di rispetto.

Il dolore è ben scandito come lancette di orologio, c’è tanta consapevolezza nelle parole, tanta voglia di far rivivere il dolce volto di una madre. Un libro dedicato alla sua scomparsa ma che presenta anche la figura del figlio «cresciuto quasi a caso / in questo luogo in cui non muta niente. / Sei tutto di spalle / conosco il tuo sguardo / figlio voluto». come a voler segnare il passaggio del tempo, in una specie di staffetta di amore incondizionato. Citando le parole di Sergio Giovone, questi versi «dedicati alla madre» sono testimonianza di una presenza che «dileguandosi resta scolpita nel cuore e di un’assenza che rimanda a quanto di sacro è in noi», e proprio in noi riecheggia la cura delle parole di Rosalba – cura come sguardo attento – vigile su ogni cosa: su ogni attimo di vita e morte.

Patrizia Baglione

 
 
 
 
Madre
fammi il piacere
disegnami ancora
col mento posato sul palmo.
Oggi si imprime con la garza
la tua assenza
a darti adesso i baci così vuoti
e già mi scuso:
ho attraversato il tralcio
della più sola tra le primavere.
 
 
 
 
 
 
Ieri sono morta, oggi risorta
mi sono aggiustata i capelli
una fibra di sonno,
qualche linea di sale
un tè che rappreso
ha lasciato nel fondo lo scuro.
Strofinando le mani
ci ho alitato qualcosa.
 
 
 
 
 
 
Io sono la tua età
sempre precisa
con le radici bianche
e un peso di latte sul cuore.