La telepatia nelle riflessioni degli autori antichi

 

Gli studi del filologo classico e antropologo irlandese Eric R. Dodds (1893-1979) hanno ampiamente dimostrato già nel secolo scorso come l’immagine del mondo greco circoscritta in un’aura di luminosità apollinea sia frutto di un’impostazione limitata ed erronea. Professore di greco a Oxford e membro della Society for Psychical Research, Dodds è stato autore di libri memorabili, quali I Greci e l’irrazionale (1951), Pagani e cristiani in un’epoca di angoscia (1965), Parapsicologia nel mondo antico (1973); opere in cui l’indagine sulla cultura antica apre a prospettive psicanalitiche e a quella che viene oggi definita psicologia transpersonale.

Sulla base di Parapsicologia nel mondo antico in particolare, tenterò di tracciare qui un sintetico excursus delle riflessioni e delle narrazioni di alcuni autori tra età antica e tardoantica sul fenomeno di trasmissione del pensiero noto come telepatia.

Grazie a Plutarco (Quaest. conv. VIII, 10, 2) possiamo ricostruire in parte la teoria che il filosofo Democrito (V-IV sec. a.c) aveva esposto nel perduto trattato Sulle immagini. Secondo Democrito i sogni erano il risultato della penetrazione, attraverso i pori del corpo, di immagini emesse dalla materia vivente e recanti le rappresentazioni dei pensieri e delle emozioni di chi le aveva prodotte: «…con il loro impatto, comunicano e trasmettono a quelli che le ricevono le opinioni, i pensieri e gli impulsi di quelli che le inviano, quando raggiungono la meta con immagini intatte e non distorte. […] Quelle che sprizzano da persone che si trovano in uno stato di eccitazione e di infervoramento producono, a causa della loro elevata frequenza e della rapidità della trasmissione, rappresentazioni particolarmente vivide e significative». Si tratta di una palese spiegazione degli eventi telepatici, confermata dai moderni studi, in base ai quali una condizione di emotività particolarmente intensa favorirebbe la trasmissione del pensiero da un individuo all’altro.

Nell’alveo delle dottrine pitagoriche, è nota l’asserzione di Alessandro Poliistore (I sec. a.c), riferita da Diogene Laerzio (VIII, 32), per cui «l’aria è piena di anime, denominate demoni ed eroi, e questi portano agli uomini segni, sogni e malattie». La generica allusione ai «segni» trasmessi da entità sovrannaturali mediane presenti nell’aria pare riferibile ai fenomeni di chiaroveggenza e telepatia; nello stesso periodo, anche Posidonio (cfr. Cicerone, de div. I, 64) fa riferimento ad «anime immortali» che affollano l’aria al di sotto della luna, propense a stabilire contatti con la mente umana.

Nel trattato Sul demone di Socrate, Plutarco avanza la teoria secondo cui gli esseri spirituali, nel momento in cui pensano, producono vibrazioni nell’aria che consentono a loro pari, come pure a uomini dotati di sensitività, di percepire i loro pensieri. Queste vibrazioni – prosegue l’autore – ci raggiungono di continuo, ma pervengono alla coscienza solo quando l’intelletto è calmo, cioè, di norma, durante il sonno (Gen. Socr. 20, 589b). Sebbene Plutarco tratti qui nello specifico della comunicazione tra entità superiori e umani tramite i sogni, è interessante l’idea di trasmissione del contenuto mentale sotto forma di vibrazione.

Il neoplatonico Plotino arriva a concepire il mondo come un unico grande essere animato, accomunato nelle varie sezioni da una «simpatia» che annulla le distanze: «… le parti simili possono non essere aderenti l’una all’altra e tuttavia avere simpatia in virtù del loro essere simili, cosicché l’azione di un elemento spazialmente isolato non può non raggiungere il suo complemento lontano» (Enn. IV, 4, 32). I fenomeni usualmente considerati sovrannaturali sarebbero così spiegabili per mezzo di questa intrinseca unità. Plotino non fa allusioni esplicite alla telepatia; l’affermazione per cui «una parola pronunciata a bassa voce può influenzare un oggetto distante e ottenere udienza da ciò che è assai remoto nello spazio» (Ibid., IV, 9, 3) potrebbe riferirvisi, ma i termini impiegati lasciano supporre che si stia parlando soprattutto del potere della preghiera.

Un campionario piuttosto ricco di narrazioni di eventi extrasensoriali ci viene offerto da Agostino di Ippona. Diversi episodi di tal genere vedono protagonista un indovino cartaginese di nome Albicerio. Classificabile come caso di telepatia è quello che segue (di cui, sembra, Agostino fu diretto testimone): un allievo di Agostino chiese ad Albicerio di indovinare cosa stesse pensando. L’indovino rispose che l’allievo stava pensando ad un verso di Virgilio, e citò prontamente il verso; la risposta si rivelò esatta (Contra Acad. I, 6). Agostino ricorda come qualcuno riducesse le facoltà di Albicerio agli ammonimenti di abiectissima animula, ovvero a spiriti di bassa lega; una prospettiva, questa, propria della concezione giudaico-cristiana, che avrebbe fortemente condizionato la ricezione di questi fenomeni fino ai nostri giorni.

Quel che più occorre sottolineare di questa sommaria ricostruzione è che, tra gli approfondimenti di intellettuali e pensatori e le riserve degli scettici, il mondo antico conferma anche stavolta la sua straordinaria modernità.