Bestiario: Eugenio Montale


 
L’anguilla
 
L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco o seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?
 
 
 
 
 
 
La trota nera
 
Curvi sull’acqua serale
graduati in Economia,
Dottori in Divinità,
la trota annusa e va via,
il suo balenio di carbonchio
è un ricciolo tuo che si sfa
nel bagno, un sospiro che sale
dagli ipogei del tuo ufficio
 
 
 
 
 
 
Il gallo cedrone
 
Dove t’abbatti dopo il breve sparo
(la tua voce ribolle rossonero
salmì di cielo e terra a lento fuoco)
anch’io riparo brucio anch’io nel fosso.
 
Chiede aiuto il singulto. Era più dolce
vivere che affondare in questo magma
più facile disfarsi al vento che
qui nel limo incrostati sulla fiamma.
 
Sento nel petto la tua piaga sotto
un grumo d’ala il mio pesante volo
tenta un muro e di noi solo rimane
qualche piuma sull’ilice brinata.
Zuffe di rostri, amori, nidi d’uova
marmorate divine! Ora la gemma
delle piante perenni come il bruco
luccica al buio, Giove è sotterrato.
 
 
Eugenio Montale, La bufera e altro