Formulario per la presenza – Francesca Innocenzi


Formulario per la presenza, Francesca Innocenzi (Edizioni Progetto Cultura, 2022)

Formulario per la presenza è una sorta di diario dell’anima in versi, che l’autrice gentilmente concede al lettore. Riprendendo le parole di Francesca Innocenzi nella postfazione: «Questa piccola raccolta è […] un formulario per la presenza, perché ogni verso è una pietra miliare in più verso l’esserci, in me stessa e per me stessa, nel mondo e per il mondo. Vuole essere un esercizio per travalicare la narrazione di un io intrappolato nel dolore, attraversare la parola per approdare al luogo dove superarla, annientarla».

Si tratta dunque di voler esorcizzare il dolore della perdita delle persone care, attraverso lo scritto. Non mancano, infatti, liriche dedicate agli affetti più vicini: quella alla madre, in particolare, è una tenera dichiarazione d’amore, incentrata su come essa sia stata capace di insegnarle «ad essere figlia della Terra».

In tutta la raccolta, si può notare un’assenza quasi totale del maiuscolo, come se ogni poesia fosse l’iterarsi di un discorso già aperto in altro luogo: «a te, mia ferita / sempre uguale, recidiva / che simuli giochi di sole / a te, che bambina mi tieni /che mi inganni».

Formulario per la presenza è un canto silente e sofferente, che timidamente fa capolino nelle pagine. Si riesce a respirare la dignità nell’affrontare il dolore e si sente un uso sapiente delle parole, quasi fossero tenute al sicuro in un angolo di cuore, e solo più tardi avessero avuto la capacità di venire alla luce.

Diverse sono le immagini del mondo animale e vegetale; frequente è la figura del gatto, che si aggira per strade e sentieri: «ombre di gatti / sono strisce di bisce / serpeggianti verso gli orti. / Tutto è passato /ma sento / ancora il profumo del sole / su quei drappi abbandonati al vento».

In questa lirica, che è la prima ad aprire la raccolta, si può notare l’unica maiuscola presente nei versi dell’autrice. L’opera, poi, riporta una data ben precisa, quasi a voler fotografare l’attimo, immobilizzarlo nel ricordo.

I chiari riferimenti, invece, all’universo vegetale danno la misura di quanto l’autrice si senta parte del mondo stesso: «me ne sto / come una patata nella terra/ avvoltolata tra le tue braccia – / cosmo iridescente – sorridendo / che ci copra la sera». Molto interessante è l’attenta ricostruzione delle immagini terrene, quasi a volersi assicurare la propria appartenenza a quel mondo dal sapore antico, che, a mano a mano, purtroppo, si sta perdendo. Devozione per le proprie radici e amore per i valori più alti, anche se confinati nella memoria, questo resta. Nei versi della Innocenzi si può fare un viaggio a ritroso nei meandri del ricordo e ritornare nuovi sul punto di partenza.

Patrizia Baglione

 
 
 
 
mi fa eco il tuo telefono
spento. Sottintende che il suono subìto
è inganno, arduo liminare.
la nota di ferma presenza
di là del frangente dei corpi
che frena diviso l’orizzonte.
di questo tempo spoglio sei tu l’evento
che a sfrangiarsi ricompare
 
 
 
 
 
 
può succedere che tu accada
al primo stormire del mattino
nel verde dei viali
può succedere che si alluda
ad un incompiuto abbraccio
se mai fosse scorso altrimenti
il tempo, se mai fossi stato
raggio di spariti soli.
può succedere ci si consoli
di questa perduta luce
con l’abbandono alla mollezza
come quando a stagione dovuta
si concede il biancospino
 
 
 
 
 
 
il tempo trascorso è come una foto
dove non sai se guardare o morire
 
ovunque tentato trapassa il morire
nel vaso debitamente deposto
 
non dire dove dilegua lo sguardo
fattosi scatto del muto sparire