Flaminia Cruciani suggerisce George Mario Angel Quintero



 
 
 
 
In the dream,
Messiaen and I
spoke in the dialect
of patio birds.
 
We spoke of angels,
and of the hiding places
of rhythm. He said
something about
the other side of belief.
 
I remembered that ducks
paddle frantically unseen,
underwater. He told me
that nothing can resist
a resonance. I told him
that to be sealed in
is to be exposed.
 
The stifling heat
of sleeping in an egg
had left me alone, afraid
and gasping. He put his hand
on my shoulder, told me
we would have time to
talk more soon.
 
Then someone came
and wrapped each of us
in brown paper, later
putting us away
in silent cupboards.
 
 
 
 
Nel sogno,
Messiaen e io
parlavamo il dialetto
degli uccelli del patio.
 
Abbiamo parlato di angeli,
e dei nascondigli
del ritmo. Egli ha detto
qualcosa su
l’altro lato della fede.
 
Mi sono ricordato che le anatre
pagaiano freneticamente invisibili,
sott’acqua. Lui mi ha detto
che nulla può resistere
a una risonanza. Gli ho detto
che essere sigillato
significa essere esposto.
 
Il caldo soffocante
di dormire in un uovo
mi aveva lasciato solo, impaurito
e ansimante. Mi ha messo la mano
sulla spalla, mi ha detto
che presto avremo avuto tempo
per parlare di più.
 
Poi venne qualcuno
ad avvolgere ognuno di noi
in carta marrone, per poi
metterci via
in silenziose credenze.
 
 
 
 
 
 
To have been
the fly’s buzzing,
across.
 
To wait for hope,
in some languages
is redundant.
 
The spiral
turns inward.
Orbiting becomes
spinning.
Spinning becomes
an oscillating reflection.
 
Sediment concentrates,
until another’s touch
scatters breathing,
lights the curvature
of skin after twilight.
 
In a year or a day,
every flower gives itself up.
Every bell bursts.
 
Is there an end
to how much less
living can be?
 
To have inhabited
the silence
between words.
 
 
 
 
Essere stato
il ronzare
che attraversa da una parte all’altra.
 
Aspettare la speranza,
in alcune lingue
è ridondante.
 
La spirale
si volta all’interno.
Orbitare diventa
volteggiare.
Volteggiare diventa
un riflesso oscillante.
 
Il deposito si concentra,
finché il tocco di un altro
disperde il respiro,
illumina la curvatura
della pelle dopo il crepuscolo.
 
Tra un anno o un giorno,
ogni fiore si arrende.
Ogni campana scoppia.
 
C’è una fine
a quanta meno vita
ci può essere?
 
Avere abitato
dentro il silenzio
tra le parole.
 
 
George Mario Angel Quintero
 
 
 
 

La poesia di Angel Quintero ci proietta in un universo onirico kafkiano dove avviene la frantumazione dei rapporti esistenziali dove si oscilla fra l’intimo organico e il sogno, l’immaginazione e il destino, l’assurdo e l’insensatezza, in un grado zero del reale dove le categorie, cinte da mura e fortificazioni impenetrabili, sono bianche.

In questi due testi inediti l’autore ci ricorda la duplice matrice della sua scrittura: da un lato agisce una spinta metafisica che non si sottrae anzi si fa medium di slanci visionari; dall’altro una convinta, quasi matematica terrestrità che bilancia, che tempera, che ricalibra.

Questo equilibrio, che a tratti diventa equilibrismo è reso possibile da una assoluta padronanza della lingua; sono pochi gli scrittori che possono permettersi questa dualità, che sanno ricondurla a un unico e credibile afflato conoscitivo, quel momento di incorruttibile intuizione tra sogno e realtà. E con questo non s’intenda un virtuosismo fine a se stesso bensì un ricorso continuo e caparbio alla precisione con cui il pensiero va a farsi parola per compiere un continuo processo alla realtà dai mille volti che tace; per esorcizzare l’anima nera del silenzio: quella della solitudine, della dimenticanza, dell’allontanamento, dell’isolamento «in silenziose credenze». Ne emerge uno sguardo chirurgico, alla Carver, di una ferocia inaudita, un cortocircuito continuo che spinge il lettore alle Colonne d’Ercole del conoscibile. Proprio per questo le immagini che Angel Quintero evoca nei suoi versi sono specchi inesorabilmente e positivamente crudeli: ciò che ci rimandano è una continua messa a fuoco dell’assurdo che non ammette ritardi né rimandi, non lascia spazio a scuse né a giustificazioni. Assistiamo a un continuo sforzo bellico lessicale e linguistico che cerca di assediare la realtà e non ci resta che testimoniare le esperienze del poeta, seguirne i labirintici ragionamenti, condividerne dubbi e paure e dunque sostare con lui «dentro il silenzio/tra le parole». Perché è lì, in quel presente intermezzo e intermediario, che possiamo intravedere una promessa di speranza, una possibilità di futuro. Abbracciare pericolo e promessa, rischio e rinnovamento e ironicamente

«Essere
il ronzare
che attraversa»
l’esistenza impenetrabile
«da una parte all’altra».

Flaminia Cruciani

 
 
 
 

Figlio di genitori colombiani, George Mario Angel Quintero è nato nel 1964 a San Francisco, in California, dove ha trascorso i suoi primi trent’anni. Ha studiato letteratura all’Università della California ed è stato Wallace Stegner Fellow alla Stanford University. Sotto lo pseudonimo di George Angel, ha pubblicato poesie, romanzi e saggi in inglese e un libro di racconti; La quinta stagione ha vinto il premio Nilon Fiction Collective 2 nel 1995. Nel 2016 è stata pubblicata una nuova raccolta intitolata On the Voice. Dal 1995 vive a Medellin, in Colombia, dove ha scritto sette libri di poesie e tre libri che raccolgono le numerose opere teatrali, tutte in spagnolo, con il nome di Mario Angel Quintero. Continua a scrivere e pubblicare sia in inglese sia in spagnolo. È artista visivo, regista e drammaturgo della compagnia teatrale Parpado Teatro, nonché membro fondatore di numerosi gruppi musicali. È regolarmente invitato a festival internazionali di poesia.