Diktionarium, Giorgia La Placa (Samuele Editore, Collana Callisto, 2023, prefazione di Maria Borio, Premio Bologna in Lettere 2022)
Dopo il primo libro Il punto morto del mondo (LietoColle, 2019), Giorgia La Placa vince il Premio Bologna in Lettere per l’opera inedita e arriva alla sua seconda pubblicazione. Diktionarium (QUI la pagina dell’Editore) è uscito nel 2023 nella collana Callisto di Samuele Editore (collana che, come da dichiarazione dell’Editore al Salone del Libro di Torino, prenderà il posto della storica Scilla che entro l’anno chiuderà per poi riaprire, esclusivamente su invito e con un progetto grafico rinnovato, come Nuova Collana Scilla) e già il titolo impone il passo, volutamente con la k, a una metamorfosi dell’originale in latino con la c, dictionarium.
La struttura si divide in quattro parti: Dizionarietto, Lessico-Lessici, Chi dice o non dice e Le parole fantasma. Diktionarium è un lavoro sulla lingua: parole straniere, segni, geroglifici, trascrizioni di silenzi, conversazioni, rumori onomatopeici, parole meticcie, frecce che ci sporgono sul vuoto. Tutto questo immerge il lettore in un’esperienza da decifrare, un senso del quale riappropriarsi anche attraverso gli spazi nella pagina che ci costringono a volte a girarla, a orientarci in un modo diverso, a cambiare punto di vista. Nulla è volutamente dichiarato e tutto è detto.
Proprio nella prima sezione il libro apre con parole straniere che, se non conosciute dalle letture, pongono anche un dilemma di pronuncia oltre che di comprensione. Una soluzione che si può solo intuire, come un cercare di riposizionarsi nella lingua. «L’hangar delicato di rime / sta bene con la stagnola di un panino con lo stracchino…». La Placa accompagna accavallamenti apparentemente stridenti, con delicata ironia «– e devo, devo – / ondeggiare. / Ho pensato a quanto ha ragione il tipo che ha paura del mago Sabbiolino, / delle ombre anche fatte con le mani, / degli animali mortuari del sonno. / Poi però dadirri, che altrimenti svanisco», sembra chiedere di non avere paura delle ombre sul muro, di ciò che non si vede, ma chiede anche di avventurarsi senza temere di svanire nel linguaggio, anche in quello che non possiamo o sappiamo con certezza pronunciare. La Placa ci porta nella lingua che si mastica e che ci abita fino a possederci, mangiarci «La docente, invece, / come tutti i bilingui è assetata, forse cannibale», ma che il più delle volte ci sfugge. Un senso da afferrare, una rincorsa alla comprensione che incontra il gusto magico della parola pronunciata, di ciò che svanisce e si frantuma subito dopo l’enunciazione.
La Placa approfondisce la sua ricerca linguistica nella seconda e terza parte del libro, proponendoci una collazione di trascrizioni e registrazioni che partono dallo stupore che alcuni suoni e parole del parlato sanno suscitare. Il lavoro ha attraversato una fase di ricerca, una fase di analisi dei dati che ha evidenziato delle ricorrenze linguistiche che La Placa ha usato per la composizione poetica. Non è però una ricerca letteraria fine a sé stessa o un collage di testi inermi, ma un mettere insieme brani vivi del linguaggio che si mischiano alle riflessioni dell’autrice e che conferiscono alle poesie una dimensione altra, ed è questo uno dei punti di forza del libro. L’autrice non nasconde nei testi questo lavoro di registrazione e trascrizione, lo abbiamo detto all’inizio: tutto è detto: «Spengo il registratore del cellulare e se ne accorge / si rende conto di aver detto troppo una Babele / alterna dialetti e cose familiari / (non so trascrivere il dialetto lombardo…». Ed ecco che si apre una sorta di dialogo tra il sé e a lingua, tra la lingua e il paesaggio che lo incornicia «Ma che cosa significa “qui” detto in quel dialetto, / che terra stava descrivendo diteggiando? / ––––––––––––––––––_ _ _ _–––––––––––––––––––_ / con una espressione fiera cammina storto / accanto alla signora che compra ogni giorno / tre chili di cuore di maiale per il suo dogo di Bordeuax».
Nell’ultima parte, le parole si fanno fantasma, si muovono attraverso il non detto, attraverso le lacune linguistiche e i silenzi. «Devo ringraziare, soprattutto, chi non parla, chi si muove attraverso il non detto», dichiara La Placa nei ringraziamenti e come indica nei versi: «da bar a bara è un attimo. / Poi si tace e non dice più niente». La Placa indaga qualcosa che si avverte, che non c’è, ma che t’invade: «il lessico fantasma m’invade in ogni stanza». La Placa si spinge ed esplora il rapporto con il non detto e il rapporto con il suo dialetto d’origine, il palermitano, che è stato sempre presente nella sua vita.
Diktionarium è un libro che conduce il lettore attraverso lo stupore, la fascinazione della parola, della slogatura tra suono e segno, ma anche del suo collante. Troviamo parole che sono piaciute all’autrice come anche parole straniere delle quali non ha bisogno, ma che colleziona nelle poesie per il fascino e l’emozione che sanno evocare.
Elisa Longo
HIRAETH
Oggi un pezzetto di cielo si svela,
lascia lo spazio che
trova poi si dimena anzi domanda come a dirci:
‘io proprio qui sopra’.
Sta guardando le gatte, i portici, i fiori
ora le gambe i vortici i nodi.
Sa di mani nelle tasche e le braccia sono
piccolissime a tenere il tempo che fermi il tempo.
Lo scollo a barca, lei tutta presenza
anche col viso grigio fuma,
se va bene.
Sa due tre volte il motto di bambina,
la cantilena:
hiraeth, per tutto ciò che non è più tornato.
Ti scrivo da un bar di Pompei,
ieri quella sensazione mortifera e pungente e l’oppressione
a cui non si aggrega nessuna parola.
La circumvesuviana è piena e fa schifo e le mani e di nuovo si scende.
Tu invece +
a poi nemmeno sai la storia dei Borbone e ti vanti di cose extramondiali.
FINALE N.1
Ma tu forse non hai cura delle parole
e le conosci bene,
lasci andare queste confidenze dialettali e leggere.
Ti riassesti ti ridesti.
Non posso seguirti nel grembo,
ma affondare la lama per
spremerne meglio il senso
Presentazione dei libri di Giorgia La Placa (Diktionarium) e di Elisa Longo (Ribilanciare per sottrazione) aL Salone del Libro di Torino 2023, a cura di Elisabetta Zambon