La leggenda della primavera – Massimo Morasso


La leggenda della primavera, Massimo Morasso (Algra Editore, 2023)

Massimo Morasso è un ottimo poeta, certamente uno dei migliori della sua generazione (classe 1964). Ne è prova questa sua ultima pubblicazione, La leggenda della primavera (Algra Editore, 2023) e proverò a mettere a fuoco almeno tre aspetti che denotano il valore di questa esperienza di scrittura. Il volume raccoglie, per la prima volta unite, tre raccolte: Nel ritmo del ritorno, Distacco e Le storie dell’aria, pubblicate a loro volta, in varie edizioni dal 1997 al 2000. Insomma, ci troviamo di fronte a una struttura articolata e complessa, riassunta in una trilogia (di cui La leggenda della primavera è la prima parte), che realizza il ciclo polistilistico de Il portavoce.

E dunque, innanzitutto notiamo un lavoro di scrittura che non si risolve nel singolo testo o in una collezione di testi, bensì si sviluppa esplicitamente in un percorso, che di unitario non ha tanto il tema, quanto la postura del poeta che consapevolmente e responsabilmente organizza lo sguardo sviluppando ed offrendo al lettore un proprio orizzonte. In secondo luogo, ma conseguentemente, il poeta è soggetto “pensante” che si immerge nella realtà per decrittarne i significati, magari anche soltanto cogliendo i dettagli subliminali. Viene da pensare ai classici latini, a quell’idea di poeta come lettore della vita che fa della scrittura una reale, concreta esperienza di conoscenza; che, sappiamo bene, non vuol dire semplicisticamente “capire” il mondo, ma anche soltanto accoglierne il mistero ed in esso immergersi. Infine, è evidentissima in Morasso una estrema cura della parola, un’attenzione di scelta cosciente, ma anche di “accoglienza”.

Ogni parola ha un proprio posto, in un dettato immediato, mai superficiale eppure spontaneamente comunicativo, che coinvolge il lettore in un originalissimo itinerario mistico della mente, attraverso la realtà di spazi e tempi frequentati dal poeta. Le dinamiche (a tratti poematiche) del volume, la ricca tessitura delle tematiche attraversate (la rinascente primavera, la leggenda del vivere, il ritmo nel distacco e nel ritorno, e tanto altro), sono lucidamente lette dalla prefazione di Antonio Di Mauro, che non si limita ad avviare il volume, ma introduce a tutto tondo alla figura del poeta Morasso.

In definitiva, la progettualità lirica di Morasso, di rara finezza e spessore, non è mai esibizione. Piuttosto è l’ambito in cui il poeta tenta e sperimenta una scrittura animata da una forte tensione lirica, ovvero quel delicatissimo, raro e prezioso equilibrio tra forma e senso che si realizza in quella che riconosciamo come una poesia tra le più significative dei nostri tempi.

Nicola Bultrini

 
 
 
 

Senza andare lontano
bastava rallentare il passo,
indugiare intorno ai limiti del campo
che apre all’acqua ferma del pantano
nel punto dove possono formarsi
incredibili chiazze iridescenti
e come fili d’erba sotto i piedi
spezzarsi, non esserci più.

 
 
 
 
 
 
Ci sono certe notti che il paesaggio
sembra muoversi con circospezione,
disporsi al nuovo acutamente
in un chiarore pieno di presagi
si attende a lungo
fuori di metafora
la svolta decisiva del linguaggio.
 
 
 
 
 
 
Il distacco non è cosa che si cerchi
affannosamente come la verità o l’amore.
Il distacco a guardar bene è la ragione
e la ragione è la fede
nelle ragioni dell’invisibile.
Uno l’avverte, se l’avverte,
un po’ come una fitta, un’arma
puntata dritta in mezzo al cuore,
oppure, se ha fortuna, come un lapsus,
un nulla dentro,
una scintilla luminosa
come il senso di un’ora felice.
 
 
 
 
 
 
Cosa ne hai fatto dei giorni della torre,
quando un mattino era un mattino
e quasi ci sembrava di poter vivere
come un destino nostro anche il rimorso dei fiori,
il loro sonno invernale.
 
Ora i villeggianti saliti per il fine settimana
vanno via in chiacchiere fra gli sbuffi di fumo
sul lungofiume dopo che ha spiovuto.
 
Guarda l’erba com’è verde sui prati, si è già sciolta la neve,
ne resta qualche chiazza ammonticchiata intorno ai muri.
A fare l’ombra, i tronchi un po’ contorti degli ornielli
in processione per l’antica mulattiera e dentro l’acqua
l’immagine di te con gli scarponi fradici e il piumino