Bello mondo – Mariangela Gualtieri

Un inno minimo di bellezza antica. Mi pare questo Bello mondo di Mariangela Gualtieri (Einaudi 2024) – raccolta dei suoi versi più significativi – o così mi pare per estensione tutto il versificare della poeta, la cui voce riecheggia da anni in primo piano sul palcoscenico della nostra poesia contemporanea.

Un canto ancestrale, colmo di animali, facce e cose dell’universo tutto: le più piccole e anche le più significanti.

È la bellezza del mondo il centro di Gualtieri, nonostante le sue crudeltà, le sue ferite aperte e nutrite dallo stesso essere umano. Si scrive di «ira, nelle periferie della specie», di una rabbia sommessa che infesta il quotidiano e che gorgoglia con violenza tra passato e presente.

Eppure, Gualtieri ringrazia, ed è una gratitudine che raccoglie mani in preghiera, che si fa viva nell’amore e che di amore è colma, con la prima vocale dell’alfabeto in maiuscolo.

«Benedico ogni centimetro d’Amore / ogni minima scheggia d’Amore / ogni venatura o mulinello d’Amore / ogni tavola e letto d’Amore»; «Amare, adorare, / amare potentemente il mondo / questo bisogna ora». Di questo bisogno abbiamo forse dimenticato la forza e la necessità, racchiusi come siamo nella pretesa che sia il mondo a darci il necessario, senza invece riuscire ad afferrare la magnificenza del dono dell’essere ancora in vita.

Gualtieri osserva con silenzio e stupore il granello invisibile della vita, si abbassa al sentire antico della poesia che nutre, fa del suo canto voce pura e insostituibile: «C’è splendore / in ogni cosa. Io l’ho visto. / Io ora lo vedo di più. C’è splendore / non avere paura».

E in questa speranza che la poeta richiama in ognuno di noi si racchiude tutta la potenza dei suoi versi.

Erica Donzella

 
 
 
 
Bambina mia,
Per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.
E invece ti lascio baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno.
Ira nelle periferie della specie.
E al centro,
ira.
Ma tu non credere a chi dipinge l’umano
come una bestia zoppa e questo mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di sangue. Lo fa perché è facile farlo.
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Sentiamo ancora. Siamo ancora capaci
di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
Tocca a te, ora,
a te tocca la lavatura di queste croste
delle cortecce vive.
C’è splendore
in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
L’amore è il tuo destino.
Sempre. Nient’altro.
Nient’altro. Nient’altro.