Alberto Nessi

Alberto Nessi

 
 

Sia consentito un ricordo personale… La mia professoressa di lettere di terza media, che vinceva premi europei di poesia in latino, un giorno ci disse: “Non commuovetevi per un filo d’erba”. E Alberto Nessi, di Mendrisio, del ’40, intitola il suo libro Perché non scrivo con un filo d’erba. Allo stesso modo Walt Whitman intitolava Foglie d’erba il suo capolavoro. Allora, erba o non erba?

Vediamo nel dettaglio Nessi, l’autore che ci interessa: ha una vena di carattere naturalistico, dice che è cresciuto prediligendo sempre la natura e “lo scricchiolio tutto nostro / delle foglie”. Whitman, richiama Roberto Cicala, il prefatore, si chinava e indugiava “ad osservare un filo d’erba estivo”.

Scrive però Cicala: “E tuttavia la sensibilità verso il paesaggio non significa ignorare, per esempio, l’arte della ‘Crocifissione’ di Bernardo Luini ‘nella chiesa degli Angioli a Lugano’ ”. Scrive Alberto Nessi: “Vuoi che noi ce ne andiamo / senza una traccia? Anche la foglia segna un’impronta nel calcare / per i ragazzi che verranno, /qualcosa rimane, non disperare”. Scrive ancora Nessi: “resta di noi l’onda della forsizia / quando la muove il vento della sera”. Conclude Cicala, e noi con lui: “Basta osservare la forza buona della natura perché l’erba, che appariva anonima e innominabile, acquisti ‘tanti nomi’ ”: è, come la poesia, “l’erba di tutte le ore / l’erba che non muore”. Il libro si conclude con parole di Fabio Pusterla.

Editore Interlinea, euro 14, pagine 104. Edizione a tiratura limitata di 800 copie per festeggiare gli 80 anni dell’autore.

Pierangela Rossi

 
 
 
 
È una fortuna
 
È una fortuna passeggiare tra i castagni
mi dici un mattino di novembre
mentre i gambi riversi del granoturco
splendono sotto le finestre e le donne dei paesi
aprono la porta della bottega. È una fortuna
marinare la vita che non ci appartiene
per ascoltare lo scricchiolio tutto nostro
delle foglie: le parole cadono felici
come le bacche rosse dal corniolo.
È una fortuna non sbagliare sentiero
verso il poggio da dove l’eremita
qualche secolo fa guardava la Lombardia
 
e dove non ci abbracciamo tra le stoppie.
 
1975
 
 
 
 
 
 
Litania dell’erba
 
L’erba che cresce tra le pieghe
dell’asfalto
l’erba che cura le piaghe
 
l’erba comune che punge
sulle scarpate
nido d’ombra d’estate
 
l’erba della siepe
dove guizza il ramarro
l’erba di maggio
 
l’erba tra i binari
e le traversine
l’erba dei ferrovieri
 
l’erba che nasce dalle nebbie
basse di novembre
l’erba di sempre
 
l’erba amara
sotto la scarpa della vecchia
l’erba miseria
 
l’erba di giugno che suona
sulle labbra del bambino
l’erba che trema
 
l’erba forte piegata
dal vento
l’erba d’argento
 
l’erba che non ha nome
l’erba che ha tanti nomi
che non ricordo
 
l’erba di tutte le ore
l’erba che non muore.
 
1992
 
 
 
 
 
 
Il professore
 
Non vedete la cartella che oscilla
nelle mie passeggiate solitarie?
Io seguo uno che non si fa mai prendere
è là dietro l’angolo
scappa ridendo il dio della prole
da trent’anni l inseguo per le strade.
 
Ero il primo della classe, mia madre
mi comprò gli occhiali con la montatura d’oro
per andare a studiare.
Poi cominciai a sentire le voci
e i giorni diventarono parole, i mesi
volumi senza l’indice, ragni
Ma chiamatemi professore
quando mi vedete col mio passo
nella stagione che fa più chiari
i segni dell’alfabeto vegetale
e la pioggia risillaba i cespugli: allora
nella mia testa le parole brillano
come topinambur
dietro il cancello il fico
torce i suoi rami come un anacoluto.
 
1992
 
 
 
 
 
 
Scrivere una poesia
 

al ballerino di Carimate
che mi chiede come si scrive una poesia

 
Sì, forse è un po’ come ballare il tango
si dev’essere in due, cinger la vita
non fare il passo più lungo della gamba
assecondare l’onda dietro l’ombra
dove pulsa il sangue, far il casqué
sulla pedana senza cascarsi addosso
inseguire il tuo cuore, Caminito.
 
2016