IL VELIERO CANNIBALE 15 – OSEA SLADE

IL VELIERO CANNIBALE 15 - OSEA SLADE
 

“James Loper ” Andrew Wyeth, 1952

 

 

Malinconie, anacronismi e moralismi del Capitano Peleg

 

 

Moby Dick è il libro che più si avvicina al Libro dei libri. In nessun altro si disputa intorno all’esistenza di Dio, o alle prove della sua inesistenza. In uno l’immensa Arca; nell’altro l’oscuro Pequod, che è di Achab, ma non è Achab, perché il Pequod è il suo proprietario, il quacchero, il dimenticato Peleg, che l’aveva addobbato “come un barbaro imperatore etiopico… Era fatto di trofei. Un veliero cannibale, che si ornava delle ossa cesellate dei suoi nemici”.

Parafrasando le parole usate da uno scrittore per parlare di un altro scrittore, il nostro Capitano Peleg, risorto con un artificio, è un naufrago del passato che il Fato ha proiettato sulle sponde di un altro tempo. A cura di Frescobaldi MacIntyre.

 
 

OSEA SLADE

 

Ricordo i miei quindici per i cappucci e il suono della frusta e il sangue e il pianto muto del mio vecchio.

I ventitrè per gli occhi di Flo, che mi fecero perdere di vista tutto il resto, per lo meno fino ai ventiquattro, quando il piccolo Joe mi chiese di tornare a casa.

E i quarantaquattro, che furono ancora di Joe, che non era più piccolo e questa volta mi spediva fuori da casa sua e di sua moglie, e senza chiedermelo per piacere.

Ma i miei otto, ah miei otto anni.

Ne cambiarono di cose quando avevo 8 anni.

Mi fu chiaro quanto fosse importante per tutti gli altri il colore della pelle, il che lo fece diventare importante anche per me; scoprii che di notte il mondo si addormentava e che subito dopo se ne svegliava un altro; mia nonna mi svelò il suo segreto e io l’ho sempre mantenuto, così me la porto ancora dietro e dentro quella strana storia che adesso, a pensarci bene, sembra solo una favola.

Ma soprattutto fu allora che smisi di frequentare la chiesa. In realtà non fu proprio questo che accadde, mi limitai a disertare la funzione, ecco tutto. Una domenica (e dopo quella la successiva e tutte) non feci altro che lasciare la mano di mio fratello Jimmy, l’ultimo, a un soffio dalla casa di Dio, ignorare gli urli di mia madre e la risata piena e smisurata di mio padre e proseguire da solo, verso il fiume. Lui non lo vedi subito, vedi l’argine che ti sembra una piccola montagna; il fiume invece lo senti, senti l’odore, senti la voce.

Quando sei sulla vetta, in cima a quella barriera di terra, non hai sorprese, solo promesse mantenute. Io quel giorno riconobbi il fiume e conobbi Osea Slade, il vecchio che viveva nella piccola casa sull’argine, nel punto dove le acque cambiano direzione e iniziano a inseguire il delta, verso il mare. Mi fermai davanti alla casa, una stamberga per metà cotta dal sole e per il resto marcia e umida fino al midollo e gridai “hey”, con un’insolenza che mi era ignota, a cui mi sono ormai abituato e che poi mi ha presentato il conto più di una volta.

Osea mi sembrò immensamente vecchio già quel giorno, ma non doveva esserlo così tanto se vent’anni più tardi era ancora lì a officiare il rito a cui avrei assistito ogni domenica da quel momento, anche dopo che se ne fu andato.
Non sono quello che sembro, disse senza una pausa o un saluto, io sono Mosè, ragazzo. E quello è il fottuto mar rosso, continuò indicando il fiume con un braccio e con un movimento che impegnava tutto il corpo, l’ultima alluvione, tu non eri nato, il fiume si è sollevato come fa il latte quando bolle in bricco lasciato sul fuoco, io sono uscito, con il fucile in mano e come uno stupido l’ho alzato verso il cielo che turbinava di nero, le nuvole come fumo, il fiume ha scavato due solchi intorno alla casa, ha invaso i campi a valle, ha ucciso e distrutto, tutto o quasi, questo posto no, questa casa quel giorno fu isola e io un naufrago, e un profeta, chi pensi che lo abbia tenuto a bada da allora il fiume, gli uomini e l’argine forse?

Oggi è domenica. Sono qui, un vecchio sull’argine, davanti alla casa che ora è vuota e non ha il tetto. A pregare che il fiume perché non si arrabbi o mi risparmi la prossima volta che il bricco viene lasciato sul fuoco.