Una domanda al poeta: Maria Lenti

Una domanda al poeta: Maria Lenti

 
 
 
 
C’era una volta
 
Poss dì che la memoria
è pane quotidiano ma non ci piango sopra.
El so che l’arte la poesia
devono poggiare su ricordi
da dimenticare, che devono però tornare
illimpiditi
(l’ha scritto Rilke tra altri).
I mi ricord èn tutti messi a post
en me fan sofrì en dan fastidi
mi sostengono nel vivere di oggi
m’aiutne a fè la vitta d’ogni giorne
mi danno la gioia del vissuto
la consapevolezza delle scelte
la chiarezza nelle emozioni.
La mi preferensa va tel present
ch’ pol aprì ’l futur
(per me breve, lungo per altri)
de quel che c’ho e de quel ch’en c’ho
de quel ch’ poss fè de quel ch’en ho da fè.
Ma c’era una volta.
 
 
(da Arcorass – Rincuorarsi, Puntoacapo, 2020)
 
 
 
 

Il ruolo del ricordo e della memoria emerge limpido in questa poesia mistilingue contenuta nell’ampia raccolta edita nel 2020 in cui il dialetto urbinate si sposa con piacevole raffinatezza alla lingua italiana. Il passato pesa sul trascolorare dei giorni eppure la poetessa cerca di “rincuorarsi” (da cui il titolo della silloge) offrendo meno spazio possibile a quelle ‘spine’ che la vita reca con sé o quantomeno alleggerendone la sofferenza che esse comportano. Posto che è il presente, come si legge, l’area temporale che lei preferisce, le vorrei chiedere quale importanza attribuisce in specifico al ricordo, quel ricordo che, affermava il Pascoli studente nell’Urbino ventosa della gioventù, era inscindibilmente legato al fare poesia tanto da equivalersi, e se può darsi uno scrivere versi ‘annullando’ in qualche modo la memoria di ciò che siamo stati.

 

Federico Migliorati

 
 
 
 

“C’era una volta”: la memoria lunga in frantumi, a frammenti ricomposti, intravisti e concreti, dissolti dalla realtà. La mia poesia è impastata di memoria perché il mio vissuto è, insieme al vivere quotidiano, nel mio presente.

Avrei varie angolazioni da cui riafferrare il vissuto per scriverne. Solo due esempi.

Nel primo rimpiango ciò che non tornerà più, nell’illusione di un passato mitico da rincorrere in quella età dell’innocenza ricca di attese, di promesse non mantenute, che riconosco come illusione, inganno. Nel secondo mi struggo nel ricordo di luoghi e spazi in cui avevo caldo il corpo. Nel primo mi è sodale Leopardi (i suoi “idillii”), nel secondo Pascoli (“primavera”, sembrava, ed era invece l’autunno dei morti).

Lascio quei passati solari e quei futuri improbabili nell’anima e nel pensiero e vi inserisco il mio presente fatto di consapevolezza e del vivere di oggi, in cui la memoria ha i suoi spazi relativamente dolorosi (le mie infelicità più o meno lontane che non amo più dire come tali), in cui la mia vita ha le sue chiarezze (faccio, mi muovo, studio, amo, vivo: e gli scacchi conseguenti), ha i suoi sussulti per i miei giorni individuali e sociali, per le mancanze del contesto di cui sono parte.

Tre tempi, passato-presente-futuro, rinchiusi nel presente. Un unico tempo non più infinito come sentivo fosse. Più veloci di un lampo lo dico in un’altra poesia di Arcorass Rincuorarsi  (“Tre temp, un lamp”): ma qui ricordo e memoria già slittano su un pensamento altro.

 

Maria Lenti