Exfanzia, Valerio Magrelli (Einaudi, 2022).
Dopo Il sangue amaro (Einaudi, 2014) Valerio Magrelli torna a segnare e incidere il panorama letterario italiano con Exfanzia (Einaudi, 2022). Libro che, a parere di chi scrive, raccoglie e compendia la poesia contemporanea ponendovi un punto, un bordo. Un’operazione simile a quella che fu Satura di Montale.
Un libro sulla vecchiaia, che non rinuncia a invettive né al rovesciamento delle prospettive che demolisce il terreno delle certezze. Ma in fondo il poeta stesso lo confessa:
«In Exfanzia, per esempio, c’è la penultima che descrive l’atto della lettura come una limatura, una distruzione dell’io (la lettura ti “corrode”, ti “erode”). Poco prima ce n’è un’altra che dice di non regalare libri ad un nemico perché lo “fortifica”, lo “rafforza senza cambiarlo”. Possiamo dire che una poesia è il contrario dell’altra? Sì. Qual è giusta? Non lo so, entrambe. Nessuna delle due. A me non interessa che la poesia dica la verità, a me interessa che dica la sua verità».
Da Figure retoriche e linguaggi attuali in poesia. Una conversazione con Valerio Magrelli,
a cura di Gisella Blanco, in “Laboratori critici” n.1, maggio 2022
Un libro privo di verità perché le ammette tutte, nel cambio di prospettiva che può derivare dal cambio di soggetto quanto dal cambio di tempo. Passano gli anni, passano le opinioni. Cambiano le identità, le persone, e la medesima oggettività diventa diversa soggettività. Nella prima presentazione alla Casa della Letterature di Roma Antonella Anedda lo ha definito:
«Un libro che non fa sconti, che non finge di essere migliore di se stesso, non impartisce lezioni se non a se stesso. Un libro che non consola».
Antonella Anedda alla presentazione di Exfanzia
alla Casa delle Letterature di Roma, 15 febbraio
Nella medesima presentazione Emanuele Trevi:
«Fin dalle origini della sua poesia Valerio Magrelli ha meditato su quello che è un indebolimento. C’è una poesia bellissima, in Esercizi di tiptologia o in Nature e venature, in cui lui fa questo discorso sulla musica. Parte da Mozart e dice: “A un certo punto deve essere successo qualcosa: prima avevamo la musica piena, poi c’è stata una gemmazione di dissonanze, timide dissonanze, e poi una malattia, una metastasi del corpo sonoro. Noi viviamo in questa cosa che non è mai completamente melodica».
Emanuele Trevi alla presentazione di Exfanzia
alla Casa delle Letterature di Roma, 15 febbraio
Intervento che bene si inserisce nella critica che Tommaso Di Dio fa alla poesia contemporanea in “Laboratori critici” n.1:
«Mi sembra che in nessuno dei libri che ho prima menzionato vi sia una riflessione formale a monte della scrittura: nessuna dimensione ideologica della forma, ma semmai una riflessione empirica nel mentre della scrittura e a posteriori, che perfezioni, esalti e di certo enfatizzi a ritroso una certa scelta formale, ma soltanto perché quella era già aggallata sulla pagina a seguito di un certo progetto di scrittura. Quello che intendo dire si potrebbe ridurre alla formula provocatoria: Tutto purché funzioni».
Da Tutto purché funzioni. Appunti intorno ad alcuni libri di poesia di autori nati negli anni ‘90
in “Laboratori critici” n.1, maggio 2022
In Exfanzia la riflessione sulla lingua coincide con la riflessione sulla vecchiaia, non preannunciando nulla a venire (come invece Satura) ma portando agli apici più alti le criticità del proprio tempo. Poesia narrativa, prosa poetica che rinuncia ad essere poetica, poesia che rinuncia ad essere poesia, poesia che si scopre a tratti e crepe poesia, anche stilisticamente con rime ed endecasillabi incastonati come kintsugi.
Nessuna illuminazione né riparazione però, solo riflessione sullo stile per riflettere sul proprio tempo e viceversa. Tra queste pagine l’autore e il lettore contemporanei trovano la poesia dissonante e malata degli ultimi decenni, Sotto la protezione di Pollicino ben sapendo che Pollicino nulla può proteggere. Ma allora cosa arriverà dopo? Il bordo è segnato e reso chiaro, passa attraverso amici, traduzioni, Wikipedia, serie televisive. Potrebbe arrivare tutto e potrebbe non arrivare nulla, sembra dire Magrelli tra i versi. Oppure addirittura un ulteriore tutto che è nulla. Così come la poesia “Bianco, sinistra” che ripercorre l’atto del disegnare e si chiude con una nota dell’autore stesso che avvisa delle differenze con una scritta nel 2006 (In regione dissimilitudinis), che in corpo più piccolo viene addirittura riportata con un appunto finale, conclusivo dell’intero Exfanzia:
Questi erano i versi del passato, ma sono sempre io, sedici anni dopo. È solo cambiato il disegno. Se non ho più modelle, ho pur sempre i pastelli, 12 colour pencils «Polychromos», regalo di mia figlia.
Figlia che riporta a una riflessione che accade in uno dei testi che possiamo considerare tra i più emblematici della raccolta:
Vedo cose che prima non vedevo, in tv.
Una ragazza intervistata, a casa,
con un vaso di fiori sullo sfondo.
Lo avrà messo sua madre, di sicuro,
e questo gesto mi mette tenerezza.
C’è amore, sullo sfondo dello schermo,
trepidazione, il desiderio
di mostrare bella la propria figlia.
Qualcosa di dolente
che solo i fiori possono lenire.
I fiori-bende sulla ferita-casa.
Se si cura qualcosa, è perché duole.
La casa è questa immensa sofferenza
che noi addolciamo ai figli con i fiori.
Restano i pastelli, i 12 colour pencils «Polychromos» regalati dalla figlia, alla quale possiamo solo addolcire con i fiori la casa che è immensa sofferenza. Ed è per questo che l’affermazione provocatoria di Dio trova in Magrelli luogo e disposizione. Tutto purché funzioni diventa una logica del paradossale (Polittico del «Sangue amaro». Lettura della poesia di Valerio Magrelli, Arnaldo Colasanti, Quodlibet, 2018).
«Poesia» viene da «pus»:
non te l’aspettavi?
E quanto ci hai messo, ad accorgertene!
Poetare-suppurare-suppoetare,
tipica infiammazione del linguaggio.
«Ascessi, flemmoni, osteomieliti, ecc.:
per eliminare la suppurazione,
la piaga è stata disinfettata con cura».
Che si trova in perfetta assonanza con il discorso sulla vecchiaia:
L’importante per un chirurgo,
diceva il poeta,
è stare sempre dalla parte del manico.
Allora vecchiaia significa passare
dall’altro lato dell’impugnatura.
Libro sulla vecchiaia quindi, da ripetersi come un refrain suggerito dall’autore stesso. Ma anche libro sul rapporto fra le diverse età, con un’intensa pietas verso la giovinezza.
Sono bambini strani:
si fanno sempre male.
Sbattono, cadono, sanguinano.
Io credo che lo facciano
per cercare qualcosa che non trovano:
pace, perdono,
dunque un’assoluzione
che comprano col sangue.
È quanto credono di dover versare
per poter occupare questo mondo.
Soprattutto un libro del proprio tempo e sul proprio tempo, una prostrazione del linguaggio che si interroga, un’analisi e una linea netta sulla letteratura contemporanea attraverso il suo esercizio.
Abito proprio sopra il macellaio,
Marco, e abbiamo quasi la stessa età.
Studierò Mallarmé per cinque anni,
e lui taglierà carne.
Non c’è nessun rapporto tra i nostri due lavori,
ma è appunto questo che mi fa impressione.
Io sopra, lui sotto, lui taglia, io studio.
Io taglio, a modo mio, metrica, versi,
e a modo suo, lui studia
come tagliare meglio, o fare il macinato,
carne colata senza pause – prosa.
Eppure, mi domando,
anche abitando tanto vicini,
come potremmo stare più lontani?
Alessandro Canzian