Quaderno croato – Vanni Schiavoni


Quaderno croato - Vanni Schiavoni

Quaderno croato, Vanni Schiavoni (Fallone Editore, 2020)

Dentro la scrittura c’è tutto il mondo ma soprattutto c’è il nostro mondo, il nostro sguardo. Se per un poeta tutto gira intorno alla lingua, dentro questa lingua c’è un mondo mediato.

Vanni Schiavoni, in questa preziosa plaquette composta da dodici componimenti, ci mette a disposizione il proprio sguardo e lo fa dando al lettore la possibilità di compiere un viaggio. La Croazia cercata (e trovata) di Vanni Schiavoni è la terra delle domande – interrogativi sull’origine – in cui l’elemento del nome assume un ruolo chiave.

Nominare significa da una parte circoscrivere, dall’altra chiarire.

Le poesie – che fanno riferimento a luoghi fisici – hanno titoli sia in italiano che in croato. Il viaggio che compiamo insieme all’autore è un viaggio nello stupore “e più ci pensiamo pronti e gli occhi scaltri/più gli aggettivi non bastano allo stupore”. Soprattutto è un viaggio alla ricerca del sé e quindi di una verità. Una ricerca che non può escludere l’oscuro; d’altra parte quanto più è profondo lo scavo, tanto più è facile fare i conti con le crepe, con gli spasmi di una terra che diventano segno di un correlativo spasmo interiore e quindi endemico.

Il fantasma della distruzione irrompe subito e forse non si tratta di un fantasma ma di una verità neanche tanto nascosta nei segni: “i morti non sono tra noi/non in quest’ora del giorno/quando appaiono lo fanno ai bambini/come amici immaginari con la loro altezza esatta”.

Arrivati a Spalato “io cerco mosaici e roghi nella villa fortificata”, dice l’autore: è il dolore delle cose che resistono.

Il viaggio è libero non perché si va fuori dai sentieri ma perché nel viaggio è nascosto il verbo “cercare” come se un destino delle cose ci seguisse. Ma solo se siamo pronti a nominarle.

Ed ecco che il cerchio si chiude: “Tutto si specchia come in un contagio/ a cominciare dal mio cognome/ per finire col tuo profilo, nonostante sia spaesante/la sbilanciata conoscenza dei fatti”.

Come si opera la conoscenza? Forse dando respiro anche alla devastazione per cui “ogni masso una citazione da mura scorticate”, affacciandosi all’altro, per comprenderlo.

 

Melania Panico

 
 
 
 
LAGHI DI PLITVICE
 
Il primo giorno precipita sempre nello stesso punto
quella rapida che arriva all’incontro
del fiume bianco col fiume nero
e più ci pensiamo pronti e gli occhi scaltri
più gli aggettivi non bastano allo stupore:
il verde spinge al delirio le pupille
le spinge dentro i torrenti lacrimanti accanto ai piedi
nell’oscurità acheropita degli antri in sequenza
e nelle spelonche verticali scolpite
come da una mano capace di tutto.
Pure da qui sarà passato Giuda
e se non proprio quello dalle labbra ardenti
un Giuda qualunque si sarà perso
in questo reticolato mistero del rimorso.
I laghi cascano nei laghi come fruste sui rami cedevoli
scorrono in altre acque e piovono così
eterni
perfettamente indenni.
 
 
 
 
 
 
PLITVIČKA JEZERA
 
Si rapprendono con lentezza
le foreste dense nel parco di Plitvička
diga del cielo per questo bacino che attraverso a guado
col mio pallore ridicolo e le gambe indurite ai polpacci
verso la tua felicità slacciata sulle guance
a ruota di quell’incedere veloce che non ti stanca
che ti porta ogni volta alle cime che cerchi
una miccia brillante che detona il mondo.
 
Cerco nello sguardo un segno
del mio stesso smarrimento o l’avanguardia
di un sentire non ancora collaudato:
a quale forma diresti uguale tutto questo
o almeno simile a qualcosa di già vissuto?
 
Sarà diverso da adesso ogni vortice dell’acqua
la spossatezza da una rampa di scale
la diffidenza per ogni cosa che nasca liliale
l’ombra attorno che si crede indelebile
e la notte che viene puntuale.