Domenica 18 settembre
A cura di Elisa Longo
Uno dei libri arrivati in finale al premio Pordenonelegge, poeti dei vent’anni è l’ultimo lavoro di Marilina Ciaco dal titolo Ghost Track edito da Biblion-Zacinto nella collana manufatti poetici.
Un libro caratterizzato da una testualità molto forte. Il lettore entra in un progetto-installazione dove l’esperienza sensoriale diventa personale e cucita addosso al lettore che riempie i buchi o i bug di sistema che l’autrice inserisce.
“Volevo portare il lettore in un ambiente straniante che non fosse fuori dalla realtà, ma che fosse una sua declinazione distorta.” Ci racconta Marilina Ciaco e poi prosegue “Uso un linguaggio misurato, lavorato, prodotto del mio percorso di spoliazione progressiva, a questo però non corrisponde soltanto un contenuto razionale. C’è sempre una crepa, in cui ci sono libere associazioni, connessioni psichiche. Chi legge completa i buchi del testo con i suoi contenuti latenti”.
Il rapporto tra poesia e installazione è al centro della ricerca di Ciaco. Veniamo immersi in un sensorio collettivo contemporaneo in cui riconosciamo film, immagini, libri, mostre d’arte che vengono proiettati dal linguaggio sulla pagina.
Un linguaggio che s’inceppa, ci costringe a rallentare e a ripercorrere un pensiero nel suo farsi grazie anche all’uso dell’ecfrasi. Veniamo messi al cospetto di quegli aspetti inediti, talmente banali e reiterati che ci sfuggono.
A proposito del rapporto tra parola e immagine Ciaco ci dice che:
A me interessava lavorare non soltanto la parola poetica in sé, ma riflettere anche sul rapporto tra linguaggio e immaginario. Siamo molto influenzati dall’immaginario o dal Reale, con la R maiuscola per dirla con Lacan, che ci viene trasmesso da una certa cultura occidentale medio borghese. I testi non solo avulsi dalla storia. Un corpo di linguaggio è fatto di suoni, di suggestioni, non è fatto solo di parole. Siamo immersi nella civiltà dalle immagini, parliamo di Visual Culture, di Iconic Turn. Tutto questo influisce sul nostro personale immaginario sulla base di un immaginario collettivo.
Ghost Track è un pensiero nel suo farsi, un nastro che procede, si riavvolge, ma che preannuncia l’arrivo di un altro nastro, di “vocine tutte vere”, di discorsi interrotti e ripresi, con posture diverse, ma tutte legittime. Una traccia poetica che ci mette alla prova attraverso un test che viene inserito. Un invito a riflettere su noi stessi, sull’identità che acquisiamo all’interno del testo e della “stanza scontornata ma compatta” nella quale Ciaco c’invita a entrare. Ed ecco che il pensiero si svolge, riflette su sé stesso, si proietta. Una psicoterapia collettiva dalla quale si apprende osservando l’esperienza, per tentativi ed errori.
Usi spesso la parola intoppo nel testo. Quando si può inceppare il percorso poetico per te?
Io credo che il percorso poetico sia all’interno di un più vasto e complicato percorso di vita di cui facciamo fatica a delineare bene i contorni. Una vita è un percorso di vita fatto di inceppamenti, di atti mancati, di microfratture per riprendere una parola di Bordini. Penso che un procedere lineare sia molto più l’eccezione che la regola.
Com’è stata la tua esperienza a Pordenonelegge e andarci con un libro finalista di un premio?
Pordenone è stata un’esperienza sia molto bella, sia molto straniante. C’è sempre un elemento di scarto quando il tuo libro viene presentato a un pubblico così vasto. C’era una grande soddisfazione, ma anche una sorta di derealizzazione costante. Sono arrivata a questo premio quasi all’ultimo anno in cui si poteva partecipare. Mi sono presa il mio tempo prima di pubblicare un esordio per costruire qualcosa di più solido. Sono una scrittrice molto lenta. In ogni caso per me è importante che esistano dialoghi e confronti sulla poesia contemporanea e Pordenonelegge è stata in questo senso un’occasione di condivisione, di ascolto. Sono contenta che un libro non canonico come Ghost Track che rappresenta un genere ibrido, lontano da un’idea tradizionale di poesia, sia arrivato in finale a un premio così prestigioso. Questo ci dice, forse, che oggi la poesia italiana è un panorama plurale, un panorama fatto di tante voci e posizioni anche molto eterogenee.
Marilina Ciaco (Potenza, 1993), laureata in Italianistica all’Università di Bologna, ha conseguito il dottorato di ricerca in letteratura italiana contemporanea presso l’Università IULM di Milano, città dove attualmente vive. Fra i suoi interessi: gli sviluppi delle sperimentazioni poetiche dal secondo Novecento al Duemila, le forme dell’intermedialità, la teoria della poesia. È stata selezionata come autrice emergente per RicercaBo 2017 e finalista del Premio Pagliarani 2019 con l’inedito Sinapsi. Ha pubblicato Intermezzo e altre sinapsi (Edizioni Volatili, 2020), con illustrazioni di Giuditta Chiaraluce, e Ghost Track (Biblion-Zacinto, 2022, collana “Manufatti poetici”). Ha partecipato a diversi convegni nazionali e internazionali. Suoi testi e articoli di critica sono apparsi su riviste e lit-blog.