Pordenonelegge 2022: Gian Mario Villalta

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Gian Mario Villalta e Martin Rueff a Pordenonelegge 2022

 
 

Intervistiamo Gian Mario Villalta direttore artistico di Pordenonelegge, poeta, scrittore e insegnante. A cura di Elisa Longo.

 
 

Dal Festival sono nate negli anni collaborazioni, spunti per nuovi libri e approfondimenti su temi riguardanti la Poesia e la Letteratura. Pordenonelegge è un ponte tra autori e autrici che partecipano?

Molti autori e autrici sono legati al Festival da vincoli di amicizia e di collaborazione per libri e anche di lavoro comune. Si crea una rete che varca lo spazio temporale del Festival. Ci sono diversi modi durante l’anno in cui si ha l’occasione d’incontrarsi e di parlarsi, abbiamo due collane di Poesia e ora ci sarà anche una rivista on line. Insomma è la costruzione di un lavoro comune. Conoscendosi negli anni, riconoscendosi nel lavoro, la stima e l’amicizia aumentano. Credo che la Poesia abbia questa necessità di legami e di amicizia. Le relazioni all’interno del mondo della Poesia a me piace che siano così, sono più complesse, più sfaccettate, ci sono diversi modi di partecipare anche fuori dagli schemi industriali, certo con tanto volontariato, però con risultati sul piano umano, e secondo me negli ultimi anni anche sul piano della Letteratura, molto notevoli.

 

Durante una presentazione lei ha fatto una considerazione domandando se esiste ancora una lingua madre.

Questo è un argomento molto complesso. Io non sono un dantista, ho scritto di Dante due volte, una volte su un canto della Divina Commedia e una volta un saggio sul De Vulgari Eloquentia. Il concetto deve essere spostato sulla radice dell’apprendimento della lingua. Questa radice d’apprendimento si ha all’interno della cura parentale e non si può sostituire, però se pensiamo a quanto tempo i bambini trascorrono davanti alla televisione e a quanto siano capaci autonomamente di usare gli stimoli digitali fin da piccolissimi. Ecco quella è comunque lingua, ed è un’esposizione a una lingua altra da quella materna, che a quell’età, che è un’età in cui si va formando l’universo linguistico, propone già all’interno del nucleo del rapporto a due che per me è fondamentale e resta fondamentale, anche altri riverberi, altre suggestioni, altre implicazioni e su quello sarebbe forse bello ragionare come stiamo facendo ora qui, e anche forse a una maggiore profondità cercando di stimolare un sociologo che lavori sul tema, perché magari scopriremmo delle cose interessanti.