POESIA A CONFRONTO: La poesia religiosa

POESIA A CONFRONTO: La poesia religiosa
 
 

POESIA A CONFRONTO: La poesia religiosa
DAVIDE, MANZONI, REBORA, TUROLDO

 
 

La poesia religiosa è una delle forme fondative della scrittura in versi e risale all’origine stessa della parola poetica.

I salmi biblici sono una significativa dimostrazione di quanto sostenuto prima. Fra questi uno dei più celebri è senza dubbio il salmo del Buon Pastore che la tradizione attribuisce a Davide. La identificazione fra Dio e Buon Pastore è alla base di tutte le immagini, ascrivibili al mondo pastorale, che compaiono nel testo; la figura di Dio rappresentata nel salmo è quella di guida a sostegno del credente, del popolo dei credenti che in lui si identifica. Chi crede nulla ha da temere, nemmeno nei momenti di difficoltà e di angustia, perché la fede garantisce il sostegno necessario a superare ogni ostacolo, certi di abitare “nella casa del Signore”.

Facendo un salto temporale di secoli (tralasciando qui Francesco d’Assisi e a Jacopone da Todi) nella letteratura italiana moderna troviamo una testimonianza significativa di poesia religiosa nel progetto degli “Inni Sacri” di Manzoni da cui riportiamo alcuni versi dell’inno “La pentecoste”. In una struttura metrica regolare che prevede l’impiego di strofe di 8 versi, tutte composte da settenari e con stesso schema di rime e assonanze, Manzoni ripropone l’episodio noto tratto da “Gli atti degli Apostoli”, perché grazie alla sua rievocazione l’uomo contemporaneo possa tenere viva la luce di quell’evento miracoloso e la forza dello Spirito Santo possa quindi ispirare i cuori alla fede e al bene. È un inno insieme di lode e di invocazione, una preghiera ecumenica che vuole fungere da risveglio delle coscienze, essere di sostegno e consolazione a chi soffre, perché non si senta mai abbandonato.

Nella poesia di Clemente Rebora assistiamo invece a un’interiorizzazione più marcata dell’esperienza del divino. La poesia, tutta attraversata da un senso di mistero e di attesa, allude al disvelamento del divino in ciascuno di noi, al processo di conversione: la scoperta della fede, in definitiva. L’uso delle ripetizioni (“non aspetto nessuno”, “verrà”), in contrapposizione fra di loro, amplifica il concetto di inevitabilità della venuta, anticipata da alcuni segni o indizi (“polline di suono”, “mura / stupefatte di spazio”) che sono raffigurati nei primi versi. Rimane il senso di un accadimento eccezionale, profondo ma tutto interiore, che sceglie di manifestarsi discreto e inequivocabile, nella sua forma di “bisbiglio”. “Verrà, forse già viene”.

Di un appuntamento parla anche la poesia di Turoldo, senza però segni premonitori che lo annuncino. Anzi, si parla in sostanza di un appuntamento mancato (“nessuno giunge”), in un “giorno senza tramonto”. Il mancato incontro, l’impossibile ricongiungimento con il divino è traumatico per chi crede, per chi ha bisogno di nutrirsi quotidianamente della fede, dell’azione al bene: allora è un miracolo che il cuore possa essere ancora vivo, per quanto dissanguato, anche se fatto pietra goccia a goccia, minuto dopo minuto.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
DAVIDE
(Da La sacra Bibbia)
 
«מִזְמ֥וֹר לְדָוִ֑ד יְהוָ֥ה רֹ֜עִ֗י לֹ֣א אֶחְסָֽר׃
בִּנְא֣וֹת דֶּ֭שֶׁא יַרְבִּיצֵ֑נִי עַל־מֵ֖י מְנֻח֣וֹת יְנַהֲלֵֽנִי׃
נַפְשִׁ֥י יְשׁוֹבֵ֑ב יַֽנְחֵ֥נִי בְמַעְגְּלֵי־צֶ֗֜דֶק לְמַ֣עַן שְׁמֽוֹ׃
גַּ֤ם כִּֽי־אֵלֵ֙ךְ בְּגֵ֪יא צַלְמָ֡וֶת לֹא־אִ֨ירָ֤א רָ֗ע כִּי־אַתָּ֥ה עִמָּדִ֑י שִׁבְטְךָ֥ וּ֜מִשְׁעַנְתֶּ֗ךָ הֵ֣מָּה יְנַֽחֲמֻֽנִי׃
תַּעֲרֹ֬ךְ לְפָנַ֙י׀ שֻׁלְחָ֗ן נֶ֥גֶד צֹרְרָ֑י דִּשַּׁ֖נְתָּ בַשֶּׁ֥מֶן רֹ֜אשִׁ֗י כּוֹסִ֥י רְוָיָֽה׃
אַ֤ךְ׀ ט֤וֹב וָחֶ֣סֶד יִ֭רְדְּפוּנִי כָּל־יְמֵ֣י חַיָּ֑י וְשַׁבְתִּ֥י בְּבֵית־יְ֜הוָ֗ה לְאֹ֣רֶךְ יָמִֽים׃»
 
 
 
 
SALMO 23
 
«Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.»
 
(Traduzione tratta da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Salmo_23 )
 
 
 
 
 
 
ALESSANDRO MANZONI
(Da Inni Sacri, 1812)
 
LA PENTECOSTE
 
[…] Come la luce rapida
Piove di cosa in cosa,
E i color vari suscita
Dovunque si riposa;
Tal risonò moltiplice
La voce dello Spiro:
L’Arabo, il Parto, il Siro
In suo sermon l’udì.
 
Adorator degl’idoli,
Sparso per ogni lido,
Volgi lo sguardo a Solima,
Odi quel santo grido:
Stanca del vile ossequio,
La terra a LUI ritorni:
E voi che aprite i giorni
Di più felice età,
 
Spose, che desta il subito
Balzar del pondo ascoso;
Voi già vicine a sciogliere
Il grembo doloroso;
Alla bugiarda pronuba
Non sollevate il canto:
Cresce serbato al Santo
Quel che nel sen vi sta.
 
[…]  
Noi T’imploriam! Ne’ languidi
Pensier dell’infelice
Scendi piacevol alito,
Aura consolatrice:
Scendi bufera ai tumidi
Pensier del violento:
Vi spira uno sgomento
Che insegni la pietà.
 
Per Te sollevi il povero
Al ciel, ch’è suo, le ciglia,
Volga i lamenti in giubilo,
Pensando a Cui somiglia:
Cui fu donato in copia,
Doni con volto amico,
Con quel tacer pudico,
Che accetto il don ti fa.
 
Spira de’ nostri bamboli
Nell’ineffabil riso;
Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso;
Manda alle ascose vergini
Le pure gioie ascose;
Consacra delle spose
Il verecondo amor.
 
Tempra de’ baldi giovani
Il confidente ingegno;
Reggi il viril proposito
Ad infallibil segno;
Adorna le canizie
Di liete voglie sante;
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor.
 
 
 
 
 
 
CLEMENTE REBORA
(da Canti anonimi, Il convegno Editoriale, 1922)
 
DALL’IMAGINE TESA
 
Dall’imagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
 
 
 
 
 
 
DAVID MARIA TUROLDO
(Da Gli occhi miei non vedranno, Mondadori, 1955)
 
DIO NON VIENE ALL’APPUNTAMENTO
 
Ma quando declina questo
giorno senza tramonto?
All’incontro cercato
nessuno giunge.
E le pietre bevono
Il sangue di questo cuore
Ancora per miracolo vivo.