POESIA A CONFRONTO – Fiumi

Paul Celan
 
 
 
 

POESIA A CONFRONTO – Fiumi
UNGARETTI, NERUDA, SOLMI, CELAN

 
 

Il fiume ha da sempre una fortissima valenza simbolica, fin dall’epoca classica (si pensi alla nota immagine di Eraclito): lo scorrere delle acque dalla fonte alla foce, il fascino delle sue rive, l’elemento primordiale (l’acqua) che lo nutre sono tutti elementi di particolare efficacia espressiva, soprattutto in poesia.

In questa carrellata di poesie a tema è impossibile prescindere dalla celeberrima poesia di Ungaretti in cui tutte le fasi salienti della giovane vita del suo autore si riassumono nell’immagine di altrettanti fiumi: il Serchio, il Nilo, la Senna e, infine, l’Isonzo, il fiume della guerra che l’autore sta vivendo, ma anche il solo elemento, in una natura straniata e devastata, che può ancora offrire brandelli di “rara felicità”, quanto tutto intorno è notte, la vita “una corolla / di tenebre”.

La naturale associazione del destino e della missione del poeta con l’essenza intima e spirituale del fiume traspare bene anche nella poesia di Neruda: poeta e fiume parlano una stessa lingua, sono i soli capaci davvero di comprendersi, di dare forma alla “voce notturna dell’acqua”. L’Arno, lungo cui il poeta sta camminando, e l’Orinoco, il fiume della sua terra, si uniscono idealmente, entrambi depositari di un segreto che solo la voce della poesia può esprimere.

Nella poesia di Solmi è l’Adda a dominare la scena, a dare voce alla sua presenza tutta rappresentata con dettagli descrittivi dal sapore chiaramente ermetico. L’immagine nitida di questo paesaggio fluviale offre lo spunto per constatare come tutto ciò che il poeta vede oggi nella sua pienezza non può essere destinato che alla cancellazione. Resterà, leopardianamente, il piacere della rievocazione e del ricordo di questi “dolci fiumi, di morbide / erbe e notti”, il senso profondo di un amore verso il mondo, amore che non può estinguersi.

Nella poesia di Celan il fiume perde ogni connotazione concreta e diventa puro simbolo fin dal verso di avvio, con quella collocazione improbabile “a nord del futuro”. Tutto il peso della memoria prende la forma di “ombre / scritte da pietre” che sono l’unica pesca possibile quando si accetta di scagliarvi la propria rete; la memoria non consola, ma riapre ogni volta una ferita nuova, ancora più lancinante.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
GIUSEPPE UNGARETTI
(da Allegria di naufragi, 1919 – in “Vita di un uomo”, Mondadori – 2016)
 
I FIUMI
Cotici il 16 agosto 1916
 
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
 
Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
 
L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
 
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
 
Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
 
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia
 
Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
 
Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita
 
Questi sono
I miei fiumi
 
Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.
 
Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure.
 
Questa è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
 
Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo
 
Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
 
 
 
 
 
 
PABLO NERUDA
(da L’uva e il vento – Poesie italiane, Passigli, 2004)
 
IL FIUME
 
Io arrivai a Firenze. Era
notte. Tremai ascoltando
quasi addormentato quel che il dolce fiume
mi narrava. Io non so
quel che dicono i quadri e i libri
(non tutti i quadri né tutti i libri,
solo alcuni),
ma so ciò che dicono
tutti i fiumi.
Hanno la mia stessa lingua.
Nelle terre selvagge
l’Orinoco mi parla
e capisco, capisco
storie che non posso ripetere.
Ci sono segreti miei
che il fiume si è portato,
e quel che mi chiese lo sto facendo
a poco a poco sulla terra.
Riconobbi nella voce dell’Arno allora,
vecchie parole che cercavano la mia bocca,
come colui che mai conobbe il miele
e sente che riconosce la sua delizia.
Così ascoltai le voci
del fiume di Firenze,
come se prima d’essere mi avessero detto
ciò che ora ascoltavo:
sogni e passi che mi univano
alla voce del fiume,
esseri in movimento,
colpi di luce nella storia,
terzine accese come lampade.
Il pane e il sangue cantavano
con la voce notturna dell’acqua.
 
 
 
 
 
 
SERGIO SOLMI
(in Opere I: Poesie, meditazioni e ricordi, Adelphi, 1983)
 
SERA SULL’ADDA
 
…E l’Adda riccioluta di spume, carica
di case attonite, di bianchi ponti
nel gonfio lume di luna: dall’erma
pergola i fiati della notte, i baci il vino,
le liete parole. Se un giorno
di qui lontano errerò (stella bianca
che a tratti ardi e ti spegni laggiù),
s’altra in questo impensabile universo
avrò stanza, sovente
mi piacerà evocarti,
bel pianeta terreste, adornato
di dolci fiumi, di morbide
erbe e notti ravvolto, stillante
amore.
 
 
 
 
 
 
PAUL CELAN
(Da Atemwende, Suhrkamp Verlag, 1967)
 
In den flussen nördlich der Zukunft
 
In den flussen nördlich der Zukunft
werf ich das Netz aus, das du
zögernd beschwerst
mit von Steinen geschriebenen
Schatte.
 
 
 
 
Nei fiumi a nord del futuro
 
Nei fiumi a nord del futuro
io lancio la rete che tu
esitante, aggravi
con ombre scritte
da pietre.
 
(traduzione di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, 1998)