POESIA A CONFRONTO – Burchie, Macchiette, Cabaret, Frisbees

POESIA A CONFRONTO – Burchie, Macchiette, Cabaret, Frisbees

 
 

POESIA A CONFRONTO – Burchie, Macchiette, Cabaret, Frisbees
BURCHIELLO, PETROLINI, VIAN, NICCOLAI

 
 

Proporremo in questo intervento alcune forme poetiche controcorrente, una selezione certamente non esaustiva, ma speriamo sufficiente a incuriosire il lettore e spingerlo a un suo ulteriore approfondimento della materia.

Nel Quattrocento compare una figura singolare, quella di Burchiello, assoluto precursore nella poesia dell’assurdo, del non-sense, come nel suo celebre sonetto (per lo più caudato) “Nominativi fritti, e mappamondi”. Qui tutto è giocato sull’accostamento impraticabile fra immagini assolutamente distanti fra di loro, rime irriverenti e al tempo stesso ricercatissime, dissacrazione delle “belle figure poetiche” e della tradizione (come avviene qui per la Luna e per la Bibbia). Come bene emerge dalla lettura ad alta voce del testo, la musicalità è tutta straniata: l’esatta antitesi di un misurato sonetto stilnovista o petrarchesco. Questo modo di comporre “alla burchia” (oggi diremmo a vanvera) genererà numerosi seguaci inaugurando un modo di fare poesia che durerà nei secoli a venire.

Curioso esperimento di poesia-canzone e poesia-teatro sono le macchiette di Petrolini di cui riportiamo la più famosa interpretata nei panni di “Fortunello”, il personaggio frutto della sua fantasia creativa. Questo “racconto idiota” combina versi di varia lunghezza con ripetizioni ipnotiche, giochi di parole, rime che Marinetti definì “grottesche”, al limite fra lo scherzoso e il surreale: il tutto contribuisce a creare un ritmo coinvolgente, quasi ossessivo che certo è debitore alle ardite sperimentazioni futuriste, ma personalissimo nel divertissement plurilinguistico per certi versi anticipatore della neoavanguardia che verrà.

Con Boris Vian siamo di fronte a una personalità fuori dagli schemi, eversiva rispetto al suo tempo, di sicuro impertinente e scomoda; più volte i suoi scritti furono sottoposti a censura o ostracizzati. Vian è scrittore, poeta, musicista, paroliere, virtuoso della tromba, cabarettista e raffinato jazzista: insomma una figura polimorfa, non allineata. Qui proponiamo una sua poesia amaramente “sfrontata” che si basa su una similitudine netta, quella fra vita e dente: ne nasce l’idea della vita come di un male da estirpare, una carie che sa nascondersi subdola per poi apparire in tutta la sua virulenza e malignità quando ormai è troppo tardi, quando il danno è irrimediabile.

Per Giulia Niccolai riportiamo una selezione dai suoi “Frisbees”, genere poetico di sua esclusiva ideazione. Per voce dell’autrice: “Frisbee è quel piattello di plastica che vola lanciato e torna al giocatore. Oggi l’arte nelle sue espressioni molteplici ricalca vecchi schemi e si rinnova, spesso le esperienze tornano su se stesse […]. Frisbee può essere tutto: musica, poesia, arte figurativa, teatro, immagini”. Ne nascono queste piccole pillole di poesia ironiche e pungenti, che combinano citazioni, fatti quotidiani, si servono di calambour e paranomasie, associazioni mentali impreviste che rinnovano il linguaggio, creano nuovi spazi di possibilità.

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 
DOMENICO DI GIOVANNI detto IL BURCHIELLO
(14??)
 
Nominativi fritti, e Mappamondi,
E l’Arca di Noè fra due colonne
Cantavan tutti Chirieleisonne
Per l’influenza de’ taglier mal tondi.
 
La Luna mi dicea: che non rispondi?
E io risposi; io temo di Giansonne,
Però ch’i’ odo, che ’l Diaquilonne
È buona cosa a fare i capei biondi.
 
Per questo le Testuggini, e i Tartufi
M’hanno posto l’assedio alle calcagne,
Dicendo, noi vogliam, che tu ti stufi.
 
E questo fanno tutte le castagne,
Pe i caldi d’oggi son sì grassi i gufi,
Ch’ognun non vuol mostrar le sue magagne.
 
E vidi le lasagne
Andare a Prato a vedere il Sudario,
E ciascuna portava l’inventario.
 
 
 
 
 
 
ETTORE PETROLINI
(Da Macchiette, lazzi, colmi e parodie – Newton Compton Editore, 1994)
 
UN RACCONTO IDIOTA:
Sono un tipo: estetico,
asmatico, sintetico,
linfatico, cosmetico.
Amo la Bibbia, la Libia, la fibia
delle scarpine
delle donnine
carine cretine.
Sono disinvolto.
Raccolto.
Assolto “per inesistenza di reato”.
 
Ho una spiccata passione per: il Polo Nord. La cera vergine. Il Nabuccodonosor.
Il burro lodigiano. La fanciulla del West. Il moschicida. La cavalleria pesante.
I lacci delle scarpe. L’areonatica col culinaria. Il giuoco del lotto. L’acetilene e l’osso buco.
 
Sono: Omerico
Isterico
Generico
Chimerico
Clisterico.
 
Ma tutto quel che sono,
non ve lo posso dire,
a dirlo non son buono,
mi proverò a cantar.
 
Sono un uom grazioso e bello – sono Fortunello.
Sono un uomo ardito e sano – sono un aereoplano.
Sono un uomo assai terribile – sono un dirigibile.
Sono un uom che vado in culmine – sono un parafulmine.
Sono un uom dal fiero aspetto – sono Maometto.
Sono un uomo senza nei – sono il 606.
Sono un uomo eccezionale – sono un figlio naturale.
Sono un uom della riserva – sono il figlio della serva.
Sono un uomo senza boria – so’ il caffè con la cicoria.
Sono un uomo ginegetico – sono un colpo apopletico.
Sono un uomo assai palese – sono un esquimese.
Sono un uomo che poco vale – sono naturale.
Sono un uomo senza coda – sono una pagoda.
Sono un uom condiscendente – sono un accidente.
Sono un uomo della lega – di chi se ne stropiccia.
Sono un uom che pesa un gramma – sono un radiotelegramma.
Sono un uomo di Stambul – sono un parasul.
Sono un uom dei più cretini – sono Petrolini.
Sono un uom che fo’ di tutto – sono un farabutto.
 
Ma tutto quel che sono,
non ve lo posso dire,
a dirlo non son buono,
mi proverò a cantar.
 
Ma poichè non sono niente – sono un respingente.
Se avessi assai pretese – sarei un inglese
Se fossi un Ministro – sarei un cattivo acquisto.
Se avessi il naso camuso – sarei come Caruso.
Se vivessi ognor sperando – morirei cantando.
Se fossi una signora – lo vorrei ancora.
Se avessi riga in letto – sarei Rigoletto.
Se avessi i guanti grigi – sarei di Parigi.
Se andassi retrocarico – sarei austroungarico.
Se avessi una palandra – sarei come Salandra.
Se fossi meno buffo – sarei Titta Ruffo.
Se avessi uno stuzzicadenti – mi pulirei i denti.
Se fossi il Padreterno – guadagnerei un terno.
Se in testa avessi un elmo – mi chiamerei Guglielmo.
Se fossi una sciantosa – farei veder la cosa.
Se avessi un po’ di pane – mi mangerei il salame.
E se ne avete a basta – io ve lo metto all’asta.
E quando sarà duro – sarà come un tamburo.
E quando sarà secco – me ne andrò a Lecco.
E quando sarò prete – avrò entrate segrete.
E come le pacchiane – avrò le sottane.
E come tutte le spose – avrò le mie cose.
Se mio nonno avesse la cosa – sarebbe mia nonna.
Se mia nonna avesse il coso – sarebbe mio nonno.
 
Ma tutto quel che sono
non ve lo posso dire
a dirlo non son buono
mi proverò a cantar.
 
Se ogni giorno mi purgo – sono Pietroburgo.
Se mi purgo di rado – sono Pietrogrado.
Se fossi una cocotte – passeggerei la notte.
Per non aver impiccio – gli brucio il pagliericcio.
Non faccio mai una stecca – sono una bistecca.
Io sono molto astuto – sono uno sternuto.
Se prendo tutti in giro – sono un capogiro.
Se mi fa bene il moto – sono un terremoto.
Se vado alla fogna – sono una carogna.
E se non mi capite – sono una polmonite.
Se fossi più simpatico – sarei meno antipatico.
E se non ve l’ho detto – io sono il sopradetto.
E se non ve l’ho scritto – io sono il sottoscritto.
Ne fo’ d’ogni colore – sono un commendatore.
Io sono molto stitico – sono un uomo politico.
Mi piace il socialismo – sono un enteroclismo.
Sono un uomo melanconico – sono un amaro tonico.
Se fossi una ciociara – la venderei più cara.
E gira e fai la rota – di’ come sono idiota.
 
Ma tutto quel che sono
non ve lo posso dire
a dirlo non son buono
mi proverò a cantar.
 
 
 
 
 
 
BORIS VIAN
(Da Je voudrai pas crever – Jean-Jacques Pauvert, 1962)
 
La vie c’est comme une dent
D’abord on n’y a pas pensé
On s’est contenté de mâcher
Et puis ça se gâte soudain
Ca vous fait mal et on y tient
Et on la soigne et les soucis
Et pour qu’on soit vraiment guéri
Il faut vous l’arracher la vie
 
 
 
 
La vita, lei è come un dente
All’inizio non ci si pensa
Ci si accontenta di masticare
E poi, ecco, si guasta all’improvviso
Vi fa male e si tiene duro
E la si cura, pieni di preoccupazioni
E perché si possa guarire davvero
Bisogna che voi la strappiate, la vita
 
(traduzione di Fabrizio Bregoli)
 
 
 
 
 
 
GIULIA NICCOLAI
(da Frisbees – Galleria Borgatello di Parma, 1984)
 
Una volta
aprendo il frigorifero
è capitato anche a me di dire
“C’è qualcosa di marcio in Danimarca”
 
 
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Poesia concreta vista sopra
il telefono in un bar di Viale Manzoni:
Telefonate
Brevi
E se le parole fossero angeli custodi?
 
 
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Buon giorno, sono Antonella Dell’Arte.
E invece di dire che culo
dico buongiorno.
 
 
***
 
 
Si potrebbe lanciare Frisbees per l’eternità e si
farebbero aureole
aureole
aureole