La menzogna è un atto, a volte riprovevole, quando nelle pieghe della percezione si falsifica al punto di non riconoscersi più. Possiamo dire davvero di conoscersi nel profondo e riportarci agli altri con onestà e lealtà intellettuale quando scriviamo o ci facciamo conoscere da qualcuno? Questo sembra essere il tema centrale nella travatura dei versi di Daniela Matronola che con sapiente e raffinata ironia si fa beffe dei luoghi comuni e in conclusione ci consiglia di levare. Ma levare cosa? Egotismo, estetica senza etica e soprattutto quella vanità che di certo non fa bene alla letteratura e più in generale al mondo. Questi versi ci invitano a mostrare davvero tutto di noi, non solo quando scriviamo, perché alla fine ciò che rimane è qualcosa di veramente autentico e quella materia umana di cui il poeta e lo scrittore fa e deve fare instancabile ricerca. Scrivere non è sempre terapia ma mettersi di fronte a un foglio bianco ci consente di sciogliere nodi, svelare arcani, assistere a meravigliose epifanie. Le ombre e le asperità vivono e vivranno con noi sempre ma se dei sentieri conosciamo i pericoli non rischiamo di ferirci e ferire altri e se anche dentro ci sono molti cocci rotti possiamo decidere di incollarli o di riassemblarli nella forma che più ci corrisponde. È un atto coraggioso ma al contempo necessario perché nell’atto della rappresentazione non mettiamo a nudo solo noi stessi ma consentiamo a qualcun altro di riconoscerci e iniziare una comunicazione più vera e, senz’altro più costruttiva. E forse quasi sicuramente più vitale.
Ilaria Grasso
Mentono tutti:
si mente nella simulazione in prosa
che tutti abbiamo preso a chiamare
autorealismo biografico
e nello scoppiettio espressionista
dell’irrisione sperimentale
mento anch’io allora
levo etti alla bilancia
Da Tempo tecnico – RPlibri