Pane del bosco. 2020-2023, Chandra Candiani (Einaudi, 2023)
Pane del bosco. 2020-2023 di Chandra Candiani è un’opera-soglia, il ritrovamento di un mondo non chiuso, nutrimento elementare dettato dalla poesia. Candiani diventa anima ferina, abbassa il ragionare umano al livello della terra, della radice umida della natura. Lascia le pareti cementificate della casa e si fa vento, pioggia, lupo e puma. E lo fa con maestria di poeta osservatrice, portandoci dentro lo spazio del lontano, del diverso e, soprattutto, del dimenticato.
Il bosco, organo respirante e selvaggio, rimanda ululati lontani e ancora di più ricorda che «il silenzio è cosa viva»: negli alberi, nelle foglie, «con la quiete distesa dagli alberi ai bordi del buio», ricordando con acuta leggerezza ma con insidioso ammonimento che in noi vive un sangue antico di cui abbiamo perso memoria.
In questo universo, abitato in punta di piedi e indagato con sacrale amore da Chandra Candiani, resiste la forza unica degli animali, dell’acqua, della pioggia: elementi di cui abbiamo immagini sfocate se osservati dalle nostre stanze civilizzate e affollate di contemporanea rappresentazione.
Candiani lascia questo terreno instabile che è la città e torna a fare esperienza primitiva della parola, riconcilia il sangue dell’umanità all’antica memoria di una pulsazione primitiva.
«Nel bosco vieni chiamata e perdi il nome», scrive la poeta, e la caduta di un Io tutto carne e denominazione è già bagliore poetico: cosa siamo quando usciamo dai confini liquidi delle nostre case algoritmiche, dalle categorie con cui nominiamo il mondo e con cui perimetriamo le nostre vite?
Quando il nostro linguaggio non riesce più a delimitare il poco che abbiamo e da lontano un fruscio ci richiama alla vita?
Bosco siamo, respiro di tutte le cose tra «osso e osso».
Erica Donzella
«Noi ci temiamo come animali
che studiano di sottecchi
le intenzioni dell’altro
ci teniamo a distanza
con uno sguardo sotterraneo
misuriamo la paura
con movimenti misurati e controllati
ci sottoponiamo a prove di avvicinamento
sguardi lanciati alle finestre
alle vie di scampo. Pronunciamo
una parola a bassa voce
saggiamo la vicinanza acustica dell’altro
valutiamo adocchiamo segnali
e infine un balzo ardente e luminoso:
un incalcolabile abbraccio».
«Tu sei a casa
seduto alla scrivania
e sei il mio capriolo.
Nel bosco c’è la neve
e sotto la neve cammino
e sotto la neve il tempo
si incanta.
Per i tuoi grandi occhi di legno,
quercia rossa, per il tuo muschio
sul petto e le pantofole di neve
sulle radici,
pur così alta e così magistrale,
so che dormi
e vengo senza rumore di domande
a farmi per te carezza».