O poeti, mi accomuna a voi la sacralità del rito – Ovidio


 
Ex Ponto III 4: A Rufino – Ovidio
vv. 65- 94
 
Di questo vi prego: nessun vate i suoi carmi pensi
abbia io criticato: per sé la mia Musa ha parlato.
O poeti, mi accomuna a voi la sacralità del rito,
se ai miseri è concesso essere nel vostro coro,
parte grande della mia anima, voi, amici, siete vissuti:
anche ora, pur lontano, in questa contrada io venero voi.
Siano, dunque, al vostro favore rimessi i miei
Carmi; non posso parlare io per loro.
Gli scritti di solito piacciono dopo la morte, ché offendere i vivi
Invidia suole, e sbranarli con dente ingiusto.
Se viver male è un modo di morire, la terra s’attarda,
e manca solo il sepolcro al mio destino.
Infine, se anche da ogni dove mi s’incolpino opera e impegno,
non ci sarà chi condanni il mio servigio.
Se anche mancano le forze, la volontà va lodata:
di questa m’auguro, io, gli dèi si contentino.
Grazie ad essa anche il povero viene gradito all’altare,
e sacrificio d’agnella piace non meno che di bove.
Ancora: di non diversa epopea il sommo vate
Dell’Eneide sostenne l’impegno gravoso.
Per giunta le molli elegie non potevano sopportare l’enorme
Peso del trionfo con quelle ruote diseguali.
Di qual piede servirmi ora non so decidere:
un altro trionfo su di te, o Reno, è vicino.
I presagi dei vati non son vuoti d’auspici:
a Giove alloro si dia, ancor verde il primo.
Non leggi parole mie: son relegato sull’Istro,
acque bevute dai Geti non ben pacificati:
questa è voce di dio; dio è nel mio cuore;
questo predìco e vaticìno guidato da un dio.
 
 

Epistulae ex Ponto: Libro III / Ovid; Formicola, Crescenzo – Pisa : Fabrizio Serra, 2017 – 275 p. – Biblioteca di “Vichiana”.