Note sulle Metamorfosi di Antonino Liberale

Nel novero delle opere letterarie antiche volte alla divulgazione della mitologia non può mancare Metamorfosi di Antonino Liberale; un’opera, questa, poco nota, così come pressoché sconosciuto resta l’autore, di lingua greca, del quale non ci pervengono menzioni da altre fonti. Solo dal gentilizio Antoninus è possibile collocare cronologicamente la sua vita all’età degli Antonini, tra la seconda metà del II e la prima metà del III sec. d.c.

I racconti di metamorfosi acquistano rilievo soprattutto dall’età ellenistica. In molti casi la trasformazione subíta è dovuta alla violazione di una norma, con conseguente punizione: spesso si tratta di hybris nei confronti del divino, attraverso il rifiuto di onorare un dio o una dea o il vanto presuntuoso di superiorità rispetto ad essi. Alcune volte, tuttavia, l’evento di trasformazione può leggersi in quanto compensazione, al fine di consolare lo sventurato protagonista e salvarlo dalla morte. Numerose storie hanno un valore fondativo, sulla base del principio di eponimia; così, ad esempio, una determinata specie di uccello assumerà il nome della persona che per prima ne ha fondato l’esistenza tramite metamorfosi.

Le Metamorfosi di Antonino Liberale (cfr. l’edizione curata da E. Pellizer, Trieste 2010), suddivise in quarantuno brevi racconti, narrano le vicende, dall’esito per lo più tragico, di personaggi destinati a divenire animali, alberi, pietre o divinità. In un singolo caso, presentato nel capitolo XXV, si riferisce di una metamorfosi in stelle, secondo la tradizione dei catasterismi, ovvero fenomeni di trasformazione di uomini in astri. Le narrazioni sono succinte ed essenziali, senza pretesa di dignità letteraria né particolari criteri di sistemazione. Il testo comprende brevi annotazioni marginali (presumibilmente aggiunte da un erudito di epoca più tarda) che forniscono indicazioni degli autori da cui Antonino Liberale attinse le sue notizie. Tra le fonti più note, Esiodo, Apollonio Rodio, Corinna di Tanagra e altri, per lo più di età ellenistica: Nicandro, autore dei perduti Heteroeumena, e Boios, il cui nome si lega all’Ornithogonia (L’origine degli uccelli); anche questo scritto non ci è giunto, ma si sa che vi si narrava di come volatili di varie tipologie fossero stati in origine eroi ed eroine. Colpisce la totale assenza di autori latini, di Ovidio in primis, che, con le sue Metamorfosi, avrebbe potuto costituire un importante riferimento per l’opera in oggetto. In effetti, come sottolinea E. Pellizer, si rilevano differenze notevoli tra i due mitografi nel riportare varianti delle medesime storie; è evidente che Ovidio rielabora i suoi modelli con maggiore libertà.

Riporto qui sotto, a titolo esemplificativo dei contenuti e dello stile, un capitolo della raccolta di Antonino Liberale, il XXVII, in cui viene riportata la famosa vicenda della giovane Ifigenia.

 

XXVII. IFIGENIA

[In Nicandro, Trasmutazioni, libro IV.]

Strane storie sulla nascita di Ifigenia

  1. Teseo ed Elena, la figlia di Zeus, misero al mondo una figlia, Ifigenia (Iphigèneia), che fu allevata e cresciuta dalla sorella di Elena, Clitennestra (Klytaimèstra), la quale diede a intendere ad Agamennone di averla generata lei. Infatti Elena aveva assicurato ai suoi fratelli, che volevano sapere che cosa fosse successo, di essere tornata da Teseo ancora vergine.
  2. Quando l’esercito Acheo rimase fermo in Aulide, nell’impossibilità di intraprendere la navigazione, gli indovini proclamarono che sarebbe stato possibile salpare, se avessero immolato Ifigenia ad Artemide. Agamennone, alle pressanti richieste degli Achei, offrì la fanciulla come vittima per il sacrificio; e nel momento in cui fu condotta all’altare, gli eroi non riuscivano a guardarla in viso, ma distolsero tutti lo sguardo altrove.
  3. Allora Artemide fece apparire al posto di Ifigenia un vitello sull’altare, mentre trasportò la fanciulla lontanissimo dalla Grecia, fino al Ponto Eussino, presso Toante, figlio di Boristene. E chiamò quel popolo di nomadi Tauri, poiché al posto di Ifigenia aveva fatto apparire sull’altare un toro (tàuros); quanto alla fanciulla, la fece sacerdotessa di Artemide Tauropòlos.
  4. Venuto poi il tempo stabilito, diede dimora ad Ifigenia nell’Isola Bianca, a fianco di Achille, e trasformandola prodigiosamente la rese un essere divino, immune da vecchiaia e immortale, mutando anche il suo nome da Ifigenia in Orsilochia. Così diventò la consorte di Achille.

Come si può facilmente notare, il racconto è asciutto e stringato, limitato ai fatti essenziali, senza lasciare spazio a descrizioni, riflessioni, stati d’animo dei personaggi La versione della nascita di Ifigenia qui riportata si allontana del tutto dalle fonti ricorrenti; nessun altro scrittore a noi noto presenta la giovane come figlia di Elena e Teseo. Altra singolare variante è costituita dalla metamorfosi in bovino, che comunque (come rilevato da Pellizer) consente l’istaurazione di un rapporto etimologico con i Tauri e con l’epiteto di Taurobòlos; nelle narrazioni più diffuse, comprese quelle euripidee, Ifigenia sarebbe invece stata trasformata in cerva. Peculiare anche la conclusione della vicenda, con l’esplicito conferimento dell’immortalità all’eroina.

Da queste sommarie osservazioni si comprende come Antonino Liberale abbia ricavato il suo materiale da tradizioni minori; proprio per questo è auspicabile che la sua opera venga debitamente considerata, in quanto ci consegna frammenti inediti di quello sfaccettato, inesauribile mosaico che è l’immaginario mitico, con desuete varianti sepolte dal tempo, antropologicamente interessanti e meritorie di approfondimenti e confronti.