Presso la bellissima cornice storica della Curia Iulia, immersa nel parco archeologico del Colosseo, ha avuto luogo la tanto attesa conferenza stampa sul Premio Strega Poesia.
La prima edizione del Premio, bandita per il 2023, è promossa dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e dall’azienda Strega Alberti Benevento SpA in collaborazione con BPER Banca, già promotori dello storico Premio Strega per la narrativa.
L’ispirazione deriva da una riflessione di Mariangela Gualtieri, secondo la quale “c’è una grande fame di poesia”.
Il regolamento.
Il regolamento ammetterà solo libri di poesia di autori/autrici viventi al momento della candidatura, pubblicati da soggetti editoriali a diffusione nazionale in prima edizione tra gennaio 2022 e febbraio 2023. Ogni editore potrà proporre un solo titolo.
Soddisfacendo la grande curiosità di addetti ai lavori e non, è stato reso noto il Comitato scientifico che selezionerà la cinquina delle opere finaliste. Tale comitato, assieme alla Giuria che sarà più ampia, rimarrà in carica un anno ma ogni singolo membro potrà essere riconfermato. Naturalmente, se sono autrici o autori di poesia, non possono concorrere al Premio per tutta la durata del mandato. Una scelta che appare pregna di grande amore per la poesia in generale, e non solo per la propria.
Per questa prima edizione, il Comitato è composto da nomi molto noti ed eterogenei tra loro, come Maria Grazia Calandrone, Andrea Cortellessa, Mario Desiati, Elisa Donzelli, Roberto Galaverni, Valerio Magrelli, Melania G. Mazzucco, Stefano Petrocchi, Laura Pugno, Antonio Riccardi, Enrico Testa, Gian Mario Villalta.
La conferenza, condotta da Loredana Lipperini, è iniziata con un quesito di forte impatto emotivo: ha senso parlare di poesia in un momento storico così drammatico?
Alfonsina Russo, Direttrice del Parco archeologico del Colosseo, dichiara che la risposta al quesito deriva proprio dalle zone di guerra, perché sono molti i poeti ucraini che scrivono poesia, e la poesia è “l’ultimo rifugio alla comunità minacciata nella sua essenza e può ancora costituire una forma di resistenza nel nome del sogno di libertà che ispirò quei ragazzi che nel 2014 manifestavano a Kiev”. In una intervista di maggio, Francesca Mannocchi, famosa cronista di guerra, ha dialogato con uno dei più noti poeti ucrani, Serhij Zadan, il quale ha parlato della poesia in tempo di guerra come modo di comunicare che non combatte e non influenza la guerra ma aiuta a riflettere, a non incrementare l’odio e a restare umani. Una necessità, insomma.
La nuova sezione del Premio Strega dedicata alla poesia ha proprio il compito di diffondere questi messaggi, più che mai attuali e in controtendenza.
“Patri’, la festa l’abbiamo fatta”.
Il primo intervento è stato quello di una commossa Chiara Valerio sull’amica poeta, da poco estinta, Patrizia Cavalli. “Non ho mai pensato che sarebbe morta”, e ancora “l’ho amata da subito, è stato l’incontro subitaneo con la spietatezza del ribadire che chi scrive coltiva un’impostura ed è, in fondo, un impostore”. Al fondo dell’esattezza, è possibile trovare solo l’indeterminazione. D’altronde, l’introspezione appare come l’unica finestra sui fenomeni che si vorrebbero comprendere. Un approfondimento che segue la lingua della poesia – straordinaria quella della Cavalli – e in cui sperimentare come l’essenza umana non sia mai all’altezza delle intenzioni che dichiara.
Cavalli è la poetessa dell’immanenza, della presenza che esiste di più e più fortemente del pensiero.
L’approssimazione, per lei, non esisteva, e da qui derivavano la spietatezza, l’irruenza, il capriccio in fondo a tutto e l’invincibile grazia.
La sua poesia oscilla tra due poli: il disprezzo per il paradiso e il rammarico per l’unico tempo ammesso che è la totalità del tempo stesso.
L’unica trascendenza ammessa e ammissibile è la realtà. Attraverso la realtà ci si immerge nelle lacrime proprie e altrui, e nell’irrisolvibile fraintendimento di ogni vita e di ogni essenza erronee e bellissime.
La permanenza nel presente.
Paolo Di Paolo ha riflettuto sul fare i conti con l’assenza di qualcuno che ha dato un apporto sostanziale alla propria vita etica e artistica. Ecco affiorare il ricordo ancora vividissimo di un’altra grande poetessa scomparsa quest’anno, Bianca Maria Frabotta. I dialoghi con i maestri non si interrompono con la morte, continuano nel discorso affettivo e culturale, proprio come è accaduto oggi.
I versi di Frabotta si posizionano in una dimensione non riscattata dal futuro.
I poeti, infatti, sembrano vivere nello spazio impalpabile di un perdurante presente. La sua poesia si spinge in una spazialità classica ma non impermeabile alle tendenze del presente, vive di voci plurali e indimenticabili come quella di Caproni, di Luzi, di Leopardi, di Virgilio.
“Un poeta sa che l’opera finisce dall’inizio e che non finisce per caso”: Frabotta ha espresso un congedo lento, anticipato, in cui l’età della guarigione è stata costante.
Centrale, nella sua opera, anche nella raccolta postuma “Nessuno veda nessuno” di Mondadori, è il ruolo della dedica agli affetti, ai poeti più cari, alle sorelle di vita, di cammino, di idee, di brevi o lunghi percorsi, di sangue o d’elezione.
Il momento giusto per la poesia.
La poesia non è più al margine degli interessi dei lettori e della società. Così, la Fondazione Bellonci aggiunge un’altra galassia all’universo della promozione letteraria italiana. Si esprime con entusiasmo Giovanni Solimine, presidente della Fondazione, ben consapevole della centralità che ricopre il Premio Strega nel panorama culturale nazionale.
“Alcuni anni fa la Fondazione Bellonci – ricorda il direttore Stefano Petrocchi – avviò un progetto di diffusione della poesia contemporanea nelle scuole sfociato in un’antologia, curata da me con altri, che aveva per titolo un verso di Fernando Bandini: Ci sono fiori che fioriscono al buio. Ecco, la poesia continuerà a sbocciare e a portare luce, conoscenza e umanità anche nei tempi bui che stiamo vivendo”. E, in effetti, nell’ultimo anno è cresciuta del 20% la produzione editoriale, fenomeno che ha aspetti positivi e profili altamente negativi. L’obiettivo del Premio è quello di diventare, senza mezzi termini, il più importante premio di poesia in Italia, in nome della tradizione e degli elevati standard di qualità del Premio Strega, a dispetto di altri premi di indubbio prestigio come il Viareggio.
“L’idea di istituire un Premio Strega Poesia era già viva da qualche tempo, all’interno del Comitato di gestione” spiega il presidente di Strega Alberti Benevento, Giuseppe D’Avino. Il Premio Strega è maggiore veicolo di promozione letteraria nazionale e, nonostante la pandemia e la guerra in atto, la poesia appare il mezzo migliore per arrivare alla sostanza delle cose e infondere fiducia ai lettori.
“La banca che legge”, afferma Lorena De Vita di BPER Banca, continua l’antica collaborazione con il Premio Strega in un contesto difficile sia per agenti culturali che per quelli economici, in un’ottica di saggia consapevolezza degli errori del passato e di recupero della memoria storica. La poesia è sede principale della memoria e può gettare le basi per un futuro fondato su presupposti più virtuosi di quelli del passato.
Tradurre come corrispondenza nel senso.
La conferenza si chiude con l’intervento di Milo De Angelis sulla sua traduzione dell’opera lucreziana De Rerum Natura, pubblicata con Mondadori.
Il poeta racconta come il suo impegno traduttivo sia stato quotidiano, costante. È stato “una prova di pazienza, di metodo” che lo ha convinto a portare con sé il dizionario ogni giorno, in ogni spostamento. Tradurre, d’altronde, significa contrastare la morte di un’opera, sorvegliare che sopravviva sempre un’aderenza con il senso originario, e fugare la lusinga della semplice e banale trasposizione linguistica.
Esistono, secondo De Angelis, poeti del Novecento che fanno parte della “stirpe di Lucrezio”, come Luzi, Pavese, Bigongiari. Sono poeti che avvertono “l’oscillazione drammatica tra il niente e l’infinito”. L’eredità di Lucrezio è immensa. Luzi sostiene che egli abbia inaugurato la linea espressionista della letteratura latina che giunge fino a Federico Tozzi, introducendo una nota delirante nel realismo latino.
Velleità e rischi per la poesia.
Dopo aver assistito al grande entusiasmo degli organizzatori del Premio, per il quale le aspettative e i desideri quasi escatologici sono altissimi, non rimane che un sincero sentimento di preoccupazione per un genere letterario perennemente sottoposto a prove ma sfuggente a una più feroce e genuina autosorveglianza.